Welfare

Acli: “risocializzare” il lavoro per accompagnare i cambiamenti

L'intervento del presidente nazionale Olivero in un convegno svoltosi ieri a Roma

di Maurizio Regosa

Parola d’ordine: “risocializzare” il lavoro. Nel dibattito acceso di questi giorni sulla riforma della contrattazione e più in generale sui cambiamenti che investono il mondo del lavoro, le Associazioni cristiane del lavoratori italiani offrono il loro contributo specifico nel corso di un Convegno nazionale organizzato a Roma. L’obiettivo: accompagnare i cambiamenti ed accogliere le innovazioni “sapendo trovare forme nuove e concrete per riaffermare la centralità della persona che lavora”.
“Risocializzare il lavoro” vuol dire – si legge in un comunicato – “ricostruire insieme un nuovo senso del lavoro”, “ridare al lavoro un significato condiviso”. Così il presidente Olivero nel suo intervento: “Oggi il lavoro si è ‘relativizzato’. Frammentato e individualizzato, ha perso identità e significato, ha aumentato il suo costo ma non il suo valore. Diventa fondamentale impegnarsi a ricreare legami e reti di vicinanza non solo tra lavoratori, ma tra questi e il territorio. Trovare o inventare spazi e occasioni in cui ciascuno possa raccontare la propria esperienza e confrontarla con quella degli altri. Promuovere un’azione associativa, culturale e formativa per ritrovare un senso alto del lavoro una nuova sua nuova identità sociale”.

Per fare questo è necessario muoversi – per le Acli – su diversi livelli. Innanzitutto impegnarsi per costruire una politica del lavoro “life friendly”, amica della vita. “Il lavoro non può ‘consumare’ le persone. Occorre trovare forme nuove e concrete per riaffermare il primato della persona sul lavoro e del lavoro sul capitale”. In secondo luogo è necessario “recuperare la socialità del lavoro, ricostruire la solidarietà tra lavoratori, e tra questi e il territorio” promuovendo forme di associazionismo per superare le situazioni di solitudine ed incomunicabilità, nelle quali i lavoratori si trovano spesso ad operare. “Fare gruppo è il modo di passare dalla società liquida a quella del coagulo, alla valorizzazione del capitale sociale che è promotore di sviluppo”.
Infine un terzo livello d’azione: recuperarne la dimensione etica. “Abbiamo sempre più bisogno, oggi, di un’etica del lavoro orientata al bene comune. Lavorare acquista un ulteriore significato quando ci si interroga sulle conseguenze dei risultati di ciò che si produce, se il frutto del nostro lavoro distrugge l’ambiente, o se è indirizzato unicamente a incrementare le spese delle famiglie italiane. Un lavoro economicamente virtuoso è indirizzato al bene comune, perché concilia sviluppo economico con l’innovazione, con la crescita sociale e la compatibilità ambientale”.
A partire da quest’opera complessiva di “risocializzazione” potrà essere possibile – secondo le Acli – affrontare le nuove sfide del mondo del lavoro nella prospettiva del mutamento e non nell’irrigidimento, a partire dalle due questioni centrali della sicurezza e della formazione.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.