Non profit

Acli: urgenti riforma fiscale e politica dei redditti

Secondo i dati della Banca d'Italia il 45% della ricchezza italiana in mano al 10% delle famiglie. Non cresce l'indebitamento costituito al 41% dal mutuo casa

di Redazione

«La concentrazione della ricchezza nelle mani di poche famiglie non è solo una un’offesa al senso di giustizia e alla coesione sociale, ma rappresenta oggettivamente un ostacolo alle prospettive di crescita del Paese». È quanto afferma il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero commentando i dati diffusi da Bankitalia che attribuiscono al 10% delle famiglie italiane il 45% della ricchezza complessiva. «Ancora una volta – spiega Olivero – la questione della redistribuzione si rivela cruciale non solamente per un’esigenza di giustizia nei confronti dei più poveri, ma anche per una questione di sviluppo. Le forti concentrazioni di ricchezza non favoriscono infatti gli investimenti, quanto piuttosto la rendita. Restituire invece le risorse economiche alle famiglie del ceto medio ridarebbe slancio ai consumi e fiducia al Paese».
«Si fa sempre più urgente – conclude il presidente delle Acli – il varo di una riforma fiscale che favorisca le esigenze di spesa reali delle famiglie italiane, a partire da quelle monoreddito e numerose. Ed una nuova politica dei redditi che non scarichi i costi della crisi su quanti vivono con un reddito fisso».

I dati diffusi dalla Banca d’Italia, infatti, tracciano una fotografia della condizione economico-finanziaria degli italiani. Ed è proprio da questi dati che si evince come alla fine del 2008 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 10 per cento della ricchezza totale, mentre il 10 per cento più ricco deteneva quasi il 45 per cento della ricchezza complessiva. Rimane comunque basso l’indebitamento delle famiglie, che alla fine del 2008 hanno fatto registrare un ammontare dei debiti pari al 78% del reddito disponibile lordo: in Germania e in Francia tale valore era pari a circa del 100 per cento, negli Stati Uniti e in Giappone al 130 per cento. Se nel 2009 è proseguita la ricomposizione dei portafogli delle famiglie verso forme di investimento più liquide, quali i depositi in conto corrente, le attività reali rappresentavano il 62,3 per cento della ricchezza lorda, le attività finanziarie il 37,7 per cento. Le passività finanziarie costituivano il 9,1 per cento delle attività complessive.

Sono questi i dati diffusi della Banca d’Italia diffusi nel supplemento al Bollettino Statistico ”La ricchezza delle famiglie italiane – 2009”, nel quale si evidenza come, secondo stime preliminari, nel primo semestre 2010 la ricchezza netta delle famiglie sarebbe diminuita dello 0,3 per cento in termini nominali, in seguito a una diminuzione delle attività finanziarie e a un aumento delle passività, che hanno più che compensato la crescita delle attività reali. La crescita della ricchezza netta complessiva era aumentata tra la fine del 2008 e la fine del 2009 di circa l’1,1 per cento, per effetto di un aumento del valore delle attività finanziarie (2,4%) superiore a quello delle passività (1,6%); le attività reali hanno registrato un rialzo più lieve (0,4%). A prezzi costanti, usando come deflatore quello dei consumi, l’aumento della ricchezza complessiva è stato dell’1,3 per cento.

La quota di ricchezza netta mondiale posseduta dalle famiglie italiane, si legge ancora, sarebbe pari al 5,7 per cento, superiore alla quota italiana del PIL e della popolazione del mondo (rispettivamente pari a circa il 3 e l’1 per cento). La ricchezza lorda delle famiglie italiane alla fine del 2009 è stimabile in quasi 9.500 miliardi di euro, quella netta in 8.600 miliardi, corrispondenti a circa 350 mila euro in media per famiglia. Nel bollettino si evidenzia come alla fine del 2009 la ricchezza netta è stata pari a 8,2 volte il reddito disponibile lordo delle famiglie. Alla fine del 2008, ultima data per cui è possibile effettuare un confronto internazionale completo e omogeneo, in Italia la ricchezza netta era risultata pari a 7,8 volte il reddito disponibile lordo delle famiglie, valore in linea con quello della Francia (7,5) e del Regno Unito (7,7), lievemente superiore a quello del Giappone (7) e significativamente superiore a quello degli Stati Uniti (4,8).

Il “patrimonio immobiliare” delle famiglie italiane – continua l’analisi di Bankitalia – alla fine del 2009 era stimabile in circa 4.800 miliardi di euro, con un aumento in termini reali dello 0,4 per cento rispetto a un anno prima. Tuttavia, sempre alla fine del 2009 le passività finanziarie delle famiglie italiane erano costituite per circa il 41 per cento da mutui per l’acquisto dell’abitazione. Tra la fine del 2008 e la fine del 2009 il valore di questi mutui è aumentato del 2 per cento, meno che nell’anno precedente (5 per cento). Durante il 2009, si legge ancora nel bollettino, è proseguita la ricomposizione dei portafogli delle famiglie verso forme di investimento più liquide, quali i depositi in conto corrente e il risparmio postale, le cui quote di ricchezza finanziaria sono cresciute rispettivamente di 1,4 e 0,3 punti percentuali. Rispetto al 2008 si osserva una riduzione della quota di ricchezza detenuta in titoli pubblici italiani, pari a oltre 2 punti percentuali, mentre è cresciuta quella detenuta in azioni e partecipazioni (aumento della quota di oltre un punto percentuale).

Più in particolare si osserva una ricomposizione dei portafogli verso titoli esteri a discapito dei titoli italiani: la quota di ricchezza finanziaria detenuta in obbligazioni e azioni estere è cresciuta di oltre un punto percentuale mentre quella detenuta in obbligazioni e azioni italiane è diminuita di 1,8. Dopo la forte riduzione di ricchezza detenuta in fondi comuni d’investimento osservata durante il 2008, il 2009 vede una ripresa seppur debole di questo comparto. Alla fine dello scorso anno, spiega palazzo Koch, il 44,2 per cento delle attività finanziarie era detenuto in obbligazioni private, titoli esteri, prestiti alle cooperative, azioni, partecipazioni e fondi comuni di investimento.

Il contante, i depositi bancari e il risparmio postale rappresentavano meno di un terzo del complesso delle attività finanziarie; la quota investita direttamente dalle famiglie in titoli pubblici italiani era pari a poco più del 5 per cento. Le riserve tecniche di assicurazione, che rappresentano le somme accantonate dalle assicurazioni e dai fondi pensione per future prestazioni in favore delle famiglie, ammontavano al 17,7 per cento del totale delle attività finanziarie.

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