Cultura

Abbiamo ancora bisogno di parole (In exitu).

di Luigi Maruzzi

Si dice “più fatti e meno parole” per sottolineare l’importanza dei comportamenti concreti nella costruzione di risposte ai bisogni impellenti. Su cosa siano questi bisogni, occorrerebbe intendersi di più. Nessuno può negare che “a stomaco pieno si ragiona meglio” ma ridurre tutto il nostro essere ad un cumulo di necessità biologiche, ad una rete di emozioni che scaturiscono da scariche elettriche, mi è totalmente inaccettabile.  Io sento di avere ancora bisogno di ‘parole’, avverto il desiderio che qualcuno mi spieghi la bellezza della vita. La tangibilità delle azioni più urgenti non può e non deve offuscare la nostra naturale tensione verso il piacere che procura la musica, un’opera scritta, un’amicizia disinteressata,  un dono gratuito.  L’austerità del tempo presente vuole privarci di questa dimensione.  Ci dirigiamo verso la deriva, in compagnia di altri popoli che continuano a proporci ricette fratricide: altro cemento,  altro spreco, altri inganni commerciali. Che geniale soluzione!  Evviva i campioni di pragmatismo!  La filantropia istituzionale non potrà mai sostituire l’impatto di una legge di stabilità.  La funzione sociale del ruolo svolto dalle fondazioni in Italia deve, piuttosto,  trovare il modo di affermarsi nel tentativo di riaccendere i motori del benessere collettivo partendo dalla valorizzazione del patrimonio intangibile,  rimettere in moto la comunità ‘dormiente’ recuperando il gusto per le relazioni umane dirette e autentiche, offrire un’opportunità a pochi super-meritevoli per suscitare l’interesse di un’intera generazione.  Le ‘parole’ che invoco abitano tra la tribù e la civiltà,  tra la fragilità di un corpo deperibile e la bellezza di una mente libera, tra la babele comunicativa e la luce dell’intuizione universale.

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