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Leggi e norme

Adottare dopo un tumore, ora si può

Dopo dieci anni dalla conclusione del trattamento attivo del tumore, questo non entrerà più nelle indagini sanitarie collegate all'adozione nazionale e internazionale. Gli anni scendono a cinque se la patologia era insorta prima dei 21 anni. Un passo in avanti, ma su salute e adozione bisogna sempre avere qualche attenzione in più

di Sara De Carli

C’è anche un passaggio che riguarda le adozioni nella legge appena approvata sull’oblio oncologico. Nelle indagini sulla salute di chi presenta domanda di idoneità all’adozione ai tribunali per i minorenni, dopo dieci anni senza recidive le patologie oncologiche non verranno più tenute in considerazione. Gli anni scendono a cinque se il tumore era comparso prima dei 21 anni di età. Anzi, le informazioni relative a patologie oncologiche pregresse non saranno proprio più riportate nelle indagini «quando siano trascorsi più di dieci anni dalla conclusione del trattamento attivo della patologia, in assenza di recidive o ricadute, ovvero più di cinque anni se la patologia è insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età»: così dice l’articolo 3 della legge sull’oblio oncologico approvata ieri in via definitiva dal Senato.

Nell’attesa del decreto

La novità vale sia per le adozioni nazionali sia per quelle internazionali. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della nuova legge, un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro della giustizia e sentita la Commissione per le adozioni internazionali stabilirà le modalità di attuazione delle nuove disposizioni. Dall’entrata in vigore della legge, in attesa dell’adozione di tale decreto, i procedimenti in corso per l’adozione, nazionale e internazionale, devono conformarsi ai princìpi ivi introdotti, a pena di nullità, dice la legge nelle disposizioni transitorie.

Il commento

«Un passo in avanti rispetto alla situazione attuale, con tante persone guarite che portavano in tribunale e ai servizi certificati medici che dichiaravano la guarigione e si sentivano dire “preferiamo aspettare ancora”. È importante che ora i servizi e i tribunali non abbiano questi stessi pregiudizi», commenta Monya Ferritti, presidente del coordinamento Care che riunisce decine di associazioni di famiglie adottive e affidatarie.

La norma tuttavia, con quel suo tirare una riga dritta che vale per tutte le situazioni, non la convince del tutto: «Quando si parla di salute e adozione penso sia sempre meglio fare un discorso individualizzato, persona per persona. Una persona può guarire prima di dieci anni e un’altra dopo: secondo me era meglio valutare caso per caso, con un medico che si prenda la responsabilità di attestare che quella persona specifica è guarita e non è a rischio di ricadute. È vero che nessuno di noi sa cosa gli succederà domani, però un’accortezza in più per chi deve adottare bisogna averla, perché il bambino adottato ha il diritto di non essere esposto ad una seconda perdita inattesa. Casi dolorosi di morti premature di genitori che avevano appena adottato purtroppo ci sono sempre state e le situazioni imprevedibili ci saranno sempre, ma bisogna cercare di dare una garanzia in più proprio perché l’adozione è per i bambini e non per gli adulti».  

Foto di Claudio Schwarz su Unsplash


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