Volontariato

Adolfo Urso: La mia destra ora è in serie A

Dopo una giovinezza nell’Msi, fu tra i fondatori di An. Adolfo Urso oggi vede il suo partito come una "tranquilla forza di governo".

di Ettore Colombo

Adolfo Urso (padovano, classe 1957, sposato, due figli, romano da 25 anni e forse per questo con una vaga cadenza meridionale nella voce) è uno di quei politici che, sarà il modo di vestire, saranno i modi di fare, se lo incontri a un simposio internazionale credi sia un conservatore, sì, ma inglese. Chiaro di pelle e ragionamento, pacato, ti chiedi più che altro se ha studiato a Cambridge od Oxford. Invece viene dalla Sapienza di Roma e negli anni 70 era un giovane missino. Di quelli duri. Di quelli che militavano nel Fronte della gioventù, dove conobbe Fini. Poi ha fatto il giornalista, al Secolo d?Italia e in altri giornali di destra (oggi dirige il mensile Charta, minuta, bella e intelligente rivista di riflessione politica nella destra, oltre che dirigere la Fondazione Osservatorio parlamentare, un po? il pensatoio culturale di An) e infine il parlamentare. Ma soprattutto è stato tra quelli che più hanno creduto nel progetto di An. Ora che fa il viceministro al Commercio estero, il ruolo di Urso nel partito sembra più defilato, ma la corrente che ha fondato con il suo collega Altero Matteoli, ?Nuova Alleanza?, serve parecchio, dentro An, a far da pontiere (e da paciere) tra la Destra sociale degli Storace e Alemanno e la maggioranza di Destra protagonista dei La Russa e Gasparri. In mezzo, come al solito, c?è Fini. Urso non ama particolarmente Tremonti, dicono, né la Lega, ma non lo lascia molto trasparire. Dialoga con i new global e con le ong, ma difende identità, prodotti e tipicità europee e italiane. Cerca di mettere d?accordo israeliani e palestinesi ma crede nelle ragioni dell?atlantismo e dell?Occidente. È cattolico ma ha un approccio laico alla politica. Non fa il finto simpatico ma è acuto e gentile. Non ce lo vediamo cattivo né estremista. Neppure negli anni 70. Vita: Ministro Urso, com?era la destra italiana 10 anni fa? Adolfo Urso: Dieci anni fa nasceva Alleanza nazionale. La costituente si fece il 22 gennaio 1994. Organizzammo un?assemblea costituente all?hotel Ergife di Roma con 800 delegati dei circoli promotori e 2mila invitati: fu la prima iniziativa ?polista? nella storia del centrodestra. Prese la parola, infatti, in rappresentanza di Forza Italia, un movimento che sarebbe nato di lì a due giorni, il 24 gennaio, Giuliano Urbani, e D?Onofrio per il Ccd, appena nato. La scelta permise all?Msi, ancora un partito autonomo, di presentarsi alle elezioni del 94 come An. Culturalmente, la destra in cui io sono nato politicamente fino a quel periodo era molto diversa dall?attuale: si sentiva esiliata in patria, a differenza di quella di oggi, che invece vive da protagonista in patria. Nella generazione dei giovani dirigenti missini ero io, forse, quello più impegnato nel favorire la nascita del nuovo partito, che nacque al congresso di Fiuggi del 1995 per confluenza dell?Msi che si scioglieva. Ma quel congresso fondativo del 1994 fu preparato da un anno e mezzo di lavoro quasi catacombale. Non fu certo facile favorire una mutazione genetica della destra italiana. La vita di chi militava nell?Msi si consumava all?interno di sezioni che molto spesso erano bunker, anche per la necessità di tutelarsi dalle aggressioni esterne. Era un mondo che si consumava in se stesso. Vita: Passiamo alla prima esperienza di governo, quella del 1994. Un mezzo disastro. Urso: Allora ero parlamentare, non avevo responsabilità di governo, ma si può dire che quei sei/sette mesi del governo Berlusconi furono diversi dagli attuali. Innanzitutto furono l?espressione di una campagna elettorale vinta in modo fortunoso nella quale vi erano due Poli, quello della Libertà e quello del Buongoverno, non alleati tra loro (al Nord la Lega non fece alleanze con An e viceversa), unificati solo dalla figura di Berlusconi. La sensazione era di essere giunti al potere improvvisamente, di essere un governo ?estraneo? all?Italia, di certo un governo che aveva contro molti dei poteri legittimi e forti del Paese, dalla Confindustria ai sindacati, alla Chiesa: tutte queste forze avevano altri referenti. Tutti soggetti, peraltro, che vissero con sorpresa e qualche fastidio la vittoria del Polo. Ricordo lo stupore delle ambasciate… Comunque c?era da aspettarselo, in quelle condizioni, un governo traballante. Non c?era sufficiente maturazione politica, in An e in tutta la coalizione. L?unica cosa che c?era, e di cui ci sarebbe un gran bisogno oggi, è la figura di un uomo come Pinuccio Tatarella. Quella squadra, che era una squadra di dilettanti che partecipava alla serie professionista, aveva un campione che era anche un grande allenatore: mediava e passava la palla. Oggi la Casa delle libertà è una squadra di professionisti. Quello che è manca è un politico come Tatarella? Vita: Eravate legati, lei e il ?ministro dell?Armonia?. Urso: Sia quando parlava con un alleato che quando discuteva, interrogava e contrattava con un avversario politico, la sua capacità era di farsi carico, sempre, anche delle esigenze altrui. L?avversario, secondo Tatarella, andava prima convinto, specie se era intelligente. Se non era possibile convincerlo, voleva sconfiggerlo, mai umiliarlo. Vita: Virtù che non vanno molto di moda, tra i massimi esponenti della Casa delle libertà attuale? Urso: E sbagliano. Vita: A proposito, ma la verifica di governo non è mai finita oppure non è mai cominciata? Urso: La verifica, a questo punto, la faranno gli elettori. Verrà sottoposto al loro giudizio l?attività delle diverse forze politiche e anche quella del governo. Voglio però spezzare una lancia a favore del mio partito. Credo che dieci anni fa pochi in Italia, tranne i nostri elettori, avrebbero scommesso sulle capacità di governo degli uomini della destra e ancor meno (forse anche qualcuno tra i nostri elettori) sul senso dello Stato degli uomini di destra. Non dimentico che nella mia gioventù politica era normale ascoltare uno slogan che diceva “uccidere un fascista non è un reato” e “camerata, basco nero/ il tuo posto è al cimitero”, dove il basco nero era il carabiniere. Uno slogan orribile. Pensi a com?è cambiata oggi l?Italia. Ecco, dieci anni dopo una cosa la classe dirigente di An ha dimostrato: di avere capacità di governo e senso dello Stato. Molto più di altri. Vita: Non è che ci diventate una ?forza tranquilla?? Urso: Essere una forza tranquilla è la nostra ambizione. Vuol dire essere forti nelle proprie idee ma sereni nella loro realizzazione. Rispettosi del dialogo, del confronto, delle regole ma intransigenti nelle idee. Comunque, ?forza tranquilla? fu lo slogan della prima campagna di Mitterand quando doveva trasformare l?immagine della sinistra francese. Fece anche un lifting ante litteram: aveva gli incisivi sporgenti, e se li fece limare. Per apparire anche una persona, oltre che una forza, tranquilla? Vita: Diamo le pagelle. Ai leader dell?opposizione e alle forze di governo. Urso: Per quanto riguarda i precedenti ministri del Commercio con l?estero, Piero Fassino è stato un ottimo ministro, anche se non altrettanto ottimo alla Giustizia. Stimo molto, nell?Ulivo, Enrico Letta e Pierluigi Bersani. Per quanto riguarda la maggioranza, la Lega fa bene la sua parte ma è una parte troppo spesso inconciliabile con quella degli altri. Esprime bisogni reali ma con modalità da ?bar sport?. La politica deve essere altro. Dell?Udc apprezzo la coerenza di chi ha scelto prima degli altri: quando si frantumò il Ppi, pochissimi scelsero di restare con noi sperando di fare il ministro. Quasi tutti andarono con la sinistra, che era vincente. Forza Italia ha i voti? Tra i ministri stimo Pisanu, che non a caso ha alle spalle una lunga scuola politica. Vita: Passiamo alla sua attività di governo. Come vanno i negoziati con i Paesi in via di sviluppo sui farmaci? Urso: Il round oggi purtroppo è in una situazione di stallo, dopo il fallimento di Cancun, anche se noi pensiamo che possa riprendere in questi mesi e forse concludersi nell?arco del 2005. Ovviamente ci dispiace il fallimento di Cancun, ma se una consolazione ci può essere, sta nel fatto che in vista di Cancun e nel tentativo di creare una cornice favorevole al negoziato commerciale siamo riusciti a rimuovere gli ostacoli che frapponevano gli Stati Uniti, e in particolare le aziende farmaceutiche americane, in merito all?esecutività dell?accordo sui farmaci salvavita, sottoscritto in linea di principio a Doha nel novembre 2001 e mai realizzato di fatto. L?accordo ora è stato raggiunto, anche se le conseguenze ancora non sono chiare. Se cioè effettivamente sono state usate le licenze terze da parte dei Pvs non capaci di produrre in proprio, in che misura e con quali risultati. O se, come a noi risulta, nessuno le abbia finora mai utilizzate e perché. Comunque noi intendiamo intervenire, ove risultasse una carenza dell?accordo e dobbiamo farlo come Unione europea, essendo questa stata una protagonista dell?accordo e una sostenitrice della necessità di fornire i farmaci salvavita ai Pvs che ne abbiano bisogno. Vita: A proposito di Unione europea: non ci sentite proprio sui sussidi all?agricoltura? Urso: L?Unione europea ha fatto una riforma della Politica agricola che pensava fosse sufficiente a riaprire il negoziato ma così non è stato. Forse non siamo riusciti a illustrare le nostre proposte ai soggetti internazionali, a partire dalle ong, che – se mi permette la battuta su Vita – hanno molto peso nel condizionare i governi dei Pvs e grande capacità mediatica (vedo nelle loro delegazioni più addetti stampa che esperti?). Oppure se la proposta è davvero insufficiente. Ma qui bisogna mettersi d?accordo e non è facile: l?Europa ha praticato nei decenni una politica agricola protezionistica per salvaguardare alcuni valori fondamentali delle nostre comunità. Pensiamo al valore dell?ambiente, del territorio e al suo impatto sociale. L?agricoltura europea è un valore? Sì, e lo è in termini ambientali, sociali, culturali. Preserva la famiglia e tramanda le tradizioni, tutela la sicurezza alimentare. Questo va conciliato con le esigenze dei Pvs, che hanno bisogno di esportare più prodotti fuori e dentro l?Europa. E l?Europa importa prodotti agricoli mentre gli Usa sono ancora oggi esportatori. Come conciliare queste due esigenze? Con una politica agricola comune che, anche su indicazione italiana, sposterà sempre più i sussidi dalla quantità alla qualità. La politica agricola europea dovrà finanziare la presenza sul territorio, a prescindere dalla produzione, aiutando i contadini. Vita: Lei ha fatto scalpore per aver detto che la Cina è vicina. E non deve farci paura. Urso: A me non piace indicare i pericoli ma lavorare per trovare le soluzioni. Ritengo che la Cina sia, malgrado tutto, più una immensa opportunità che un reale rischio. Noi dobbiamo legittimamente tutelare le nostre imprese dai rischi della competizione selvaggia ma nel contempo far loro notare le opportunità da cogliere. E poi mi chiedo cosa sarebbe accaduto della Cina, dell?Asia e del mondo, se il governo cinese non avesse saputo fuoriuscire dal comunismo salvaguardando il proprio Paese. Se la Cina non avesse avuto un tasso di sviluppo annuale del 7,5% in 22 anni e fosse finita come l?Urss o l?Albania, crollando o implodendo: quante centinaia di milioni di immigrati avremmo avuto? In Cina è in atto una migrazione epocale dalle campagne alle città: 200 milioni di persone in vent?anni. Cifre spaventose, che quel governo riesce a gestire. C?è una simbologia che mi ha colpito: nello stesso anno sono avvenuti due eventi che hanno mutato il corso della storia e il rapporto dell?Oriente con l?Occidente. Quell?anno è il 1978, quando la Chiesa ha indicato come pontefice Papa Woityla, che ha fatto crollare l?ideologia e il sistema dell?Oriente, il comunismo e l?Urss, e in Cina è l?anno in cui Deng Xiao Ping lancia il nuovo corso cinese, realizzando la prima area libera nell?economia di mercato. Un cambiamento che procede a grandi passi. Per aiutarlo ci vuole coraggio. Che noi abbiamo.


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