Economia

Addio, capitalista a una dimensione

L' impresa nella società post industriale

di Maurizio Regosa

Per Stefano Zamagni «un modello di mercato unico e esclusivo, ormai fa acqua da tutte le parti» L’equivoco è di fondo. È sbagliato pensare a un capitalismo univoco, a un mondo in cui le ragioni dello scambio prevalgono in maniera esclusiva. Giacché vi sono altri comportamenti e differenti modi di operare. Se ne parlerà a Bertinoro, il 16 e il 17 ottobre, discutendo di «Economia civile nella società del rischio».
«Venuto meno il modello teorico del socialismo reale», premette Stefano Zamagni, presidente dell’Agenzia per le onlus, «è emersa la vera alternativa tra il capitalismo darwiniano, che tende a escludere, e l’economia civile che invece è inclusiva. Oggi nessuno più mette in discussione l’economia di mercato. Ma ci si rende conto che il modello unico ed esclusivo fa acqua da tutte le parti». E che «il pendolo della storia» (come lo chiama lui) oscilli verso l’economia civile, è suggerito da molti fatti. Buon ultimo il Nobel a Olinor Ostrom.
«Il fatto è che il capitalismo è una istituzione multistrato», spiega Luigi Sacco, docente allo Iuav di Venezia, «accanto allo scambio personale esistono e hanno una rilevanza anche economica forme di scambio simbolico, di cooperazione e di condivisione». Una consapevolezza che è venuta creandosi nel tempo (attraverso alcune tappe fondamentali, dall’ecologia alla responsabilità sociale d’impresa, dalla critica al Pil come criterio “principe” alla constatazione che aumentano le disuguaglianze anche all’interno delle società avanzate e che questo «sta minacciando la sostenibilità economica del sistema», aggiunge Zamagni). Ormai però è una coscienza matura e diffusa. «La grande contraddizione nasce dal non aver capito», gli fa eco Sacco, «quanto in una società post industriale la manifestazione dell’identità sia fondamentale, quanto peso abbia la ricerca di senso, quanto sia importante per le persone fare cose in cui si possano riconoscere». Occorre dunque guardare avanti, sapendo, è ancora Zamagni, «che non si possono mettere delle pezze al mercato di tipo capitalistico, ma che occorre gradualmente imboccare una strada nuova». Come appunto si farà a Bertinoro. Giacché se per il capitalista a una dimensione rischio è uguale a vantaggio, un discorso più complesso va fatto per l’imprenditore sociale. «Quasi tutti i grandi progetti della società civile», conclude Sacco, «sono costruiti sulla base di una concezione del rischio molto interessante: le persone tendono a relegare sullo sfondo le conseguenze esistenziali e a far prevalere le ragioni delle iniziative in cui credono».

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