Persone

Adozione internazionale, 700 volte grazie a Pietro Ardizzi

Il ritratto di Pietro Ardizzi nelle parole di chi gli è succeduto ad occuparsi di adozioni internazionali in Avsi: «Il sistema che Pietro ha contribuito a creare oggi è diventato un’ideale da coltivare e a cui ambire. Raccogliere l’eredità di Pietro significa preservare quello slancio che ha dato vita a un sistema di accoglienza unico al mondo e a non contaminare quell’idea di accoglienza profondamente pura»

di Marco Rossin

mamma con bambina sulla spiaggia in inverno

Giovedì 21 novembre è venuto a mancare Pietro Ardizzi, storico portavoce del coordinamento di enti autorizzati per l’adozione internazionale Oltre l’Adozione e, prima di questo, fondatore e per dieci anni responsabile del dipartimento di adozioni internazionali di Avsi.

È complesso per me scrivere queste righe, perché sono la persona chiamata a portare avanti il lavoro di Pietro in Avsi quando lui, nel 2011, è andato in pensione. Per vedere con chiarezza le cose bisogna collocarsi alla giusta distanza: l’importanza e la complessità del lavoro che Pietro aveva svolto in dieci anni non era immediatamente comprensibile, né dall’interno né dall’esterno.

Nel 2001 l’Italia si affacciava a una nuova modalità di fare adozioni internazionali, quella dettata dalla Convenzione dell’Aja, che obbligava una aspirante famiglia adottiva a rivolgersi a un ente autorizzato per poter finalizzare un’adozione, superando quello che allora era il metodo più diffuso, ossia il “fai da te”, grazie al quale una famiglia poteva autonomamente scegliere dove e con chi realizzare l’adozione.

L’Italia vedeva così fiorire nell’arco di un paio d’anni circa 50 enti autorizzati, che andavano ad aggiungersi alla manciata di enti già esistenti. Sono nate organizzazioni con dimensioni e approcci molto diversi tra loro: da quelle piccole, basate sul volontariato – soprattutto delle famiglie che avevano già adottato – a quelle di stampo para-aziendale. Era il cosiddetto “periodo d’oro delle adozioni”, quando l’Italia concludeva più di 4000 adozioni all’anno in un ampio numero di Paesi. Ed era vero, fare adozioni in quegli anni era per certi aspetti più semplice; inoltre lo spirito di solidarietà e di apertura incondizionata la faceva da principe.

In mezzo a questa varietà di nuovi enti, la sfida che Pietro raccoglieva era duplice: da un lato quella di dare forma e consistenza a una nuova realtà che si distinguesse perché portatrice dei valori fondamentali di Avsi; dall’altro, quella di trasmettere il valore dell’adozione internazionale all’interno di un’organizzazione come Avsi che non lo percepiva come parte della propria missione.

Quando sono arrivato in Avsi la figura di Pietro era qualcosa di molto lontano per me, raffigurava più un peso ereditario da raccogliere e corrispondeva quindi a una di quelle responsabilità che si possono solo deludere. Negli anni ho avuto il privilegio di conoscere l’uomo che era dietro l’immagine, con i suoi pregi, a volte tanto intensi da trasformarsi in difetti. Caparbio, tenace al limite dell’ostinazione più dura. Dedito, idealista al limite dell’utopistico. Di una dirittura morale assoluta, che ispirava un incondizionato rispetto. Un’infinità di sfaccettature, delle quali ho potuto vedere solo la superficie, che però non hanno mai smesso di affascinarmi, anche a volte nella difficoltà di comprendere e nei conseguenti accesi confronti.

Lo sappiamo e lo diciamo forse troppo spesso, i tempi sono cambiati. Il mondo delle adozioni è profondamente mutato, come è mutato lo spirito collaborativo che lo ha caratterizzato per tanti anni. Il sistema che Pietro ha contribuito a creare oggi è diventato un’ideale da coltivare e a cui ambire. Raccogliere l’eredità di Pietro significa preservare quello slancio che – anche di fronte a enormi difficoltà – ha dato vita a un sistema di accoglienza unico al mondo e a non contaminare quell’idea di accoglienza profondamente pura.

Nel 2024 Avsi ha raggiunto le 700 adozioni realizzate. Il mio ringraziamento a Pietro sarebbe ben poca cosa: molto più appropriato è invece il ringraziamento di questi bambini, ragazzi e adulti, di tutte queste famiglie. Quindi grazie Pietro per averci concesso il privilegio di conoscerti, 700 volte grazie.

Foto di Guillaume de Germain su Unsplash

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