Formazione

Ad occhi spalancati nei lager d’Italia

Titolo crudo, quello del libro di Marco Rovelli. Lager italiani. E subito di seguito arriva il soggetto in questione: i centri di permanenza temporanea

di Sara De Carli

Titolo crudo, quello del libro di Marco Rovelli. Lager italiani. E subito di seguito, senza respiro, senza punteggiatura, senza aggettivi arriva il soggetto in questione: i centri di permanenza temporanea. Identificazione perfetta, sovrapposizione assoluta, nessuno spazio in cui cercare uno scarto.

Buchi dello spirito nell?introduzione dell?autore, fogna della coscienza nella premessa di Erri De Luca, espressione del nazismo che è in noi per Moni Ovadia nella postfazione, dimostrazione di come è possibile perdere l?anima pur continuando ad essere persone per bene secondo Marco Revelli, in una recensione al suo quasi omonimo. Il registro è un altro rispetto a quello della commissione statale guidata da Staffan De Mistura, che pure ha recentemente ammesso che c?è qualcosa che non va. A lui va una frase di Abraham, ghanese: «Quando smetteremo di interpretare il mondo? Quando inizieremo a trasformarlo?».

La forza del libro invece è di essere una raccolta di storie. Biografie. Le famose ?vite nude? della moderna biopolitica trovano qui quella parola che sul campo – nel campo – gli è negata. Lo spiega Jihad, palestinese, che ha vissuto in un campo profughi in Libano e si è fatto 21 anni a Rebibbia, ma che definisce il Cpt come l?esperienza peggiore di tutta la sua vita: «Qui dentro la parola è proibita, si pratica l?addestramento al silenzio. È peggio che il carcere, perché qui non hai nessun diritto». Sono storie di pugni e calci, sangue e soprusi. Tanti sliding doors, forzati anche dalla Polizia. Tante vigliaccherie autorizzate dalla forza della legge, che consente alle guardie bianche (i gestori umanitari dei campi) di giocare con le parole e rifiutarsi di essere carcerieri, mentre lo sono. Ne esce male la Polizia, ne esce male la Croce Rossa, ne esce male l?Italia. Un libro che brucerà nelle mani di tutti quelli che credevano che i diritti umani spettassero tout court a ogni essere umano, che non servissero altri titoli, aggettivi, meriti.

«Questi racconti sono la versione moderna della colonna infame di Manzoni», scrive Erri De Luca. «Verrà una generazione che sputerà in faccia ai persecutori di oppressi». Tutto il resto – la storia dei Cpta (dove la a di accoglienza è caduta presto), le leggi italiane sulle migrazioni, le schede dei 14 Cpt italiani, finanche le riflessioni filosoficheggianti che citano la Arendt e Agamben – è solo «note deperibili», come Rovelli titola la seconda parte. Le storie invece non passano.

Marco Rovelli
Lager italiani
Bur, pp. 288, euro 9,80


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