La sentenza della Corte costituzionale/4
Adozione aperta: nessun bambino, sugli affetti, è una tabula rasa
La sentenza 183 della Corte costituzionale, dichiarando possibile l'adozione aperta, guarda finalmente in faccia alla realtà: non possiamo più illuderci che l'adozione sia un taglio netto rispetto alle relazioni precedenti né che un bambino di 6-10 anni sia una "tabula rasa" per quanto riguarda gli affetti. Il pronunciamento della Corte richiama chi si occupa di adozioni ad adattarci alla realtà, investendo sull’accompagnamento delle famiglie
Contiene aspetti rivoluzionari la sentenza della Corte costituzionale depositata il 28 settembre, in merito alla legittimità dell’art. 27, terzo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, che riguarda la possibilità di autorizzare da parte del Giudice la cosiddetta adozione aperta in quei casi dove il minore in stato di abbandono avesse nel suo superiore interesse quello di mantenere legami con parenti con cui ha avuto un rapporto significativo prima dell’adozione. Tale pronunciamento va infatti a smorzare la rigidità dell’attuale legge, che prevede la netta chiusura di tutti i rapporti familiari precedenti l’adozione, fino al quarto grado di parentela.
Un evento di questo tipo si può indubbiamente annoverare tra quelli che concorrono a ridurre in maniera significativa il divario tra la realtà in cui viviamo e la giurisprudenza che cerca di regolarla e che ci allineano ai tempi che cambiano. Non si può difatti parlare di interpretazioni che vadano in senso positivo piuttosto che negativo, come pure è ridotto lo spazio per polarizzazioni su fronti opposti: possiamo solamente prendere atto di come il mondo dell’adozione sia cambiato e stia a noi adeguarci con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione.
La sentenza riduce il divario tra realtà e giurisprudenza: possiamo solamente prendere atto di come il mondo dell’adozione sia cambiato e stia a noi adeguarci con tutti gli strumenti che abbiamo
Marco Rossin, responsabile adozioni internazionali di Avsi
Sul fronte dell’adozione internazionale questa pronuncia non cambierà nulla. Il Tribunale dei Minorenni italiano non ha competenza sul territorio estero, ma piuttosto il compito di riconoscerne la sentenza lì emessa, senza la possibilità di porre modifiche. Dall’altro lato è estremamente raro che un tribunale straniero disponga il mantenimento dei rapporti con un familiare.
Quello che può capitare è di ricevere indicazioni da parte dell’Autorità competente del Paese d’origine del bambino rispetto al mantenimento di un legame significativo con un parente, ma senza che questa indicazione abbia carattere di obbligatorietà né che il suo mancato rispetto possa in qualche modo inficiare la legittimità dell’adozione.
La sentenza è rivoluzionaria per il riconoscimento dell’aspetto umano come tema centrale. La lettura del testo normativo riserva passaggi squisitamente psicologici, centrali nel nostro lavoro
Marco Rossin
Quello che rende rivoluzionaria la sentenza, oltre che strumento utile a chi quotidianamente si occupa di adozioni internazionali, è il riconoscimento dell’aspetto umano come tema centrale in una sentenza giudiziaria oltre che, come detto, un allineamento alla realtà che ci accompagna da diversi anni.
La lettura del testo normativo riserva passaggi squisitamente psicologici, centrali nel nostro lavoro: «La tutela dell’identità del minore si associa al riconoscimento dell’importanza che rivestono, da un lato, la consapevolezza delle proprie radici e, da un altro lato, la possibile continuità delle relazioni socio-affettive con figure che hanno rivestito un ruolo positivo nel suo processo di crescita».
E ancora: «Appartiene, infatti, certamente all’identità personale del minore l’esigenza di preservare una relazione socio-affettiva con chi, come un fratello o una sorella, non soltanto non è responsabile dello stato di abbandono, ma è stato spesso l’unico sostegno morale del minore nella condivisione del trauma costituito dalla mancanza di assistenza morale e materiale».
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Emerge poi, tra tutti, un concetto focale: «Il principio costituzionale del miglior interesse del minore non ama gli automatismi legislativi, e anzi è ontologicamente incompatibile con soluzioni legislative rigide».
Stiamo quindi parlando di un cambiamento concettuale che separa la natura giuridica da quella emotiva delle relazioni, confermando che non ha alcun fondamento illudersi di poter recidere con un taglio netto una relazione che sia stata psicologicamente importante, solo perché fondata su un legame di sangue.
Non è più possibile illudersi che, a fronte di una nostra richiesta alle famiglie di accogliere bambini di 6, 7 e anche 10 anni, questi siano portatori di una “tabula rasa” socio emotiva
Marco Rossin
Non è più possibile illudersi che, a fronte di una nostra richiesta alle famiglie di accogliere bambini di 6, 7 e anche 10 anni, questi siano portatori di una “tabula rasa” socio emotiva. Tutti questi bambini hanno una storia, dei ricordi molto vividi, un percorso di vita che in misura importante li ha fatti diventare quei bambini che abbiamo di fronte, e con questo dobbiamo fare i conti: che sia il ricordo di un amico di istituto o della nonna che con i pochi strumenti che aveva riusciva tuttavia a portargli un mango in istituto due volte al mese. Che una sentenza di adozione disponga o meno il mantenimento di questi rapporti, il nodo della relazione genitore-figlio che si sta andando a creare è sempre la capacità dei genitori di accogliere questi ricordi, queste emozioni e aiutare il figlio a maneggiarli in maniera sana, sia che si tratti di immagini e vissuti impressi nella memoria, sia che si tratti di occasioni di frequentazione con familiari in carne ed ossa.
Per quanto questo possa apparire solamente un elemento di criticità o di ulteriore aggravio di un percorso già impegnativo, in realtà il pronunciamento della Corte richiama tutti noi che ci occupiamo di adozioni ad adattarci alla realtà, investendo sulla formazione, sull’accompagnamento delle famiglie e sulla sempre più approfondita conoscenza dei Paesi in cui lavoriamo. Nella realtà in perenne crisi delle adozioni, dove si rischia di normalizzare l’equazione che correla ottimizzazione dei costi con sopravvivenza degli Enti (o in altre parole “risparmio quindi tiro avanti”) questa sentenza ci riporta senza dubbio sui nostri binari, che sono fondati su qualità, efficienza e sensibilità verso i nostri primi beneficiari: tutti i bambini in stato di abbandono.
Qui i contributi già pubblicati sul tema da VITA:
La Corte costituzionale dice sì all’adozione aperta
Adozione aperta: la legge resta, vince il “caso per caso”, intervista a Joëlle Long
Cosa cambia con l’adozione aperta? Il punto di vista dei bambini, di Marta Casonato
*Marco Rossin è responsabile adozioni internazionali di Avsi
Foto di cottonbro studio su Pexels
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