Volontariato

Addio Protezione facciamo l’Agenzia

Troppa burocrazia e nessun piano a difesa dell’ambiente. Le associazioni di volontariato avanzano proposte e spiegano come deve cambiare il Dipartimento guidato da Barberi

di Redazione

Ci sono voluti dieci anni per avere la legge 225 che nel 1992 ha istituito il Dipartimento della Protezione civile, ma sono bastate solo 48 ore per farla finire in un mare di fango. Quarantotto ore in cui i soccorsi sono stati prestati solo da volontari allo sbaraglio. A Sarno, comunità più colpita dalla frana della montagna maledetta, il Centro operativo misto della Protezione Civile, è stato istituito solo la sera del 7 maggio, quando i cadaveri ritrovati erano già a 48 e il balletto delle cifre sui dispersi impazzava. Cosa è successo? Nel piano decennale sulla difesa del suolo, presentato dal ministero dei Lavori pubblici nel marzo scorso, non veniva contemplato il bacino di Sarno. Eppure, nel novembre scorso il Wwf aveva lanciato l?allarme. «Le montagne vengono giù», aveva scritto la mano ambientalista del giornale Wwf di Sarno in prima pagina, «valanghe di fango sommergono l?agro dopo ogni nubifragio». Nonostante ciò, a Sarno, come in altre zone d?Italia, gli stanziamenti per la difesa del suolo sono stati risicati e le amministrazioni locali hanno destinato solo pochi spiccioli per i programmi di riforestazione. I fondi trasferiti alla Regione Campania dal 1991 al 1996 per progetti presentati dai Comuni ammontano a 40 miliardi, ma fino ad oggi non è stata spesa una lira. Ma il dato ancora più allarmante riguarda i 1.800 miliardi assegnati fra il ?96 e il ?97 dal ministero del Tesoro alla Campania: di questi soldi neanche una lira è stata spesa per la tutela dell?ambiente e la Regione non ha previsto nessun progetto mirato alla difesa del suolo. Mentre si cercano ancora i corpi dispersi nel fango, le forze politiche stanno già discutendo l?eventualità di un unico dicastero che accorpi le competenze dell?Ambiente. La Protezione civile, istituita per organizzare soccorsi d?emergenza, ma anche per indirizzare piani di prevenzione, non ha funzionato. Perché? L?abbiamo chiesto ad alcune delle associazioni di volontariato di Protezione civile presenti sui luoghi della tragedia in Campania. Maria Pia Garavaglia, presidente della Croce Rossa, dice: «La Protezione civile al Sud non è molto considerata. Dovrebbe consistere in un concerto di forze e invece si risolve a uno scontro di gerarchie. Il Dipartimento deve essere riformato e definire più chiaramente le sue competenze, ma soprattutto dovrebbe diventare uno strumento di prevenzione e non arrivare solo a disastro avvenuto. La parola chiave è, insomma, autonomia, autonomia di scelte nell?indirizzo della prevenzione e previsione». Luigi Bulleri, ex deputato e presidente dell?Anpas, associazione di pubblica assistenza presente in Campania con 150 volontari, rincara: «La Protezione civile, che teoricamente dipende dalla Presidenza del Consiglio, in pratica è un?appendice del ministero degli Interni. Così si crea una dannosa sovrapposizione di potere. In Versilia e anche in Umbria, c?è stata un?inversione di rotta, ma in Campania siamo tornati da capo. Inoltre le due funzioni fondamentali a cui dovrebbe essere deputata la Protezione civile, prevenzione e previsione, in Campania sono state inesistenti. Invece di fare ancora una volta le cose all?italiana, creando un nuovo dicastero, dovremmo creare un?Agenzia nazionale che lavori in collegamento diretto con la presidenza del Consiglio e abbia l?automia necessaria per gestire gli interventi con agenzie regionali. Oggi, con l?arrivo di Barberi, si opera con un?impostazione scientifica, ma bisogna sburocratizzare il Dipartimento. Via i prefetti e maggior valorizzazione del volontariato. La Protezione civile non deve essere un?appendice dei prefetti e noi non dobbiamo essere la stampella del Dipartmento». Le Misericordie, sbeffeggiate nei giorni scorsi da Striscia la Notizia perché nel momento dell?emergenza si trovavano in Garfagnana per la simulazione di un terremoto, hanno le idee chiare. «Il modello di intervento istituito dalla legge 225 è molto valido, il problema semmai è l?applicazione», dice l?ingegnere Bruno Serena, responsabile della pianificazione delle Misericodie. Un esempio? In Campania, dopo il primo momento di caos, gli strumenti di soccorso e gli uomini erano più che sufficienti: quello che mancava era l?esperienza. I sindaci non sono sufficientemente preparati, perciò anche durante l?emergenza noi non abbiamo rinunciato all?esercitazione ?Concerto ?97?, perché bisogna sempre pensare a lungo termine. E questo significa anche obbligare gli enti locali a simulare disastri e a mettere alla prova le loro capacità di intervento. Situazioni come quella verificatesi in Campania non devono esserci più e questo sarà possibile solo attraverso la pratica. Dobbiamo passare dalla cultura dei manuali a quella della pratica». Le cose cambieranno? Solo se cambieranno gli uomini e l?ambiente diventerà priorità per la Nazione. Così la vede il direttore della Caritas, don Elvio Damoli. «La ristrutturazione», afferma Damoli, «ci può e ci deve essere solo se alla base c?è un cambiamento culturale, una forte azione educativa che porti a un?attenzione e un rispetto costante del territorio da parte dei singoli cittadini e soprattutto degli amministratori locali». «La Protezione civile», conclude don Elvio, «è oggi una questione nazionale, deve uscire dall?ottica dell?emergenza per diventare prevenzione, tutela dell?ambiente e salvaguardia del territorio». Diario di una tragedia Ora per ora ciò che si è detto e non si è fatto 4 maggio Previsioni meteo: «Al Sud, molto nuvoloso. Le precipitazioni saranno più cospicue sulla Campania». 5 maggio Piove per tutto il giorno. Ore 20.28: Gianni Mattioli, sottosegretario ai Lavori pubblici: «Stavolta l?emergenza frane non ci coglie impreparati». Ore 23.46: Si parla di un morto e 5 dispersi. 6 maggio Alle 12.59 per la Protezione civile i morti sono 17, i i dispersi 55, gli sfollati 1.100, ma alle 14,19 i dispersi sono 50, gli sfollati 780. 7 maggio Ore 11: i morti ora sono 46, i dispersi 105. Ore 16.12: Il sottosegretario alla Protezione civile Barberi alla Camera: «È stata una tragedia inevitabile. Ma in futuro dobbiamo puntare alla prevenzione». Ore 16.30: aumentano i morti (48) e i dispersi (113). Ore 22.15: Si costituisce a Sarno (viva la tempestività) il Centro operativo misto della Protezione civile. 8 maggio Alle 8.18 i morti sono 74, i dispersi 208. Alle 11.53 i morti aumentano a 77, i dispersi si dimezzano: 107. Ore 14.24: Il ministro dell?Interno Napolitano: «L?unico numero certo riguarda i morti». Il numero due della Protezione civile Todisco ammette: «C’è stato caos nei soccorsi». Ore 15.40: Arriva il segretario Uil, Larizza: «Lo Stato qui è presente e funziona». Ore 17.25: ?Ricompaiono? decine di dispersi a Sarno, eppure il numero complessivo risale a 300. Ore 20.30: Barberi, incalzato dai giornalisti: «Non mi chiedete numeri. La situazione è in movimento». 9 maggio Ore 14.43: Dini, a Londra per il G8: «La colpa del disastro non è dell?euro». Grazie del chiarimento. Ore 16.10: Dopo 4 giorni, le ruspe giungono a San Vito, dove sono sotto il fango alcune villette con gli abitanti. 10 maggio Cinquanta sfollati di Quindici sono sgombrati nella notte da una scuola: bisogna fare le pulizie per la ripresa delle lezioni. Ore 14.21: Al cimitero, i parenti dei 95 sepolti con funerali di Stato s?infuriano. Nessuno trova i propri cari, non ci sono i nomi sulle buche in cui sono messe le bare. 11 maggio Ore 19.30: Barberi: «Ancora non si è completato il riscontro incrociato per definire la lista dei dispersi». 12 maggio I morti accertati sono 139, nessuna certezza sui dispersi. Un piano decennale Ministero unico? Imparate la lezione dagli Usa Un ministero unico per il controllo del territorio. Aumentare i poteri dei dicasteri già esistenti, Ambiente e Lavori pubblici, lasciando alla Protezione civile il compito di coordinare i soccorsi in caso di disastro. Delegare tutti i poteri alle periferie, anzi no, accentrare tutto a Roma. La frana della Campania ha scatenato le polemiche in Italia sulla gestione delle emergenze. Ma come funzionano le cose negli Stati Uniti, terra delle grandi calamità, dai cicloni ai terremoti? «Bisogna rompere il cerchio che vede un disastro seguito da una ricostruzione e poi da un altro disastro». È con questo motto che l?agenzia federale americana per la protezione civile, la Fema (Federal Emergency Management Agency), ha lanciato dallo scorso anno un programma di ?mitigazione? dei disastri naturali compiuto attraverso azioni di prevenzione a livello locale. In altre parole la Fema, creata nel ?79 e indipendente al punto da dover rispondere solo direttamente al presidente e non a diversi ministeri, cerca di passare dalla reazione alla prevenzione. Il progetto ?Impact? quindi si concentra sulle zone a maggior rischio, scegliendo delle comunità pilota per la prevenzione, e cerca di coinvolgere la popolazione locale, ma anche le aziende e le varie categorie professionali. Si cerca ad esempio di diffondere l?uso di polizze assicurative sugli allagamenti, che attualmente sono possedute solo dal 25 per cento delle famiglie a rischio, ma anche di favorire le costruzioni in posizioni sicure dal punta di vista del territorio, l?uso di materiali a basso rischio e cosi via. Altrimenti la Fema coordina, come ha fatto recentemente, un test in 18 stati Usa e 4 province canadesi a rischio per simulare uragani e trombe d?aria e studiare i meccanismi di evacuazione e soccorso. A questo ha affiancato diverse campagne nazionali: quella per la diffusione dell?assicurazione, e una per spostare le abitazioni a rischio (soprattutto di allagamenti) previo acquisto di terreni edificabili nelle vicinanze. Il direttore della Fema, James Lee Witt, gode da due anni di uno status equiparabile a quello di un ministro nell?amministrazione Clinton e ha quindi modo di presentare direttamente i suoi problemi e le sue richieste specifiche di fronte agli altri ministri, ma ha bisogno solo dell?approvazione presidenziale per la designazione delle zone calamitate e l?entità degli stanziamenti mentre agisce autonomamente per tutti gli interventi immediati. Forte di 2.600 dipendenti a tempo pieno e di circa 4.000 disponibili in caso di disastri naturali in varie zone del paese, la Fema non ha certo un compito facile ed è impegnata costantemente in decine di Stati americani. Negli ultimi dieci anni è intervenuta in 40 Stati americani e ha investito più di 20 miliardi di dollari nella ricostruzione dopo centinaia di calamità naturali. Fa invece effetto leggere che il piano strategico decennale dell?ente americano si pone tre obiettivi e li quantifica: 1) proteggere le popolazione e prevenire i danni legati a calamità naturali, con l?obiettivo per il 2007 di ridurre del 10 per cento morti e feriti nella calamità naturali e del 15 per cento i danni materiali. 2) Ridurre le sofferenze e le difficoltà che seguono i disastri: per il 2007 ridurre del 25 per cento il disagio alle persone, e aumentare del 20 per cento la velocità con cui persone e aziende tornano alla normalità dopo un disastro naturale. 3) Intervenire in modo tempestivo ed efficiente, con l?obiettivo entro il 2007 di aumentare del 20 per cento l?efficienza di tutti i servizi offerti e ottenere un 90 per cento di soddisfazione fra gli assistiti. Sergio Lucchetti


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