Mondo

Acquistare il mito: l’11 settembre visto da Naomi Klein

Sul "The Guardian" di oggi, l'autrice di No Logo dice la sua sul momento attuale. Con acutezza. Lo abbiamo tradotto per voi

di Paolo Manzo

Da quando il Pentagono ha fatto circolare l’ultimo video di Osama Bin Laden, ogni parola, sorriso abbozzato e gesto del capo di Al-Qaida è stato analizzato nel dettaglio. Ma l?altra stella, identificata nella trascrizione soltanto come “Shaykh,” ha ricevuto poca attenzione. Troppo malvagio, in quanto apre una rara finestra nella psicologia degli uomini che pensano all’omicidio di massa come ad un grande gioco. Un tema che salta fuori ripetutamente nei monologhi dell’ospite di Bin Laden è l’idea che stanno vivendo in un?epoca grande come quella descritta nel Corano. Questa guerra, osserva ?Shaykh?, è come “quella dei giorni del profeta Maometto. Esattamente come ciò che sta accadendo ora”. E poi continua a dire: “È lo stesso, come ai bei tempi, quelli di Abu Bakr, degli Ottomani, di Ali e gli altri. Di questi tempi, oggigiorno” È facile collegare questa ?nostalgia? alla solita teoria sui seguaci di Bin Laden bloccati al Medio Evo. Ma i commenti sembrano riflettere qualcosa di più. E non è certo uno stile di vita medioevale ascetico quello a cui lui aspira, bensì l’idea di vivere in un?epoca mitica, in cui gli uomini erano simili a divinità, le battaglie erano sempre epiche e la parola storia si scriveva con la S maiuscola. “Vade retro, Francis Fukuyama”, sembra dica Shaykh, “La storia non è ancora finita. Stiamo facendola noi, proprio adesso, proprio qui!”. È un’idea che abbiamo sentito in molti ambienti dopo l?undici settembre, un ritorno della narrativa epica: uomini eletti, imperi diabolici, piani generali e grandi battaglie. Tutti sono tornati con fierezza indietro nello stile. La Bibbia, il Corano, “lo scontro delle civiltà”, il ?Signore degli anelli?, tutti che improvvisamente escono fuori “in questi giorni, nei nostri giorni”. Questa narrativa epica che redime e riscatta è il nostro mito più persistente ed ha un?altra faccia della medaglia assai pericoloso. Quando pochi uomini decidono di vivere i loro miti per essere più grandi della loro esistenza, ciò non aiuta ma può avere un effetto su tutti quelli che continuano a vivere in una dimensione normale. Popoli interi appaiono improvvisamente insignificanti al confronto, facili da sacrificare in nome di uno scopo…superiore. Quando è caduto il muro di Berlino, si pensò di seppellire la narrativa epica con le sue macerie. Era la vittoria decisiva del capitalismo. L’ideologia è morta, andiamo a fare shopping. La fine della teoria della storia ha naturalmente esasperato quelli le cui ideologie avevano perso la battaglia, fossero queste il comunismo globale o, nel caso di Bin Laden, una versione imperiale dell?Islam. Cosa sta diventando chiaro dopo l?11 settembre, tuttavia, è che la fine della storia è risultata essere una vittoria di Pirro anche per i freddi guerrieri degli Stati Uniti. Sembra che dal 1989, molti di loro avessero perso la loro narrativa epica, come se avessero perso un braccio. Senza l?ideologia, fare shopping era solo …fare shopping. Durante la guerra fredda, il consumo negli Usa non era soltanto un piacere personale; era il fronte economico di una battaglia più grande. Quando gli Americani andavano ad acquistare qualcosa, stavano partecipando allo stile di vita che i comunisti volevano presumibilmente schiacciare. Quando i centri commerciali multicolori erano contrapposti ai grigi e vuoti negozi moscoviti, il punto non era solo che in Occidente avevamo accesso facile ai jeans Levi’s 501s. All?epoca i nostri centri commerciali rappresentavano la libertà e la democrazia, mentre i loro scaffali vuoti erano metafore perfette del controllo e della repressione del comunismo. Ma quando la guerra fredda si è conclusa e il contesto ideologico è stato spazzato via, il grande significato che stava dietro lo shopping si è?volatilizzato. La risposta dal mondo aziendale è stata “il marchio stile di vita”: un tentativo di ristabilire il consumismo come una ricerca filosofica o politica, vendendo idee straordinarie invece di semplici prodotti. Le campagne pubblicitarie hanno cominciato ad identificare i maglioni di Benetton con la lotta al razzismo, i mobili dell?Ikea con la democrazia, i computer con la rivoluzione. L?abbinare il marchio ad uno stile di vita ha riempito per un certo tempo il vuoto “di contenuti” che era diventato il fare shopping, ma non era abbastanza per soddisfare le ambizioni dei paladini della vecchia scuola della guerra fredda. Gli esuli culturali di un mondo che avevano contribuito a creare, hanno passato la loro decade più trionfante non crogiolandosi nel loro nuovo potere incontrastato ma brontolando su come l’America era diventata ?gentile?, quasi effeminata. Un?orgia d?indulgenza personificata da Oprah (un conduttore di talk show assai celebre negli Usa, ndr) e da Bill Clinton. Ma dopo l?undici settembre la storia è tornata, con la S maiuscola. Chi fa shopping è ancora una volta un soldato che combatte una battaglia fra il bene e il male, indossando i nuovi reggiseno a stelle e strisce di Elita (azienda Usa che produce reggiseni, ndr) e comprando le schioccanti M&Ms rosse, bianche e blu, prodotte per l?occasione. Quando i politici degli Stati Uniti invitano i loro cittadini a combattere il terrorismo con lo shopping, c?è qualcosa in più della volontà di tirare su un’economia in crisi. È piuttosto la volontà di ?confezionare?, trasformandolo, il quotidiano in un mito.


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