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adozione europea? solo se serve ai bambini

In un convegno nodi e opportunità di procedure uniformi

di Benedetta Verrini

Con ben 9 Stati “d’origine” e 3 Stati “riceventi” (Italia, Francia, Spagna) leader mondiali nell’accoglienza di minori in stato di abbandono, l’Unione Europea punta alla creazione di un sistema “europeo” dell’adozione. Se ne è parlato a Strasburgo nel corso del primo convegno internazionale sul tema.
All’Europa non serve un “istituto dell’adozione” giuridicamente definito e vincolante per tutti i 27 membri. Sono ancora troppe le differenze – politiche, economiche, culturali – che impediscono la creazione di una norma sovranazionale.
Ma alla luce dell’importanza che l’adozione (nazionale e internazionale, dal momento che i Paesi EU accolgono annualmente il 40% del totale dei minori fuori famiglia) ha assunto, l’indicazione emersa dal convegno di Strasburgo «Challenges in adoption procedures in Europe» è la creazione «di un gruppo di lavoro di esperti che valuti i principali problemi legali e nell’armonizzazione delle singole normative, che conduca all’emanazione di una risoluzione del Parlamento sulla materia», spiega Raffaella Pregliasco, esperta dell’Istituto degli Innocenti che ha curato per l’Europarlamento un rapporto comparativo sulla situazione.
«Il principio, anche alla luce della recente entrata in vigore del Trattato di Lisbona», spiega la Pregliasco, «è che quando tutte le persone coinvolte in una procedura d’adozione sono cittadini europei, sia possibile trovare criteri unitari attraverso cui un Paese membro possa riconoscere le decisioni relative all’adozione prese da un altro Paese membro».
Le basi legislative su cui realizzare l’armonizzazione ci sono già: la Convenzione Aja del 1993 sulle adozioni internazionali e la Convenzione del Consiglio d’Europa (rivista nel 2008) sull’adozione di minori. È quest’ultima che crea i maggiori problemi. È stata finora firmata da 11 Paesi (non l’Italia) ma ancora non ratificata da nessuno (servono tre strumenti per farla entrare in vigore). I maggiori nodi politici, su di essa, riguardano l’apertura delle adozioni agli omosessuali (il testo dice che gli adottanti, anche single, non possono essere discriminati in base all’orientamento sessuale) e l’ammissione degli adottivi alla scoperta delle proprie origini.
La legge italiana, ad esempio, non consente a chi è nato da madre ignota la possibilità di effettuare una ricerca (per dare alla madre la possibilità di partorire senza essere obbligata a dichiararsi). Oltre agli ostacoli di tipo politico-giuridico, il gruppo di lavoro dovrà misurarsi su questioni socio-psicologiche. I Paesi Ue dovranno, ad esempio, concedere un periodo minimo di transizione tra l’abbandono e la dichiarazione di adottabilità; sostenere le famiglie d’origine e favorire il sistema del foster-care (affido); utilizzare l’adozione internazionale come strumento sussidiario e seguire le fasi del post adozione. Infine, realizzare una strategia comune nei confronti dei bambini con “bisogni speciali” che rappresenteranno sempre più il target delle adozioni in futuro.

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