Mondo
Abiti puliti, 5 anni dopo il Rana Plaza la campagna continua
La Clean Clothes Campaign lancia una settimana di mobilitazione per chiedere ai marchi della moda di sottoscrivere l'Accordo sul Bangladesh 2018 che aggiorna quello siglato nel 2013 e amplia il suo campo d'azione anche al tessile non per abbigliamento. In Italia l'appuntamento è per il 23 aprile a Torino
Cinque anni fa, il 24 aprile, crollava il palazzo del Rana Plaza e tutto il mondo aprì gli occhi su dove la corsa verso il basso aveva condotto l’industria dell’abbigliamento. Una moda basata sullo sfruttamento di milioni lavoratori poveri e vulnerabili con un modello di produzione basato sulla fast fashion, su lead time e pressione produttiva elevati, per soddisfare una domanda sempre più veloce e consumistica. Un’industria guidata dal potere asimmetrico delle multinazionali, che determinano le condizioni di acquisto e di accesso al mercato per una pletora vastissima di fornitori e subfornitori.
Ora, a una settima dal quinto anniversario la Campagna Abiti Puliti (sezione italiana della Clean Clothes Campaign) con i suoi alleata dà il via a una sette giorni di pressione sui marchi internazionali affinché si assumano le loro responsabilità nel garantire fabbriche sicure in Bangladesh firmando l’Accordo di Transizione 2018 che porta avanti il lavoro svolto con l’attuale Accordo per la prevenzione degli incendi e sulla sicurezza degli edifici in Bangladesh sottoscritto nel 2013, a partire dalla scadenza del prossimo maggio, per assicurare la continuità dell’impegno a garantire la sicurezza nelle fabbriche (al 1° marzo l’85% degli interventi riparatori in tema di sicurezza identificati durante le ispezioni iniziali sono stati completati).
Il Bangladesh Accord on Fire and Building Safety, fu siglato dalla maggior parte dei marchi, così per la prima volta ispezioni credibili e indipendenti sono state avviate nelle fabbriche. L’Accordo per la prevenzione degli incendi e sulla sicurezza degli edifici in Bangladesh fu istituito nel maggio 2013 in risposta al crollo del Rana Plaza e, grazie alle sue ispezioni indipendenti e alla formazione dei lavoratori, ha contribuito in maniera significativa a migliorare la sicurezza delle fabbriche in quel Paese. Sempre nel 2013 fu incrementato il salario minimo (oggi 51 euro), ma da allora i salari non sono più aumentati. Quest’anno si attende una revisione, i sindacati chiedono il triplo dell’attuale livello (156 euro – pari a 16mila taka), ma – segnala il documento di approfondimento redatto dalla Campagna Abiti Puliti – resterebbe ancora al di sotto del livello dignitoso secondo tutte le stime finora effettuate. Sempre nell’approfondimento si osserva che l’area in cui sono visibili sensibili progressi resta quella della sicurezza, “grazie all’Accordo vincolante siglato nel 2013. La sicurezza è l’unico campo dove si sono registrati significativi progressi nell’industria dell’abbigliamento e su questo concentriamo adesso l’attenzione”.
Un’estensione dell’inziale programma quinquennale è stata già firmata da oltre 140 marchi, coprendo più di 1.300 fabbriche e circa 2 milioni di lavoratori. L’obiettivo è di aumentare il numero di operai salvaguardati rispetto al precedente accordo.
Convinta che tutti i lavoratori del tessile e dell’abbigliamento che producono in Bangladesh abbiano il diritto a non temere per le loro vite nei luoghi di lavoro, la Clean Clothes Campaign chiede a tutti i marchi che si riforniscono in quel Paese, e non l’hanno ancora fatto, di sottoscrivere l’Accordo di Transizione 2018.
Innanzitutto, sottolinea la Campagna “stiamo facendo pressione su quei marchi che avevano già sottoscrittoil primo Accordo (firmato da oltre 220 aziende) affinché rinnovino il loro impegno.
Tra questi ricordiamo il marchio italiano Teddy S.p.A, Abercrombie & Fitch, Debenhams, Sainsbury’s e Gekas Ullared”.
Per Abercrombie & Fitch è prevista una giornata specifica di mobilitazione di Clean Clothes Campaign, International Labor Rights Forum, United Students Against Sweatshops e altri alleati il prossimo 21 aprile. Debenhams e Sainsbury’s sono le uniche ancora reticenti tra 6 aziende target di una petizione lanciata da SumofUs lo scorso febbraio.
Inoltre, i promotori della Campagna si stanno rivolgendo a quelle aziende che non hanno mai sottoscritto la prima versione dell’Accordo per chiedergli di abbandonare le ispezioni unilaterali aziendali e impegnarsi in un programma ispettivo credibile e trasparente come quello previsto dall’Accordo. Tra queste VF Corporation (The North Face, Timberland, Lee, Wrangler), Gap, Walmart, Decathlon e New Yorker.
Infine, il nuovo Accordo 2018 offre la possibilità di includere anche fabbriche che producono accessori tessili, a maglia e in tessuto non necessariamente di abbigliamento. È ad esempio il caso di marchi come IKEA, chiamati ad assumersi anche loro la responsabilità di garantire la sicurezza per i propri lavoratori sfruttando l’opportunità offerta dall’Accordo 2018.
Ma siglare l’Accordo 2018 non è l’unica azione urgente per garantire adeguati e credibili progressi per la sicurezza nelle fabbriche per milioni di lavoratori del settore. Dopo il Rana Plaza si sono verificati nuovi incidenti minori per scala e visibilità che non attenuano la gravità e la sofferenza per le famiglie coinvolte.
«La Campagna Abiti Puliti esprime solidarietà alle famiglie dei numerosi lavoratori che sono morti e sono rimasti feriti in gravi incidenti in incendi, esplosioni, crolli fin dal 2013 che non hanno ricevuto lo stesso livello attenzione e protesta internazionale», dichiara Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti. «Pertanto sollecitiamo il governo del Bangladesh, con il sostegno dell'Oil e dei marchi che si riforniscono Bangladesh, a rendere giustizia a tutti i lavoratori colpiti da incidenti sul lavoro attraverso l'istituzione di un sistema nazionale permanente di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro secondo gli standard internazionali e a individuare una soluzione transitoria per risarcire i lavoratori vittime degli incidenti passati che attendono da troppo tempo equi risarcimenti basati su un sistema credibile e trasparente», conclude Deborah Lucchetti.
In questi sette giorni di mobilitazione, per spingere i marchi a sottoscrivere il nuovo Accordo, sono organizzati eventi di pressione in tutto il mondo. L’appuntamento in Italia è per il 23 aprile a Torino, alla Stanza dello Zodiaco del Castello del Valentino alle ore 18,15, quando, con Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti, il giurista Ugo Mattei, la ricercatrice del Green Team Management del Politecnico di Torino Giulia Sonetti, il direttore Mauro Rossetti con la moderazione di Sara Conforti, presidente di hoferlab, attraverso un dibattito pubblico verrà fatto un bilancio trasparente a 5 anni dal Rana Plaza, su cosa è cambiato in Bangladesh e su cosa bisogna ancora mettere in campo per il futuro.
In apertura immagine tratta dalla copertina di un report di Clean Clothes Campaign
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