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Acli: politiche di integrazione al centro della nuova legge sull’immigrazione

Diritto di voto amministrativo a prescindere dalla cittadinanza. Possibilità di lavoro nella P.A. Le proposte all’incontro delle associazioni con i ministri Amato e Ferrero

di Acli

Roma, 31 gennaio 2007 ? L?integrazione come primo capitolo della nuova legge; il diritto di voto amministrativo riconosciuto al di là della cittadinanza; la possibilità di impiego per gli immigrati nella Pubblica Amministrazione. Sono questi alcuni dei punti che le Acli ritengono qualificanti per una nuova legge sull?immigrazione, oggetto di pubblico dibattito nella giornata di ieri con il confronto a Roma tra i ministri Amato e Ferrero e le associazioni impegnate su questo tema.

Le Acli valutano positivamente la fase di ascolto e di dialogo con le associazioni inaugurata dai ministri dell?Interno e della Solidarietà Sociale, e della riforma in via di elaborazione riconoscono «l?obiettivo nuovo e culturalmente rilevante: trasformare il rapporto dello straniero con la Pubblica Amministrazione da un modello ispirato al controllo ad un altro ispirato piuttosto alla cittadinanza».

La nuova legge, secondo le Acli, deve essere ?fondata? sulle politiche di integrazione, che occupino finalmente il primo posto nell?azione governativa e non l?ultimo, come normalmente accade. Politiche d?integrazione ?bidirezionali?, orientate cioè non solo agli immigrati ma anche ai cittadini italiani, e coniugate con le politiche sociali, al centro le questioni della famiglia e del lavoro. «Bisogna far leva sulle prime generazioni di immigrati ? spiegano le Acli ? che oggi rappresentano ancora la maggioranza, perché possano integrarsi compiutamente, a partire dalla vita delle famiglie nei territori, nella scuola, nell?ambiente di lavoro. Bisogna evitare, finché siamo in tempo, il rischio della deriva delle seconde generazioni, come è accaduto in altri Paesi». I problemi legati alla lingua, l?accesso al lavoro e all?alloggio sono gli ambiti in cui si verificano le maggiori situazioni di discriminazione e di sfruttamento. Le Acli chiedono di tener conto delle professionalità acquisite dagli immigrati sia in Patria che durante il percorso migratorio, ipotizzando delle ?banche dati? sul modello degli Stati Uniti. E di concedere finalmente la possibilità ai lavoratori stranieri di trovare impiego presso la Pubblica Amministrazione, abbattendo una barriera ritenuta «inutile e incomprensibile».

Sul diritto di voto amministrativo, le Acli propongono che sia finalmente concesso agli immigrati stabilmente residenti, a prescindere dal riconoscimento della cittadinanza. Il possesso della carta di soggiorno appare un requisito sufficiente per la concessione del diritto di voto, una misura dovuta per chi stabilmente partecipa alla vita della collettività, e con il suo lavoro e la sua cultura vi conferisce risorse vitali.

Quanto alla questione degli ingressi nel nostro Paesi, le Acli si aspettano che vengano moltiplicate le vie legali di accesso, coniugando l?entrata in Italia con la sicurezza e non con la repressione. «Spostare le frontiere e la ?repressione? del movimento migratorio in Stati terzi ? come sembra suggerire l?Unione europea ? significa soffocare la voce e l?attesa di tanta gente ma anche accettare che non siano garantiti i diritti umani». Infine, le Acli chiedono un maggiore coinvolgimento e responsabilizzazione del Ministero degli Affari Esteri per la cooperazione tra gli Stati, al fine di stipulare accordi con i Paesi di provenienza dei cittadini immigrati.

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