Sostenibilità
Acna, Val Bormida Un monumento allo sviluppo insostenibile
Storia della più longeva e inquinante industria chimica italiana
di Redazione
Milioni di metri cubi di scorie pericolose e tossiche da smaltire, un fiume dai colori irreali dichiarato biologicamente morto, un secolo di conflitti e controversie giuridiche. Il presidente del WWF, per sei anni commissario di Governo alla bonifica della valle, racconta una vicenda simbolo dell’industria italiana
Ciò che ha portato negli anni 70 dello scorso secolo a far dichiarare morto biologicamente il fiume Bormida, più che comportamenti penalmente rilevanti – che comunque ci sono stati -, è stata una sequenza di atti o atteggiamenti scellerati. La sua storia può essere considerata un buon esempio di quello che è stato lo sviluppo industriale del nostro Paese. Ha, tuttavia, una sua pecularietà: è stata la più antica e longeva industria di chimica organica in Italia.
Nasce nel 1882 a Cengio uno stabilimento industriale dedicato alla produzione di esplosivi, denominato Sipe. Nel 1929 l’attività produttiva viene convertita in comparti civili, come i coloranti. L’industria si caratterizza subito per i suoi veleni: nel 1909 il pretore di Mondovì dichiara inquinati i pozzi di acqua potabile nei comuni di Saliceto, Camerana e Monesiglio, ad una distanza di circa 20 chilometri dallo stabilimento. Eppure la normativa a tutela dell’ambiente in quel periodo non era certo severa. Nel 1912 viene chiuso l’acquedotto di Cortemilia. Da allora la cronaca della Val Bormida registra una sequela di proteste e controversie giuridiche. Chiudono allevamenti, aziende agricole, strutture turistiche, si assiste ad arresti di contadini e condanne degli stessi. Nel frattempo l’industria diventa Acna – Azienda coloranti nazionali affini, che certo non migliora lo stato dei luoghi. Ormai l’inquinamento diventa un tratto distintivo e dà un “colore” particolare alla valle.
Durante la seconda guerra mondiale chi lavora in stabilimento – e allora erano in quasi 6mila – evita di partire per il fronte, in particolare quello russo. Anche se poi saranno molti a morire in fabbrica per malattie connesse alle esposizioni a sostanze inquinanti, che venivano scaricate portandole a mano con delle carriole. Viene spostato il fiume e il paleoalveo riempito di scorie, con altezze che raggiungeranno più di 25 metri. Nel dopoguerra per molti l’abbandono dei campi e l’assunzione del lavoro in fabbrica appare un segnale di progresso. Durante la fase dello sviluppo stradale ed edilizio dell’area vengono utilizzate le scorie di produzione come materiale stabilizzante sul quale poi costruire…
Nel 1987 il ministero dell’Ambiente riconosce la Val Bormida come «zona ad elevato rischio di crisi ambientale». Gli anni a seguire registrano un susseguirsi di manifestazioni con migliaia di persone in piazza e il blocco del Giro d’Italia di ciclismo, disordini a Sanremo durante il Festival. I contadini si affinano e chiedono l’aiuto delle associazioni ambientaliste. Vengono fatte le prime analisi private che smentiscono i dati pubblici. Il WWF si schiera in questa battaglia e dimostra che la diossina è diffusa nell’acqua e nelle zone vicine al fiume. La commissione parlamentare d’inchiesta non riuscì a completare i lavori per scioglimento anticipato delle Camere. Nel 1999 l’Acna entrò in crisi, i lavoratori finirono in cassa integrazione e fu nominato un commissario delegato dal governo alla bonifica della valle. Ho ricoperto l’incarico per 6 anni, ho trovato ben 374 tipi di contaminanti differenti e circa 280 cancerogeni e teratogeni, 300mila metri cubi di rifiuti allo stato semiliquido che galleggiavano in vasche non impermeabili posizionate sopra decine di metri di rifiuti industriali, una valle dilaniata da odio ormai generazionale e un fiume che assumeva colori irreali.
Siamo riusciti a ricollocare tutti i lavoratori, le operazioni di bonifica ancora proseguono e la fine si attende per il 2012, data dopo la quale si dovrà seguire un costante monitoraggio per alcuni decenni. Perché la grande massa di scorie pericolose e tossiche (oltre 4 milioni di metri cubi) non è scomparsa, ma è stata confinata in una megadiscarica.
Oggi nessuno più muore per inquinamento da Acna, sul fiume sono ricomparsi i pesci e gli aironi. Il sindaco di Acqui Terme ha addirittura chiesto di poterlo qualificare fonte di approvvigionamento idrico. Il sito rimarrà un monumento all’arroganza dell’uomo sulla natura.
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