Arrivo un po’ tardi con questo album (uscito il 29 ottobre 2013). Ma mi ero ripromesso di parlarne. Non si tratta di artisti giovani visto che è l’ultima produzione di Fiorella Mannoia e non è neanche un disco di inediti visto che è un tributo. Si chiama “A te” ed è “prova d’amore” per Lucio Dalla. Per questo voglio dargli spazio.
Dalla infatti è forse l’artista italiano che, più di tutti, mi ha fatto amare la musica. Una voce, un sax e un modo che mi hanno accompagnato sin da piccolo. Mio padre aveva in macchina tre cassette: Le origini di Lucio Battisti, Banana Republic di Lucio Dalla (con De Gregori) e Concerti di Paolo Conte. Battisti era la musica di quando guidava la mamma, e mi piaceva più o meno tutto seppur senza grande trasporto. Di Paolo Conte, forse per la mia giovane età, amavo tantissimo Bartali e La Topolino amaranto ma il resto mi faceva addormentare. (A dire la verità aveva un astio folle invece per Un gelato al limon). E poi c’era Dalla. Quel disco mi piaceva, tutto. Dall’inzio alla fine. Lo sentivo a rotazione ossessivamente, come fanno i bimbi quando si fissano. E lo cantavo a squarcia gola. Ogni volta, oggi come allora, non so perchè, mi mettevo a piangere. Non di trisitezza, né di gioia. Solo commozione. E ricordo che fissando la riga di vernice bianca dell’autostrada andando al mare, mi perdevo nei racconti e nelle vite che Dalla cantava. Comprai tutti i dischi.
Come spesso succede con la musica, quando si incontra da molto piccoli, ci si cresce insieme e si scopre col tempo. Si diventa un tutt’uno con certi album. Per questo come appassionato ho sempre visto con molta diffidenza le cover che delle canzoni di Dalla in tanti hanno provato a fare. Perchè si tratta di un musicista e autore difficile, molto personale e particolare. L’interpretazione troppo lontana dall’originale perde ogni fascino e poesia, quella troppo vicina sbiadisce in un confronto impietoso con l’originale. Insomma uno di quei casi in cui in generale si preferisce riaspolverare il vinile piuttosto che sottoporsi allo strazio di una delusione. Posizione che vale anche per quello che riguarda i concerti bolognesi di Piazza Grande (quelli alla memoria).
Ma non avevo previsto la variabile Fiorella Mannoia. Sarò sincero. La conosco per via di mia moglie, prima non l’avevo mai presa sul serio. Me l’ha fatta prima apprezzare, poi rispettare e alla fine amare.
Al disco mi sono avvicinato con diffidenza, poco convinto. Una delle cose che più mi aveva preoccupato erano le collaborazioni, Ron e Alessandra Amoroso (da Amici). Un binomio da far tremare la gambe. E invece la Mannoia è riuscita in quello in cui ero convinto nessuno avrebbe mai dovuto avventurarsi. Si tratta di un disco di cover di Lucio Dalla riuscito quasi meglio dell’originale.
Certo sicuramente c’è la voce, calda e avvolgente, l’esperienza che la porta a cantare in modo canonico, ma non scontato, ed evitare lo scimmiottamento. Poi la scelta di avere un’orchestra (l’Orchestra Sesto Armonico, registrata per altro in presa diretta) che rende la musica di Dalla magnifica e potente.
Ma il vero punto di svolta, quello che rende la Mannoia un’interprete straordinaria e il disco un vero tributo amorevole è l’interpretazione dei testi. Si vede, si percepisce come le immagini e le storie di Dalla le piacciano. La sua cura nel renderle al meglio, unica fino ad oggi, è veramente una testimonianza d’amore. Perchè era questa la vera grande forza di Dalla, fare in modo che l’ascoltatore vedesse coi suoi occhi quello che gli veniva raccontato. Più che un cantautore era un regista. E la Mannoia ha fatto proprio questo: dare forza e spessore ai testi. Ecco perchè mi sono emozionato come da piccolo in autostrada.
E mi trovo a dover dire (chi mi consoce sa lo sforzo che mi tocca fare) che Alessandra Amoroso è perfetta. In punta di piedi e con grande rispetto tira fuori una gran bella voce dando altezza e potenza a “La sera dei miracoli”. Anche su questo Fiorella Mannoia ha avuto ragione.
Un disco commovente per cui Mannoia va ringraziata.
L’unico cruccio è che manchino alcune canzoni che viene voglia di sapere come sarebbero venute in questa chiave. “Come è profondo il mare”, “Balla balla ballerino” e soprattutto “Futura”.
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