Cultura

Accade a il Cairo: per una casa 12 anni di carte

In anteprima una pagina del libro di de Soto dove si racconta un esempio emblematico della burocrazia dei Paesi in via di sviluppo

di Redazione

Immagina un Paese dove nessuno sa chi possiede che cosa: gli indirizzi non possono essere facilmente verificati, non si riescono a far pagare i debiti alle persone, le risorse non si trasformano come altrove in denaro, la proprietà non può essere suddivisa in azioni, la descrizione della proprietà non è codificata e quindi comparabile e le regole che governano la proprietà variano da quartiere a quartiere. Sei appena entrato nella vita di un Paese in via di sviluppo o ex comunista. Più precisamente: ti sei immaginato la vita dell?80% dei suoi abitanti. Contrariamente a quanto pensano gli occidentali, questo 80% non è disperatamente povero. Nonostante la sua ovvia povertà, anche chi vive sotto il più iniquo dei regimi possiede molto più di quello che immaginiamo. Quello che possiede, però, non ha valore. Quando esci dal Nile Hilton del Cairo, per esempio, ciò che ti lasci alle spalle non è il mondo tecnologico dei fax e delle macchine per fare il ghiaccio, o degli antibiotici. Chi vive al Cairo ha accesso a tutte queste cose. Quello che ti lasci veramente alle spalle è il mondo della legalità e del diritto di proprietà. Le istituzioni che danno vita al capitale – che consentono di trasformare in capitale ciò che possiedi – qui non esistono. In Egitto, una persona che vuole comprare e registrare legalmente un pezzo di terra di proprietà dello Stato, deve passare almeno attraverso 77 procedure burocratiche presso 31 uffici pubblici e privati. E per farlo impiega da 5 a 14 anni. Per costruirsi legalmente una casa su un vecchio campo, invece, gli ci vogliono da 6 a 12 anni di peripezie burocratiche. Ciò spiega perché 4,7 milioni di egiziani hanno scelto di costruire case abusive. Se, una volta costruita la sua casa, una persona decide di volerla legalizzare, rischia di vedersela demolire o di finire in prigione . Per cui, comunque, non riesce a uscire dall?illegalità. E la stessa difficoltà si ha in altri Paesi. Nelle Filippine, se una persona costruisce una casa su un terreno privato o di proprietà dello Stato, per diventarne legalmente proprietario deve formare un?associazione con i suoi vicini per accedere a un programma di finanziamento dello stato. Per riuscirci, ci vogliono da 13 a 25 anni di lavoro. Una vita. Gli abitanti dei Paesi poveri – i cinque sesti dell?umanità – in verità possiedono delle cose, ma non hanno le leggi per trasformarle in capitale. È il mistero del capitalismo.


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