Famiglia
A Venezia “Invisible children”, film collettivo sull’infanzia tradita
I registi sono del calibro di Spike Lee, John Woo, Emir Kusturica, i fratelli John e Ridley Scott. Storie da ogni latitudine in un'opera promossa da Unicef e WFP
Bambini soldato, ragazzini sfruttati, meninos de rua, figli di genitori con l’Aids, bambini rifugiati di guerra, ricche e sole bamboline cinesi in case milionarie. Sono i protagonisti di ‘Invisible children’, il film collettivo firmato da otto registi promosso dall’Unicef e dal World Food Program, presentato fuori concorso a Venezia e da gennaio al cinema distribuito da 01 Distribution.
I registi sono del calibro di Spike Lee, John Woo, Emir Kusturica, i fratelli John e Ridley Scott, la documentarista brasiliana Katia Lund, l’algerino Mahdi Charef e l’italiano Stefano Veneruso. Ciascuno, con il proprio linguaggio, porta sullo schermo una storia di infanzia tradita: ”Ho scelto di raccontare la storia di questa ragazzina latino americana figlia di due tossicodipendenti, affetta dall’ Aids ma che lo scopre a scuola dalle compagne, invece che dai genitori, perche’ e’ una storia che solitamente non vediamo al cinema”, ha detto Spike Lee, regista dell’episodio ‘Jesus Children of America’. “I bambini sono sotto attacco in tutto il mondo ma possono essere anche a loro volta molto crudeli, ho ritratto le compagne di scuola di Blanca come un branco di lupi che appena sentono la sua debolezza la azzannano”. Il film, scritto dai fratelli del regista, Cinque e Joie Lee, prende spunto dalla realta’ di Brooklyn, dove i due sceneggiatori hanno incontrato e parlato con terapisti e ragazzi sieropositivi che frequentano i gruppi di terapia.
L’attrice Maria Grazia Cucinotta, che si offre in un piccolo cameo nell’ episodio napoletano e che e’ testimonial dal WFP, si è fatta portavoce del progetto insieme ai registi venuti al Lido per dar voce a tutti i bambini invisibili.
John Woo ha ambientato a Pechino l’incontro fra due solitudini, quella della bambina ricca ma povera di affetto e quella di un’orfanella che si ritrova a vendere rose lungo la strada: ”Le ho viste come figlie mie”, ha raccontato, “e alla fine della lavorazione mi chiamavano nonno. Ho scelto delle ragazzine che vengono da quelle esperienze, la ricca ha una Mercedes, una bella casa, viaggia in aereo come il suo personaggio, la povera e’ figlia di venditori ambulanti che vivono per strada. Sono state migliori attrici che le star dei miei film d’azione: loro hanno sempre fatto quello che dicevo loro di fare”.
Bambini di strada sono anche i protagonisti dell’episodio brasiliano, due ragazzini che nella realta’ vivono in edifici occupati del centro di San Paolo. ”Negli ultimi dieci anni il divario tra poveri e ricchi si e’ accentuato”, ha detto Katia Lund. “Con la mia storia ho voluto raccontare la creativita’, l’energia e l’umorismo di questi bambini ma le cui qualita’ non sono sufficienti a sopravvivere contro il vero antagonista, che e’ la citta’ globalizzata”.
I profitti del film, spiega l’agenzia Ansa, andranno a un fondo della cooperazione italiana allo sviluppo cogestito da Unicef e WFP. Intanto, però, ha gia’ raggiunto un risultato: per il set del film africano del regista algerino Mahdi Charef, che ha per protagonista un dodicenne ragazzo soldato, in Burkina Faso e’ stata costruita una scuola che poi e’ rimasta a disposizione dei ragazzini.
Nell’unica storia italiana, firmata dal regista Stefano Veneruso, un ‘guaglioncello’ napoletano che proviene da una famiglia disastrata passa la giornata fra furtarelli. ”Sono cresciuto a Napoli, ho scavato nella mia infanzia per raccontare questa storia di abbandono”, ha detto il regista. ”Poter comunicare un messaggio cosi’ importante attraverso un mezzo, quello del cinema, che per me e’ fonte di passione e’ una grande gioia”, ha detto la Cucinotta, “questo progetto mi ha dato una forza magica che per me non ho mai avuto. Anche in Italia basta sposarsi dal centro delle citta’ per trovare situazioni di abbandono dei bambini. Nel mondo i bambini sono tutti uguali, siamo noi da adulti a creare le diversificazioni, sono le condizioni socioeconomiche a cambiarli”.
‘Blue Gipsy’, diretto da Emir Kusturica, ha per protagonista un giovanissimo gitano alla vigilia del suo rilascio da un centro di detenzione minorile. ”Da bambino avevo una mentalita’ aperta” ha detto il regista serbo – ma devo dire che si sono avverati sogni piu’ grandi di quelli che avevo da piccolo, certo la poesia del mio cinema viene da quell’epoca la’. Nel mondo esistono paesi ricchi come gli Stati Uniti e poveri come la Somalia, che rappresentano gli estremi. Per tutti i paesi che sono fra questi due estremi questo film puo’ risvegliare le coscienze degli spettatori”.
Oltre alla distribuzione nei cinema la produzione sta trattando con il Ministero dell’ Istruzione per la diffusione nelle scuole.
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