Famiglia
Adozione, una realtà ridefinita dalla voce degli adottati adulti
Una lettrice, adottata e madre adottiva, interviene nella discussione in atto sul calo della disponibilità ad adottare e sul cambiamento dell'adozione
scrivo a nome mio e del gruppo di adottati adulti di PuntoAdozione per rispondere alla riflessione sulle adozioni condivisa nel passaggio riportato dell’ultima newsletter di VITA.
L’articolo e le riflessioni del genitore adottivo mettono in luce una preoccupazione diffusa tra alcune famiglie adottive: la sensazione che la ricerca delle origini, l’adozione aperta e il riconoscimento dei diritti degli adottati possano in qualche modo minare la loro posizione di “genitori veri”. Questo è un tema ricorrente: l’idea che l’essere “genitori veri” dipenda dal grado di esclusività del legame con il figlio adottivo. Ma questa paura, per quanto comprensibile, tradisce un fraintendimento di fondo su cosa significhi davvero essere genitori adottivi. Essere genitori adottivi non significa cancellare il passato dell’adottato, ma accompagnarlo nella sua costruzione identitaria, anche quando questa include il bisogno di sapere da dove si viene.
La genitorialità adottiva non si misura con il possesso
L’adozione non è (e non deve essere) un atto di cancellazione del passato dell’adottato, bensì un percorso di accompagnamento nella sua crescita e identità, che comprende anche la sua storia preadottiva. Il fatto che oggi l’adozione aperta e la ricerca delle origini siano temi più visibili non significa che gli adottati stiano mettendo in discussione la legittimità dei loro genitori adottivi. Significa solo che vogliono conoscere se stessi in modo più completo, e questo dovrebbe essere visto come una crescita, non come un attacco alla famiglia adottiva.
L’adozione aperta non frena le adozioni, ma le rende più oneste
Il calo delle adozioni non dipende dall’adozione aperta o dalla maggiore attenzione alla ricerca delle origini, ma da fattori più complessi: lungaggini burocratiche, costi elevati, politiche restrittive dei Paesi di origine e soprattutto la mancanza di un reale supporto post-adottivo. Questi non sono stereotipi, ma esperienze di vita reale. Se oggi alcune famiglie si interrogano sul loro ruolo di genitori adottivi, è anche perché l’adozione non può più essere vissuta come un atto di sostituzione, ma come un’accoglienza consapevole di un figlio che porta con sé una storia, un passato e delle radici che non possono essere negate o ignorate.
L’adozione aperta: un modello che funziona altrove
Inviterei il signor Luigi a leggere il libro The Adopted Child di David Brodzinsky e Jesús Palacios, che analizza le nuove modalità di accoglienza adottiva che preservano l’identità dell’adottato, come l’adozione aperta e forme di tutela più flessibili. A partire dagli anni ‘70-’80, esperti di adozione e adottati adulti hanno iniziato a sostenere l’adozione aperta, spingendo la ricerca a indagare gli effetti dei contatti post-adozione tra famiglia biologica e adottiva. Nonostante i timori iniziali, gli studi dimostrano che questi contatti possono essere positivi per tutte le parti coinvolte: adottati, genitori adottivi e genitori biologici (Grotevant, 2020).
Negli ultimi 40 anni, la ricerca si è concentrata principalmente sulle adozioni nazionali, mentre lo studio dell’apertura nell’affido e nelle adozioni internazionali è più limitato. Tuttavia, i dati disponibili indicano che i benefici dell’adozione aperta superano gli svantaggi, come le difficoltà nell’organizzare i contatti post-adozione nei casi di affido. Di conseguenza, l’adozione aperta è ormai praticata in un numero crescente di Paesi, tra cui Stati Uniti, Inghilterra e Australia. Anche in Italia sarebbe opportuno iniziare a valutare queste soluzioni, piuttosto che restare ancorati a un modello adottivo che mostra sempre più i suoi limiti.
Chi è lasciato solo? I genitori o gli adottati?
Il padre della lettera si lamenta della solitudine dei genitori adottivi, ma la realtà è che sono spesso gli adottati a essere lasciati soli quando manifestano il bisogno di esplorare le proprie radici. Troppo spesso ci si preoccupa di “proteggere” i genitori adottivi da delusioni e difficoltà, mentre chi realmente affronta il peso delle domande irrisolte è l’adottato. Le famiglie adottive vanno certamente supportate, ma senza dimenticare chi è il vero protagonista dell’adozione: il figlio.
Se i genitori adottivi si sentono soli – e hanno ragione, io stessa posso ben dirlo come genitore adottivo – è perché il sistema delle adozioni non prevede un accompagnamento a lungo termine. L’adozione è trattata come un evento burocratico, mentre è un percorso che dura tutta la vita. Il problema non è l’adozione aperta, non sono i social e la ricerca delle origini, ma l’assenza di un vero sostegno per affrontare tutte queste sfide adottive.
Ad oggi, gli adottati adulti non hanno alcun ruolo nelle decisioni politiche e istituzionali che riguardano l’adozione. Si continua a parlare di noi senza di noi. Questo è inaccettabile. Se vogliamo un’adozione più giusta e sostenibile, è fondamentale coinvolgere chi l’adozione l’ha vissuta sulla propria pelle. Comprendiamo la fatica dei genitori, ma chiediamo di considerare un altro punto di vista: per anni gli adottati sono stati lasciati soli nel loro bisogno di sapere, di capire, di integrare il proprio passato. L’attenzione è sempre stata rivolta alla protezione dei genitori adottivi, mentre le esigenze degli adottati venivano messe in secondo piano. Ora che gli adottati adulti parlano, raccontano e fanno divulgazione, la narrazione sta cambiando, e questo porta inevitabilmente a una ridefinizione dell’adozione stessa.
Una nuova era per l’adozione?
Come spesso accade quando si è alla vigilia di un cambiamento, la paura di lasciare il passato per abbracciare il nuovo crea resistenze. Forse, invece di difendere a tutti i costi l’adozione tradizionale legittimante, bisognerebbe pensare a un futuro diverso e, per farlo, occorre includere gli adottati adulti nel dibattito. Noi, adottati adulti di PuntoAdozione, crediamo che il futuro dell’adozione debba essere costruito su consapevolezza, ascolto e verità, non su vecchi schemi che non hanno funzionato. La strada è lunga, ma il cambiamento è in atto. Non si può più tornare indietro.
*Alessandra Pritie Maria Barzaghi e il gruppo adottati adulti di PuntoAdozione. Foto di Charu Chaturvedi su Unsplash
Vuoi accedere all'archivio di VITA?
Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.