Coprogettazione
A Verona la rigenerazione urbana diventerà rigenerazione sociale
Non profit protagonista del piano di rigenerazione del Forte Santa Caterina. Nel progetto troveranno spazio soluzioni di cohousing e servizi per i cittadini, con un piano di gestione frutto di una co-progettazione. L'assessore Tommaso Ferrari: «Siamo convinti che la rigenerazione urbana sia soprattutto una rigenerazione sociale»
di Alessio Nisi
Un’area di 200mila metri quadrati di pregio naturalistico. Uno spazio abbandonato da anni, «utilizzato come deposito, parzialmente riattivato come area cinema estiva grazie alle associazioni del territorio». Una zona, quella che comprende il Forte Santa Caterina a Verona, che ora è al centro di un programma di interventi di rigenerazione.
Il piano (progetto da 19 milioni di euro, di cui 15 sono fondi Pnrr e 4 milioni sono fondi del comune di Verona) prevede il restauro di una parte del Forte, la demolizione degli edifici delle ex caserme, la nuova costruzione di 6 edifici e la sistemazione di un’area aperta destinata a verde e a piazza pubblica.
Ecosistema urbano ad alto impatto sociale
È prevista anche a costruzione di un polo di social housing, che prevederà 20 nuove unità abitative, un ciclostello, un bar, un ristorante, un polo culturale e una fattoria sociale. In programma poi spazi dedicati a eventi culturali e attività all’aperto, come un’arena per spettacoli e una piazza centrale, per stimolare la vita comunitaria e rafforzare il legame tra cittadini e territorio.
«Abbiamo stravolto il progetto precedente», spiega l’assessore all’Ambiente e alle opere complesse del comune di Verona Tommaso Ferrari, «e abbiamo scelto di puntare su un ecosistema urbano ad alto impatto sociale, fortemente innervato dal Terzo settore»: una grande area verde con una serie di servizi aperti alle cittadinanza.
«L’idea era recuperare la naturalità dello spazio. Il progetto precedente», sottolinea, «prevedeva circa 15 mila metri quadrati di costruito, il nostro meno di 5mila».
Un po’ di storia
L’area del Forte Santa Caterina si trova nel settore sud di Verona, tra il fiume Adige e la piana agricola. È composta da due parti: l’area storica del Forte Santa Caterina, che risale al periodo di dominazione del regno Lombardo-Veneto, in cui si collocano il cosiddetto ridotto di gola e il ridotto principale del Forte, e un’area più recente con edificazioni della fine degli anni Trenta del Novecento, utilizzate inizialmente come caserme e successivamente come deposito.
Il Forte Santa Caterina è stato costruito tra il 1850 e il 1852 dagli austriaci come parte del sistema difensivo noto come il Quadrilatero asburgico. Cessato l’uso militare della struttura fortificata, il Forte, con la sua pertinenza esterna, è stato abbandonato.
Progetto di rigenerazione partecipata
Il progetto nasce come sistema rigenerativo in un’ottica di compartecipazione. Più precisamente l’amministrazione comunale ha scelto, per ridare valore a questo spazio, la co-programmazione: uno strumento in grado di mobilitare le energie sociali per precisare, insieme alla stessa amministrazione, il programma funzionale, gli usi prevalenti e le condizioni di gestione dell’area.
«Volevamo assolutamente uscire dall’idea dell’assegnazione degli spazi sulla base di chi arriva prima. Siamo convinti che la rigenerazione urbana sia soprattutto una rigenerazione sociale e che per farla bisogna non solo avere un occhio alla parte hardware, ma al software, cioè alla gestione».
Concretamente l’avviso di co-programmazione, pubblicato a ottobre e chiuso a inizio dicembre («abbiamo avuto più di 70 manifestazioni di interesse, dal Terzo settore, un’ottantina di soggetti se consideriamo anche gli enti profit cooptati»), si è rivolto a enti del Terzo settore (ma non solo), nel loro ruolo di imprenditori civici, attori dell’innovazione urbana, promotori di sperimentazioni sociali. «Una chiamata per co-definire insieme il futuro dell’area, facendo emergere creatività e disponibilità ad assumere ruoli di responsabilità nella conduzione dello Spazio Forte». Non profit e profit, insieme.
Ibridazione profit non profit
«Crediamo molto nell’ibridazione profit non profit». L’obiettivo è «arrivare a un vero e proprio piano di gestione non parcellizzato, ma che sia ecosistema in un cui le diverse funzioni dell’area interagiscano». La sfida, ribadisce Ferrari, è un progetto di «rigenerazione urbana, partecipata dal basso con soggetti che possono creare impatto sociale».
Chiuso l’avviso di co-programmazione con la consulenza di “Avanzi – sostenibilità per azioni”, «da gennaio partono i tavoli di co-progettazione. Di fatto, tutti i soggetti saranno convocati per i tavoli di lavoro, in cui ci sarà l’emersione di idee, bisogni, stimoli» preparatori della fase ancora successiva, «la co-progettazione», che porterà alla definizione del piano di gestione dell’area.
«L’ottica non è quella di un un condominio dove ogni stanza è affittata a singoli soggetti, ma un ecosistema in cui il piano di gestione sia univoco e abbia una sostenibilità ambientale, sociale ed economica». Entro giugno 2026, spiega sempre Ferrari, «dobbiamo collaudare» il progetto. «Puntiamo ad arrivare ad un piano di gestione tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026».
In apertura e nel testo foto dell’ufficio stampa Comune di Verona
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