Formazione
Ad Osimo, nella scuola sulle colline, dove bambini e adolescenti germogliano con rispetto
A Osimo, tra il monte Conero e i Sibillini, Emily Mignanelli sta provando a imbastire una nuova pedagogia. Nella scuola che ha fondato, Serendipità, gli spazi sono progettati affinché gli alunni (dai 3 ai 14 anni) imparino dalla natura; i maestri sono scelti per la loro umanità e non solo per il curriculum; i genitori sono parte attiva del percorso pedagogico. Tra i modelli a cui si ispira ci sono Montessori, Korczak, Freinet, Don Milani, Malaguzzi: «però noi non abbiamo giurato fedeltà a nessun metodo, ma solo ai bambini», dice Emily. E noi siamo andati a conoscerla
Una delle prime volte che l’ho incontrata, Emily Mignanelli è arrivata a scuola, si è seduta su un tronco in giardino, con i suoi capelli aggomitolati, non ha detto nulla, ha accennato un sorriso al maestro Domenico e ai bambini e si è messa a suonare la sua fisarmonica. Mi sono emozionata così tanto che non ho avuto la prontezza di fare un video più lungo di questo.
E’ ad Osimo, in provincia di Ancona, che vive e lavora questa giovane donna che sta provando a imbastire una nuova pedagogia. Si chiama Emily Mignanelli, ha 34 anni, e sulle quelle colline marchigiane sempre accarezzate dal libeccio, nel 2013 ha fondato “Serendipità", una scuola per bambini dai 3 ai 14, e nel 2020 “Corallo, centro di pedagogia dinamica e sistemica”.
Emily è convinta che il segreto del mondo sia contenuto nell’infanzia e ha promesso a se stessa che avrebbe affrontato draghi e tenebre per arrivare fino in fondo e scovare i tesori nascosti in ogni bambino. «Credo che il mondo si migliori un bambino alla volta, costantemente e instancabilmente», racconta. «Se è vero che loro sono il futuro, questo necessita di un presente responsabile e saggio. La pedagogia indica la strada maestra».
Entrambe le scuole, Casa Colorata (per i 3-6 anni) e Casa Azzurra (per i 6-14 anni), sono circondate da distese infinite, gialle come i girasoli, viola come i cespugli di lavanda, verdi come le colline che uniscono il monte Conero ai Sibillini.
Gli spazi e gli ambienti sono progettati per permettere ai bambini esperienze attive e movimento, «nella consapevolezza che i migliori strumenti per un apprendimento efficace e duraturo siano le emozioni, l’esperienza e il coinvolgimento», racconta Emily.
«In noi è molto forte la frase di Don Milani che dice che ogni bambino che esce dalla scuola senza istruzione è come un passerotto senza ali. E allora quelle ali che ogni pulcino possiede, cercheremo di renderle robuste e vigorose, senza cadere nella trappola del “dover essere” e della prestazione».
Emily Mignanelli
Alle elementari non c’è la LIM, i banchi sono bassi (sono stati costruiti da un papà falegname), e non ci sono sedie. «Non abbiamo nemmeno computer o tablet, i bambini usano ancora pennini e inchiostri, studiano sulle enciclopedie, hanno una moneta interna, un laboratorio di ceramica che produce reddito per gite e acquisto di materiali che i bambini desiderano (previa approvazione in assemblea dei bambini)». Non esistono voti, lavorano con le intelligenze multiple e hanno una Commissione di Pace interna che gestisce conflittualità e problematiche tra bambini. E poi cucinano e puliscono la scuola perché di bidelli non c’è l’ombra.
Nello spazio esterno della scuola per i più piccoli, a Casa Colorata, che si trova al centro di un campo di un ettaro e mezzo, c’è uno castello di legno, un po’ sghembo, disegnato dai bambini e realizzato da un nonno falegname, attrezzi vari appesi ai rami degli alberi di fico, gelsi, ciliegie. E poi c’è un orto (“un ortobaleno”) e una piccola fattoria che fino a poche settimane fa ospitava sei caprette, poi mangiate dal lupo (ai bambini è stato spiegato che è così il ciclo della natura).
I bambini fanno passeggiate in campagna, raccolgono e catalogano erbe spontanee e semi; osservano insetti e rettili; utilizzano erbe tintorie, argilla, materiali di scarto, si auto producono le merende (pane, pizza, marmellate, biscotti); ricercano la legna per accendere un fuoco. Sì anche a luglio: per cuocere le patate.
Eppure, dico, non cadiamo in tentazione. La scuola che abbiamo visto non è speciale perché si fanno arrampicare i bambini sugli alberi piuttosto che inchiodarli ad una sedia, oppure perchè si usano foglie di banano invece di quaderni, si mangia tofu invece di carne d’allevamento intensivo (queste due ultime cose tra l’altro non si fanno).
E’ speciale per l’importanza che viene riconosciuta ad ogni Individuo. «Adulti e bambini hanno pari dignità e diritto al rispetto», spiega Emily. «Noi insegniamo loro che i grandi non sono da temere, perché non puniscono, non umiliano, non maltrattano, ma ascoltano, parlano e si abbassano ogni volta che serve».
E poi è speciale perchè la formazione abbraccia in maniera continuativa genitori e insegnanti. Anzi, credo sia proprio questo il valore aggiunto dell’impresa di Emily: coinvolgere attivamente il mondo che circonda il bambino.
Emily, perché la Scuola è così importante per te?
La scuola è per me il luogo in cui, attraverso l’educazione, si cercano risposte alle problematiche sociali attuali, e dove i maestri sono come dei bagnini che lanciano salvagenti e aiutano a non annegare. Ma soprattutto: la scuola per me ha lo scopo di sostenere la famiglia, di tutelare e proteggere il delicato processo di costruzione dell’individuo che avviene durante l’infanzia e l’adolescenza, fornire gli strumenti per costruire una propria resilienza personale per gestire le avversità della vita, facilitare la costruzione di un’alfabetizzazione emotiva e stabilità psichica.
Come si sviluppa la vostra pedagogia?
Nel mio Olimpo di grandi uomini e donne -per citarne alcuni- ci sono: Montessori, Korczak, Freinet, Don Milani, Lodi, Malaguzzi, Pikler, Dolto, Miller, Siegel, Gardner, Dewey, Neill. Ma non abbiamo sposato nessun metodo: cerchiamo piuttosto di cogliere in ciascuno quello che si sembra sia il meglio, senza fingere di non vederne le criticità, e siamo pronti a muoverci tra ideologie e pensieri nel momento in cui quelle che consideriamo certezze vengono contraddette dall’esperienza.
Non abbiamo sposato nessun metodo: cerchiamo piuttosto di cogliere in ciascuno quello che si sembra sia il meglio, senza fingere di non vederne le criticità, e siamo pronti a muoverci tra ideologie e pensieri nel momento in cui quelle che consideriamo certezze vengono contraddette dall’esperienza
Emily Mignanelli
Come si chiama il vostro modello?
Il modello che ho creato si chiama scuola-comunità dinamica.
La parola scuola è ricordare a chi ci lavora che abbiamo sempre un ruolo ed una responsabilità verso l’istruzione dei bambini che ci vengono affidati.
La parola comunità è per ricordare che siamo sempre tutti interconnessi e che le azioni, parole e stati d'animo di qualcuno influiscono sempre sul clima collettivo e condiviso.
La parola dinamica è per sottolineare il fatto che il nostro approccio è in continuo movimento.
Perché una scuola in natura?
La nostra scuola nasce con l’obiettivo di offrire a bambini e bambine la possibilità di avere un contatto diretto e quotidiano con la natura dove vivere esperienze di apprendimento. Edward O. Wilson, biologo ed entomologo dell’università di Harvard, l’ha definita biofilia,ossia bisogno innato dell’essere umano di stare con la natura. Ciò che facciamo è ascoltare questo bisogno e declinare proposte educative in contesti naturali, intesi nella loro complessità e relazioni sistemiche.
Che formazione hanno i vostri insegnanti?
Io sono convinta che una buona maestra, un buon maestro non si riconosca dalle proprie prestazioni (che rispondono per lo più a un principio di narcisismo professionale) ma dal rispetto e della dignità che riconoscono al bambino nelle quotidiane sfumature relazionali.
I maestri vengono selezionati con criteri molto più legati alla loro umanità e predisposizione esistenziale che sulla base del curriculum
Emily Mignanelli
Viene comunque richiesta una formazione che sia continua e aggiornata scientificamente. E poi tutti gli insegnanti ricevono una supervisione psicologica individuale ogni mese, per lavorare sul loro benessere psichico ed emotivo, fondamenta di un processo educativo efficace e rispettoso dei bambini.
La vostra scuola è riconosciuta?
Ogni anni ospitiamo circa 50 bambini e ragazzi. Esistiamo grazie ad un articolo della Costituzione che supporta le famiglie che scelgono di corrispondere al diritto di scolarizzazione dei loro figli con la scuola che reputano esser migliore. Ogni anno al termine dell’esperienza sosteniamo un esame in una scuola statale che riconosce l’esperienza educativa vissuta dai bambini e ne legittima il valore.
A 34 anni fai la maestra, la pedagogista, scrivi libri (l’ultimo: “Non basta diventare grandi per essere adulti”), fai formazione agli insegnanti e ai genitori. Perché dal mondo della scuola, quella pubblica tradizionale intendo, ti sei allontanata?
A 21 anni, mentre studiavo per diventare maestra, ho aperto il primo asilo. Poi mi sono laureata in scienze della formazione primaria, e anche in scienze pedagogiche, Infine, mi sono specializzata nel metodo Montessori.
Dopo le prime esperienze nella scuola statale ho deciso che avrei provato a creare un nuovo approccio che, prendendo le mosse dagli studi passati e attuali, sarebbe potuto diventare un nuovo modo di intendere la scuola, l’educazione e la percezione dei bambini per migliorare un po’ il mondo. Penso che sia stato molto significato un viaggio che ho fatto quando mio figlio Vittorio era piccolo e noi tre siete partiti per nove mesi.
Ci racconti questo viaggio straordinario?
Siamo andati oltreoceano, agli antipodi della società, per comprendere meglio realtà educative innovative. Dalle scuole indiane di Goa e Bangalore a quelle americane di New York. Il viaggio mi ha aperto molte finestre nella soffitta delle mie credenze e ideologie. Ho scelto i mie modelli, spesso per contrasto con qualcosa che ho visto e ritenuto profondamente scorretto.
Oggi non potrei immaginare una vita diversa da quella spesa per sostenere, ascoltare e supportare gli adulti; per amare, scoprire, proteggere e tutelare il meraviglioso mondo dell’infanzia e dei bambini tutti.
Quando racconti l’infanzia, parli spesso degli adulti. Perché lavori molto con i genitori e sui genitori?
C’è una frase di Janus Korczak che mi piace molte e dice così: “Conosci te stesso prima di voler conoscere i bambini. Renditi conto di quello di cui tu stesso sei capace, prima di iniziare a limitare il campo dei loro diritti e doveri”.
Ecco, io credo che ci siano centinaia di bambini che ogni giorno vengono disinnescati, smontati, dissociati, alterati, da adulti nascosti dietro il velo della falsa educazione, dell’infanzia perduta e dimenticata, smarriti dentro loro stessi con dolori antichi e celati.
Ecco, io credo che ci siano centinaia di bambini che ogni giorno vengono disinnescati, smontati, dissociati, alterati, da adulti nascosti dietro il velo della falsa educazione, dell’infanzia perduta e dimenticata, smarriti dentro loro stessi con dolori antichi e celati.
Emily Mignanelli
Per questo lavoro molto con i genitori e con gli adulti in generale, per aiutarli a guardare le loro ferite infantili, quelle lacrime lasciate in sospeso, quelle parole chiuse in una porzione di cuore sbarrato. Lo faccio affinché possano superarle e riuscire a entrare in profonda empatia con quei bambini che hanno di fronte.
Fino al 13 agosto sei impegnata con la formazione estiva residenziale, ci racconti questo progetto?
Sarà un percorso rivolto a chiunque si occupi di educazione e scuola. Le lezioni si terranno di giorno in campi e giardini o sulle spiagge di Numana, ci confronteremo la sera intorno al fuoco; dormiremo nelle tende sotto gli alberi nelle scuole di Serendipità. Parleremo dei giganti: Montessori e l’educazione alla pace; Freinet e la pedagogia moderna e popolare; Emmi Pikler e il movimento; Malaguzzi e il miracolo di Reggio Emilia; Korczak e Neill, libertà e confini. E poi ancora di pratiche di pedagogia dinamica; di ambiente; di libera scelta; di intelligenze multiple e percorsi educativi personalizzati. Sarà emozionante.
In apertura, i bambini a Casa Colorata, nella scuola Serendipità
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