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Acnur, gravissimo bilancio vittime del Mediterranneo e del Golfo di Aden

L'Alto Commissariato Onu per i rifugiati teme il peggio per l'estate

di Redazione

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) prevede che, a causa delle cattive condizioni del mare, che rendono difficile la traversata tra luglio ed agosto, il flusso di migranti che abitualmente attraversa il golfo di Aden dalla Somalia allo Yemen si arresti temporaneamente.

Nel corso dei primi sei mesi dell’anno l’ufficio dell’UNHCR in Yemen ha registrato l’arrivo di 77 imbarcazioni di trafficanti con a bordo più di 8.600 persone tra rifugiati, richiedenti asilo e migranti, per lo più somali ed etiopi. Nello stesso periodo almeno 367 persone hanno perso la vita nella traversata, mentre ne risultano ancora disperse 118. Nei primi sei mesi nel 2006, invece, sono giunte complessivamente 107 imbarcazioni con 11.723 persone a bordo. Alla fine della prima metà del 2006 erano morte 266 persone e 66 risultavano disperse.

Molti di coloro che hanno perso la vita * dopo aver pagato circa 50 dollari per compiere questa pericolosa traversata * sono stati costretti a gettarsi in mare aperto e sono annegati nel tentativo di raggiungere la riva a nuoto. Altri sono stati picchiati a morte con delle mazze dai trafficanti o sono stati aggrediti dagli squali dopo essere stati gettati in mare. Molti corpi sono stati sepolti sulle spiagge yemenite da pescatori della zona.

In genere i trafficanti operano nel golfo di Aden da settembre a giugno.

Nel corso del 2006, si è registrato l’arrivo in Yemen di quasi 29mila persone a bordo di 237 imbarcazioni. L’anno scorso almeno 328 persone sono morte nel tentativo di compiere la traversata, mentre 310 sono risultate disperse.

Mentre il traffico di persone nel golfo di Aden si è temporaneamente fermato, è da poco ricominciato nel Mediterraneo. Nonostante il fatto che gli arrivi irregolari in Italia da gennaio a giugno di quest’anno siano diminuiti del 31% rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno, il numero di morti e dispersi * almeno 200 nel solo mese di giugno nelle acque tra il Nordafrica, da una parte, e Malta e l’Italia, dall’altra * dimostra quanto sia diventato pericoloso attraversare il Mediterraneo. L’UNHCR ha ripetutamente espresso la propria preoccupazione riguardo alla situazione nel golfo di Aden, nel Mediterraneo ed in altre acque, dal momento che alcuni tra coloro che mettono a repentaglio la propria vita in queste traversate sono rifugiati e richiedenti asilo.

A partire dalla fine del 2006 la rotta verso lo Yemen è diventata ancora più ardua sia per i rifugiati ed i richiedenti asilo che per i migranti a causa del giro di vite contro i trafficanti nella regione di Bosaso in Somalia e dell’aumento dei pattugliamenti lungo la costa yemenita. La reazione dei trafficanti è semplicemente stata quella di individuare nuove rotte verso lo Yemen e vari nuovi punti di sbarco lungo i 400 chilometri di costa. La durata della traversata, già di per sé travagliata, è quindi passata da due a tre giorni.

La soluzione non risiede esclusivamente nell’inasprimento dei controlli nei confronti dei trafficanti, ma anche nell’affrontare le cause della persecuzione, della povertà e dei conflitti che spingono i migranti irregolari a lasciare le proprie case. Inoltre, i paesi coinvolti hanno bisogno di aiuto nella gestione di questi flussi migratori misti in modo da assicurare protezione a coloro che ne hanno bisogno ed un ritorno sicuro per gli altri. Di vitale importanza è assicurarsi poi che tutte le persone in difficoltà in mare siano soccorse, che sia loro consentito di sbarcare e che abbiano accesso ad adeguate procedure di verifica dello status.

La scorsa settimana, l’UNHCR e l’Organizzazione Marittima Internazionale (OMI/IMO) hanno lanciato un appello affinché siano incrementate le azioni volte alla prevenzione di ulteriori morti in mare. Nel 2006 l’UNHCR ha pubblicato un Piano d’azione in dieci punti sulla protezione dei rifugiati e sui flussi migratori misti. Il Piano delinea una serie di misure per assistere gli stati nella gestione di questo fenomeno.


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