Addii

Addio a Pietro Ardizzi, uomo del dialogo

È mancato Pietro Ardizzi, una vita dedicata alle adozioni internazionali. In un mondo segnato da posizioni molto differenti, ha sempre cercato ciò che unisce

di Sara De Carli

Gentilezza: è questa la parola con cui tutti ricordano Pietro Ardizzi. Una fermezza gentile, capace di posizioni nette e di no chiari, ma senza mai cedere di un passo dal rispetto dell’interlocutore, anche quando le posizioni erano molto lontane. Gentilezza, quindi, rispetto ma anche una inusuale e testarda volontà di credere nella forza dello stare insieme, di quell’insieme che nasce dalla sincerità del confronto.

Cercando su VITA gli articoli in cui lo abbiamo intervistato, c’è un fil rouge molto chiaro, fin dai titoli: la volontà di uscire dalla logica emergenziale con cui spesso si parla di adozioni, il desiderio di portare proposte costruttive, la scommessa sulla possibilità di farlo insieme, al di là delle naturali peculiarità dei singoli enti.


Nel mondo delle adozioni internazionali non c’è nessuno che non conosca Pietro Ardizzi, mancato ieri sera dopo una malattia. Ardizzi è stato uno dei protagonisti del nostro sistema delle adozioni internazionali, quello nato dopo il 2000. Milanese, a sua volta padre adottivo di due figli, è stato responsabile delle adozioni internazionali in Avsi dal 2001 al 2010 e poi dal 2011 è stato per oltre dieci anni portavoce del coordinamento Ola-Oltre l’adozione. Cinque anni fa, a novembre 2019, fu uno dei protagonisti della nascita di “Adozione 3.0”: le adozioni internazionali entravano nel loro terzo decennio di vita con la necessità di un rilancio (quell’anno per la prima volta le adozioni si fermarono sotto quota mille) e per la prima volta tutti gli enti autorizzati questa azione di rilancio la immaginarono insieme, con 49 enti autorizzati sui 51 totali che si radunarono in un’assemblea autoconvocata.

Cinzia Bernicchi, una vita in AiBi, si emoziona nel ricordarlo: «La gentilezza di Pietro e la sua capacità di attenzione alle persone erano veramente uniche», dice. Lei stava nella segreteria operativa di “Adozione 3.0” insieme a Ardizzi, Gianfranco Arnoletti, Anna Torre e Maria Virgillitto: «In quell’occasione Pietro è entrato in contatto davvero con tutti gli enti, non solo con quelli che storicamente appartengono a Ola ed è stato un riferimento per tutti», dice.

Paola Crestani, oggi presidente di Amref Italia ma a lungo presidente del Ciai, di Pietro ricorda «la fede incrollabile nell’adozione, anche nei momenti più difficili». Era, dice, «una persona a cui era facile volere bene» ma anche «un grandissimo diplomatico, cercava sempre ciò che unisce anziché le divisioni. Ha fatto di tutto per tenere insieme le posizioni di enti molto diversi. Era un uomo con idee chiare, a volte anche noi due ci siamo scontrati perché avevamo posizioni differenti, ma cercava instancabilmente quello che univa, direi a volte anche oltre il possibile. E anche quando le posizioni erano inconciliabili, la cosa importante per lui era la relazione con le persone: quella non veniva mai meno. Che cosa ha dato al mondo delle adozioni? Tanto. Il suo impegno, la sua fiducia incrollabile nell’adozione, la sua capacitò di tenerci insieme anche in situazioni molto complesse. Era un mediano, che andava avanti con forza instancabile».

Beatrice Belli, presidente di International Action, ha preso il testimone da Ardizzi come portavoce del coordinamento Ola. «Mi ha sempre colpito tanto la sua eleganza nei modi. Un uomo molto fermo nell’esprimere la posizione del coordinamento, senza timore di dire dei no o di avanzare delle critiche ma sempre rispettoso delle posizioni altrui, anche in un mondo in cui le posizioni spesso sono state non solo molto distanti ma anche espresse con toni molto accesi. L’altro aspetto è che nelle adozioni Pietro ci credeva tantissimo: ha parlato sempre con tutti, ha cercato contatti con tanti politici, ha fatto di tutto per aprire porte e darci gli strumenti per rilanciarle. Non aveva mai posizioni di chiusura preconcetta, interloquiva con tutti: credeva che il confronto – anche quello dialettico con chi ha posizioni diverse – potesse essere una ricchezza. All’interno di Ola si discute molto, quello lasciato da Pietro è stato un metodo importante. Ma anche all’esterno, Pietro ha fatto la differenza: c’è stato un periodo in cui eravamo molto divisi come enti, lui è riuscito a tenere le relazione con tutti gli altri coordinamenti, finché poi è nata “Adozione 3.0”».

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