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Abitano con mammà ma non è colpa loro

Il 56 per cento dei giovani tra i 25 e i 29 anni sta ancora in famiglia. Tutti mammoni? Borgomeo (Ig): no, mancano le opportunità.Peluffo (Sinistra giovanile) e Cento (Verdi): è l’ora di politiche con

di Federico Cella

Riflettori puntati, con una sottile vena polemica, sulle non politiche promosse dal governo italiano a favore dei giovani. Tasse universitarie, prima casa, introduzione al lavoro: se qualcosa si è mosso in questi ultimi anni, è ancora nel campo delle buone intenzioni. Lo testimonia in modo implacabile un dato fornito da Eurostat: nella fascia d?età tra i 25 e i 29 anni, nell?87 il 22% degli europei abitava ancora con i genitori contro il 28% degli italiani; nel ?95 il 23% degli europei a fronte del 56% dei giovani italiani. Il doppio esatto rispetto a otto anni prima! Ma siamo proprio sicuri che questo dato sia causato dall?incrementato affetto verso le mamme italiane? Non sarà invece frutto – senza nulla togliere alle mamme – di una diversa attenzione verso le politiche per le nuove generazioni, attivate nei Paesi europei e solo discusse nel nostro?
«Ma chi l?ha detto che i giovani italiani sono dei vuoti fannulloni buoni a nulla?», raccoglie subito la palla Carlo Borgomeo, presidente della Ig, società per l?Imprenditorialità giovanile, unico strumento efficace oggi in Italia contro la disoccupazione tra i giovani. «I buoni risultati dell?Ig affermano tutto il contrario: con un minimo di aiuto, l?intelligenza e la creatività dei nostri ragazzi esplodono. Noi non abbiamo fatto altro che dare degli strumenti alla voglia di realizzare progetti che diano loro la possibilità di fare qualcosa di buono. Anche per un Paese che di loro non si cura più di tanto. Di vere e proprie strategie che cerchino di prevenire problemi come la disoccupazione e l?emarginazione in Italia non si può parlare. E questo perché ci manca la cultura. Nonché una struttura centralizzata che si occupi effettivamente dei giovani. E gli effetti di questa disorganizzazione non devono essere scaricati sui ragazzi con accuse generiche».
È forse, dunque, arrivato il momento di avere una legge quadro che promuova politiche giovanili coordinate tra loro. Una nuova visione di questa ?Generazione x?, troppo spesso considerata solo come un problema. «Si è parlato dei giovani solo a fronte delle stragi del sabato sera o in merito alle nuove droghe», ci spiega Vinicio Peluffo, presidente nazionale della Sinistra giovanile. «La nostra generazione non è né migliore né peggiore di quelle precedenti, è solo diversa. Ha linguaggi sconosciuti, pensieri più nascosti, ma possiede risorse che non è in grado di esprimere. I giovani d?oggi non possono contare su un welfare state o sulla possibilità di avere un lavoro fisso. Ora però il ministero degli Affari sociali ha varato un disegno di legge che prevede due grosse novità: un?agenzia per dar corpo a un programma triennale e una consulta formata solo da giovani. Per la prima volta potremo assumere responsabilità concrete e avanzare istanze adeguate ai nostri bisogni».
E l?idea di una generazione invisibile, che deve cercare strade e diritti per potersi manifestare, ritorna anche nelle parole di un altro giovane politico. «C?è il bisogno di un forte movimento sociale, come quello delle ?tute bianche?, che negli ultimi mesi hanno occupato alcuni teatri per richiamare l?attenzione sulla cultura dai costi proibitivi», sostiene Pier Paolo Cento, deputato dei Verdi. «Credo che il governo D?Alema debba affrontare prima di tutto il fattore occupazione. Invece di disperdere i soliti interventi assistenzialisti a pioggia, bisogna fornire un reddito di cittadinanza per i giovani senza un lavoro fisso. Abbiamo accettato di fare dei sacrifici per ridurre il sistema previdenziale, ma non siamo riusciti a creare un reddito sociale per i giovani. Con la Grecia, siamo rimasti l?unico Paese dell?Unione Europea senza una vera politica per i giovani».

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