Welfare

Addio a Ottoboni, il fondatore delle carceri senza guardie

È morto in Brasile a São José dos Campos (Stato di San Paolo), all’età di 87 anni, l’avvocato Mario Ottoboni, il “visionario” fondatore, nel 1972 dell’Apac, Associazione di protezione e assistenza ai condannati. Sperimentazione anche in Italia. Il ricordo della Comunità Papa Giovanni XXIII

di Redazione

È morto ieri mattina in Brasile a São José dos Campos (Stato di San Paolo), all’età di 87 anni, l’avvocato Mario Ottoboni, il “visionario” fondatore, nel 1972 dell’Apac, Associazione di protezione e assistenza ai condannati. In pratica, grazie all’associazione sono nati degli istituti penitenziati alternativi, chiamati “carceri senza carcerieri”, prima nella diocesi di São José dos Campos e poi anche in altre città del Brasile, all’insegna del motto “Qui entra l’uomo, il reato resta fuori”. Entra nelle Apac chi ha già trascorso un primo periodo nel carcere “tradizionale”, su disposizione del giudice di sorveglianza. E sono molte le testimonianze sull’eccellenza di tale metodo.

L’intuizione dell’avvocato Ottaviani, che è stato più volte anche in Italia (nel 2016 al Meeting di Rimini aveva raccontato la sua esperienza), ha contribuito a umanizzare un sistema, quello carcerario brasiliano, che resta tra i più violenti al mondo.
La Regionale Sud 1 della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, in una nota diffusa poco fa, “si unisce al cordoglio della diocesi di São José dos Campos”, pregando perché “Dio accolga e ricompensi questo grande uomo, che ha fatto la storia nella difesa della dignità dei fratelli e delle sorelle detenute”. La nota prosegue ricordando che il metodo Apac si è esteso anche all’esterno del Brasile e rendendo omaggio all’amico e collaboratore dell’avvocato Ottoboni, Franz de Castro Holzwarth, martirizzato nella sua difesa dei detenuti nel 1981. Su di lui è stato aperto dal 2009 un processo di beatificazione.

Nel settembre scorso Francesco Occhetta di Civiltà Cattolica scrisse a proposito della esperienza di Apac: «Un modello applicato di giustizia riparativa, in cui «l’uomo non è il suo errore», come si legge sui muri delle carceri Apac, rimane per il diritto penale una forte provocazione umanocentrica. La cultura giustizialista è contraria a questo modello: molti giudici e politici sono sospettosi, perché concepiscono il tempo della condanna soltanto come un castigo. Ma l’arresto e la detenzione sono davvero sufficienti per sanare una società? In Italia si muovono i primi timidi passi per costituire comunità simili alle Apac e stabilire le pene alternative sui fondamenti della giustizia riparativa. La riforma del terzo settore lo permette, il cammino nato in Brasile è tracciato».

«A Mario Ottoboni va il nostro grazie, per il suo impegno nelle carceri brasiliane e per l’ideazione di un metodo — quello delle carceri APAC — che è riconosciuto dall’Onu come migliore strumento rieducativo dei detenuti a livello mondiale. Siamo certi che dal cielo continuerà a lavorare a favore del popolo dei quasi 10 milioni di detenuti di tutto il mondo, perché possano vivere in luoghi di recupero sociale ed umano, piuttosto che di punizione o di vendetta». È questo il commento di Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, alla notizia della morte di Mario Ottoboni, fondatore nel 1972 delle Associazioni di Protezione e Assistenza dei Condannati (APAC). La loro sperimentazione in Brasile ha portato al riconoscimento istituzionale di quei luoghi di detenzione in cui le chiavi delle celle sono in mano agli stessi detenuti; le persone che vivono negli Apac, anche 150 – 200 in strutture prive di guardie carcerarie, sono impegnati in un cammino di rielaborazione dei reati commessi, in vista del reinserimento in società.

«Negli Apac la recidiva (il numero di persone che tornano a commettere reati dopo il carcere) scende dall’80% delle carceri tradizionali al 10%. Nell’equivalente delle CEC (Comunità educanti con i carcerati), 7 in Italia e 2 in Camerun, affiliate alle APAC dal 2016, la nostra sperimentazione ha portato la recidiva al 15%. Vuol dire che all’uscita delle carceri tradizionali 8 persone su 10 tornano a delinquere, con pericolose conseguenze di sicurezza, ma che questo problema può essere risolto», spiega Ramonda.

«Ottoboni è stato un maestro di redenzione; dopo un importante cammino di conversione ha chiesto ed ottenuto di andare a vivere nelle carceri brasiliane, condividendo la cella con gli altri detenuti. La sua forza è stata quella di aver saputo raccogliere attorno a sé un gruppo di volontari, giuristi e magistrati, che ha portato alla creazione delle APAC, modello che oggi è sperimentato in 23 paesi del mondo».

Qui un nostro servizio su Apac del 2016

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