Non profit

A Vicenza le Sacre Scritture mettono in rete idee e aziende

di Redazione

Sarà anche il Nord-Est avviluppato dalla crisi economica. Sarà pure il Veneto leghista e polenton che spesso viene ? ingiustamente ? additato come allergico alla cultura e alla riflessione. Ma se ci si mette dentro il naso, ormai si scopre che il Festival Biblico sta diventando un appuntamento talmente “di rete” da essere diventato ormai una case history per chi vuole unire cultura, territorio, sviluppo e antidoti alla crisi. Se l’evento che ha portato «la Bibbia fuori dalle torri d’avorio degli specialisti» (cardinal Ravasi dixit) e ha condotto decine di migliaia di persone ad attingere alla Bibbia un sorso di esperienza, questo lo si deve anche alla “macchina” che un evento del genere ha saputo mettere in moto.

Fuori dal fango
Prendiamo il caso di Giancarlo Busato, terza generazione alla guida dell’omonima stamperia d’arte in Vicenza: stampa litografie e incisioni per committenti in tutt’Italia e all’estero. Bene, la Busato (fondata nel 1946) viene colpita duramente dall’alluvione del 2009, che ne paralizza l’attività in un periodo di certo non florido. Ebbene, che succede? «Io ero stato tra i primi a credere nel progetto del Festival Biblico», racconta Busato, «ero convinto fosse importante avere una rassegna così in città. E sono entrato in rete con gli organizzatori, presentando ogni anno un’incisione come omaggio ai vari sponsor e istituzioni coinvolte». Poi il patatrac delle esondazioni, nel novembre di due anni fa… «e cosa scopro? Che un gruppo di amici, imprenditori, enti e istituzioni, lo scorso Natale organizza la propria festa nella mia azienda: 200 persone. Volevano farmi conoscere clienti e aprirmi opportunità per trovare nuovi sbocchi commerciali. Tutto grazie al Festival: ce ne vorrebbero dieci all’anno, di iniziative così! E non lo dico solo da imprenditore: occasioni come questa mettono insieme la gente, fanno venir fuori i valori comuni, belli, associativi. Contatti, legami, rapporti come quelli che il Festival mi ha procurato non sono stati importanti solo in termini economici: mi hanno aiutato nel morale! Mi han fatto capire che ci sono persone che pensano a me, che ti aiutano, che si interessano alla tua storia…».
Non è la retorica a dire che il Biblico parte dal basso. L’intuizione è stata di un libraio, Lucio Rossetto, trentenne direttore del bookstore della San Paolo nel centralissimo corso Palladio di Vicenza. Che un bel giorno si è chiesto: «Come agganciare e portare il patrimonio della Bibbia ai tanti che, indaffarati e frettolosi, corrono tra una boutique e un wellness center?».
La parola Festival è stata la risposta. Che oggi è diventata una realtà solida. I numeri stanno lì a dimostrarlo in vista di questa edizione 2012: sono 14 le città coinvolte, 10 i giorni di eventi, 140 gli appuntamenti, 14 mostre, 200 realtà interessate, 120 gli ospiti protagonisti dei quali 20 dall’estero; tre diocesi “toccate” (Vicenza, Padova, Verona). Una macchina organizzativa che poggia su appena due dipendenti e una sessantina di volontari nei giorni di incontri e concerti. Un fenomeno di rete, fatto di collegamenti, collaborazioni, che si estende a macchia d’olio.

Parola di Walesa
Prendiamo l’esempio dell’anteprima ? una novità ? a Verona: l’idea degli organizzatori (diocesi di Vicenza e Edizioni San Paolo) è di assecondare l’iniziativa del vescovo berico monsignor Beniamino Pizziol: «È geniale questa capacità di affrontare la Scrittura con diversi linguaggi». Doveva essere un assaggio di Festival, due eventi e arrivederci a Vicenza: ne sono usciti invece ben 10, disseminati in 14 location, con oltre 20 soggetti interessati.
Intorno al Festival, poi, da qualche anno è nata una realtà singolarissima, “Imprese di valori”, un network di imprese che non solo sponsorizza la kermesse, ma ne sposa la visione e la mission. Concretamente? «Per me, imprenditore ma soprattutto cittadino, il Festival è un valore. Appoggiarlo non solo dà un ritorno di immagine alla mia impresa, ma anche valorizza, arricchisce e innalza il mio territorio». Flavio Marelli è presidente di Anthea Brokers, società vicentina che opera nel settore assicurativo. È lui a ricordare un episodio che dimostra il valore aggiunto in campo sociale e culturale che un evento come il Biblico crea in un territorio: «Rammento benissimo l’incredibile brezza che si levò dalla folla di piazza dei Signori l’anno scorso, quando Lech Walesa disse: «Di fronte alla crisi di oggi, vi rendete conto delle difficoltà che una persona come me ha dovuto affrontare?». Ecco, un contributo simile è impagabile: ci siamo sentiti cittadini del mondo, dentro un’esperienza che non è tale se non la condividi con altri». Prendiamo il caso della Galvanin, azienda nel settore stampi: «Fin dagli inizi abbiamo sposato il Festival, essendo anche tra i promotori di “Imprese di valori”. Ultimamente per le difficoltà congiunturali abbiamo ridotto il nostro impegno», spiega Monica Galvanin, dirigente dell’impresa di Torri di Quartesolo (VI), «ma appena ne è tornata la possibilità, come quest’anno, ci siamo rimessi concretamente a disposizione».
Focus dell’evento, al via il 18 maggio, sta nella domanda posta da Cristo ai discepoli durante la bufera sul lago di Tiberiade: «Perché avete paura?» La speranza delle Scritture. Vittorio Filippi, sociologo dell’Istituto universitario salesiano di Venezia, sintetizza così il tema: «In un periodo di crisi come questo, in cui ci si richiude nel privato, si pensa solo a leccarsi le proprie ferite in una fuga individualista, eventi come il Festival ci fanno capire che le difficoltà si affrontano insieme. Una rassegna come questa ci comunica parole piene di contenuto come “territorio”, “rete”, “collegamento”, “coinvolgimento”. Quanto mai attuali e urgenti nel periodo che stiamo attraversando».

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