Famiglia

Abio, i volontari vanno fuori corsia

Il 26 settembre la quinta giornata dell'associazione

di Sara De Carli

Nelle tende per la prima volta gli attivisti hanno operato fuori dagli ospedali. Un’esperienza che sarà replicataIl 26 settembre, la quinta Giornata Abio si farà anche a L’Aquila. Anche se molti dei volontari Abio di quella città erano studenti universitari, e dopo il sisma sono tornati a casa. Anche se il reparto di pediatria a L’Aquila è ridotto a due sole stanze e ancora accoglie nei suoi spazi malati d’ogni genere. Ma di spostarla a Chieti, i volontari rimasti non ne hanno voluto parlare: proprio per dare un segno di presenza e di rinascita. E diversamente che nel resto d’Italia, lì, questa volta, i volontari Abio non chiederanno alcuna offerta: regaleranno i cestini di pere simbolo della manifestazione come segno di un nuovo inizio. «È una scelta fortemente voluta dai nostri volontari locali», spiega Regina Sironi, segretario generale dell’associazione. «Da novembre, quando la pediatria tornerà nella sua sede, riarrederemo le stanze con mobili e colori adatti».
Proprio a L’Aquila, questa estate, Abio ha vissuto la sua prima trasferta fuori dalle corsie degli ospedali. Cinquanta volontari (ma le disponibilità bastavano per coprire turni fino a Natale) si sono alternati di settimana in settimana in due campi, Tempera e Navelli, per giocare insieme ai bambini. Bambini scatenati, molto diversi dai bambini malati che Abio è abituata ad incontrare, ma – come spiega Alessandra Pohlers, capogruppo all’opedale Buzzi di Milano prestata per una settimana al campo di Navelli – «abbiamo toccato con mano la validità della nostra formazione specifica, utilissima anche in un contesto di sofferenza diffusa, segnato non dalla malattia ma dai traumi». Alessandra ha visto la sofferenza dei bimbi nella paura e nell’attesa della seconda grande scossa, nell’aver perso le case e soprattutto nel ritrovarsi «con la rete famigliare e sociale passata nella centrifuga», con i nonni, gli amici e i compagni di scuola destinati ad altri luoghi. Anche con loro è stato utile «quell’approccio lieve, non invasivo ma estremamente competente» che caratterizza la formazione dei volontari Abio.
Un’esperienza che ha lasciato il segno: «Abbiamo capito che possiamo fare ancora di più», dice la Sironi. «La nostra specializzazione non ci chiude in un servizio particolare, dentro l’ospedale, ma ci rende utili anche in altri contesti: d’ora in poi ci metteremo a disposizione».


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