L’arresto di un’altra figura apicale dell’ABI, il suo vicepresidente, non può essere derubricata alla sfera della responsabilità puramente individuale, a una “questione di persone”, come ha fatto il Presidente Patuelli nella intervista del Sole 24 Ore (25/5/2014, pag 17). Ed è offensivo sentirsi dire che “Il problema è l’Italia, dove i livelli di etica sono troppo bassi: basti pensare alla pratica dell’evasione fiscale”. Questo lasciamolo dire alla destra xenofoba del Nord Europa e concentriamoci sul problema dell’ABI. Solo l’anno scorso (22/1/2013) il suo predecessore, Mussari, si è dovuto dimettere quando ormai era evidente la gravità dello scandalo MPS. Un altro vicepresidente dell’ABI è indagato. Nel caso della vicenda Berneschi e di Banca Carige stiamo parlando non di un oscuro truffatore, ma dei vertici di una delle principali istituzioni creditizie italiane ed europee: è inserita tra le 130 banche sottoposte a stress-test in queste settimane e dovrebbe passare sotto la vigilanza della BCE ad inizio 2015. E’ così rilevante che possiede il 3,96% della Banca d’Italia e quindi indirettamente lo 0,57% della BCE.
L’azione nei confronti del suo vicepresidente è il minimo che l’opinione pubblica si aspetta dall’ABI. Anche se ancora ieri, stando a quanto riportato da Repubblica (sabato, 25 maggio, p 13) e dal Fatto Quotidiano (vedi qui), il Presidente dell’ABI aveva dichiarato di voler aspettare la sentenza prima di rimuovere il vicepresidente, lasciando intendere che comunque si potesse aspettare luglio, quando le cariche sociali saranno rinnovate. Oggi, evidentemente, qualcuno deve aver fatto cambiare idea al Presidente se ha cambiato linea e ha deciso per rimozione e cambio di Statuto.
Eppure, se l’ABI sente solo oggi la necessità di dotarsi delle facoltà di allontanamento o sospensione delle proprie figure apicali in caso di procedimenti penali, evidentemente c’è un grosso problema. Anche perché nel contratto collettivo dei bancari l’eco della antica etica del funzionario di banca rimane. Nell’Art. 5 – “Dirigente sottoposto a procedimento penale” si legge che l‘impresa può disporre, in ogni fase del procedimento penale in atto, l’allontanamento dal servizio del dirigente interessato per motivi cautelari. Si richiama esplicitamente il licenziamento per giusta causa a seguito di un procedimento penale e la definizione di procedimento penale è abbastanza ampia da comprendere anche l’avviso di garanzia: “Il dirigente il quale venga a conoscenza, per atto dell’autorità giudiziaria (Pubblico ministero o altro magistrato competente), che nei suoi confronti sono svolte indagini preliminari ovvero è stata esercitata l’azione penale per reato che comporti l’applicazione di pena detentiva anche in alternativa a pena pecuniaria, deve darne immediata notizia all’impresa. Analogo obbligo incombe sul dirigente che abbia soltanto ricevuto informazione di garanzia.” Come è stato possibile elevare fino alla carica della vicepresidenza una persona arrestata con così gravi accuse? Nessuno sapeva niente? Eppure stanno venendo fuori sulla stampa episodi di denuncia, ispezioni della Banca d’Italia terminate con esito non proprio brillante. Dopo tutto quello che è successo nel sistema bancario italiano in questi anni, nessuno si è informato con Banca d’Italia prima di eleggere le cariche sociali?
Ma dall’ABI, che ha visto Presidenti della rettitudine morale di un Maurizio Sella, ci si aspetta molto, molto di più di un tardivo cambio di Statuto. Purtroppo, nelle vicende criminali, tendiamo a focalizzare l’attenzione sui singoli protagonisti e in questo siamo aiutati anche dal linguaggio da “mala” anni ’60-’70 usato da questi soggetti (il “pera”, il “magro”, …). Ma l’ABI dovrebbe riflettere su come sia stato possibile che i meccanismi di selezione della classe dirigente bancaria non siano stati in grado di fermare o espellere questi criminali e anzi li abbiano portati ai massimi vertici aziendali e dell’associazione. Le banche non sono aziende “comuni”. Sono organismi sottoposti a vigilanza a causa della funzione delicatissima nei sistemi economici moderni. La loro robustezza patrimoniale e l’integrità morale dei loro dipendenti garantiscono la fiducia della comunità nel corretto funzionamento del meccanismo del credito. Le banche e i loro responsabili dovrebbero essere la prima linea di difesa di un diritto Costituzionale, quello della protezione del risparmio.
Se ABI derubricasse ad una questione “individuale” la vicenda della banda del “pera” e dello “smilzo”, evidentemente non c’è più la percezione del valore della rettitudine per lo svolgimento dell’attività bancaria.
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