Politica
Aborto, in aumento l’obiezione di coscienza
La realazione sulla 194: i ginecologi obiettori aumentano dal 58,7% al 69,2%
di Redazione
L’obiezione di coscienza dei medici di fronte alla richiesta di interrompere una gravidanza e’ in aumento. Fra i ginecologi e’ passata dal 58,7% al 69,2%; fra gli anestesisti dal 45,7% al 50,4%; fra il personale non medico dal 38,6% al 42,6%. Questi i dati aggiornati dalle Regioni (i precedenti risalivano al 2003, in alcuni casi al 1999), resi noti oggi dal ministro della Salute uscente, Livia Turco, nella Relazione annuale sull’attuazione della legge 194 del 1978 sulle interruzioni volontarie di gravidanza, trasmessa al Parlamento. Il report contiene i dati preliminari per il 2007 e quelli definitivi per il 2006. Nel Sud – sottolinea la relazione – l’aumento e’ ancora maggiore e in alcune Regioni addirittura i dati raddoppiano. In Campania l’obiezione di coscienza per i ginecologi passa dal 44,1% all’83%; per gli anestesisti dal 40,4% al 73,7%; per il personale non medico dal 50% al 74%. In Sicilia, si va dal 44,1% all’84,2% dei ginecologi; dal 43,2% al 76,4% degli anestesisti; dal 41,1% al 84,3% del personale non medico.
Ma anche nel Nord, come ad esempio in Veneto, l’obiezione e’ superiore al dato nazionale: per i ginecologi 79,1%; per gli anestesisti 49,7%; per il personale non medico 56,8%. Nella relazione, Turco raccomanda “di monitorare l’adeguata offerta delle prestazioni in relazione all’aumento del fenomeno dell’obiezione di coscienza da parte del personale dei servizi, al fine da una parte di garantire la liberta’ di obiezione, riconosciuta dall’articolo 9 della legge 194, e dall’altra di assicurare la continuita’ assistenziale. Infatti in alcune Regioni l’obiezione di coscienza ha raggiunto livelli tali – afferma il ministro – da prefigurare un’oggettiva condizione di grave difficolta’ per le donne nell’accesso ai servizi. In questo senso si ribadisce che sono le Regioni, in applicazione del medesimo articolo 9 della normativa, che devono controllare e garantire l’attuazione della legge, anche attraverso la mobilita’ del personale”.
Dalla relazione emerge che gli aborti sono ancora in diminuzione nel nostro Paese, compresi gli interventi clandestini. I dati relativi al 2007, con un totale di 127.038 interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg), evidenziano infatti un calo del 3% rispetto al dato definitivo del 2006, in cui si sono registrati 131.018 interventi, e un decremento del 45,9% rispetto al 1982, anno in cui si e’ verificato il piu’ alto ricorso all’aborto con 234.801 casi.
In particolare – conferma la relazione – sono le italiane ad abortire di meno: i dati definitivi del 2006 evidenziano infatti 90.587 Ivg, con una riduzione del 3,7% rispetto al 2005 e di oltre il 60% rispetto al 1982. Viceversa, le Ivg sono aumentate tra le donne straniere: in totale 40.431 nel 2006 (+4,5% rispetto al 2005), pari al 31,6% del totale (nel 2005 erano il 29,6%). Il tasso di abortivita’, cioe’ il numero delle Ivg per mille donne in eta’ feconda tra 15-49 anni – l’indicatore piu’ accurato per una corretta valutazione della tendenza al ricorso all’aborto – nel 2007 e’ in generale risultato pari a 9,1 per mille, con una diminuzione del 3,1% rispetto al 2006 (9,4 per mille) e del 47,1% rispetto al 1982 (17,2 per mille).
Per quanto riguarda il fenomeno degli aborti clandestini, nella Relazione di quest’anno viene presentata una nuova stima aggiornata del 2005 che riporta un’ipotesi massima di 15 mila procedure effettuate al di fuori della legge 194, correggendo al ribasso le precedenti stime che indicavano tale soglia attorno ai 20 mila aborti clandestini. Il dato riguarda solo le donne italiane, in quanto non si dispone di stime affidabili degli indici riproduttivi per le donne straniere. Si conferma, quindi, la contemporanea diminuzione dell’abortivita’ legale e clandestina tra le donne italiane. Rispetto all’aborto effettuato dopo i 90 giorni, la situazione e’ rimasta invariata: la percentuale di Ivg dopo tale periodo e’ stata complessivamente nel 2006 del 2,9%. Di queste, il 2,2% e’ relativo alle Ivg tra 13 e 20 settimane e lo 0,7% a quelle dopo 21 settimane. Nelle conclusioni alla sua relazione, Turco sottolinea che “la legge 194/78, con la legalizzazione dell’aborto, ha favorito la sostanziale riduzione della richiesta di Ivg, grazie alla promozione di un maggiore e piu’ efficace ricorso a metodi di procreazione consapevoli, alternativi all’aborto, secondo gli auspici della legge”.
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