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A Tallinn hanno chiuso i porti in faccia all’Italia

L’analisi di Francesco Petrelli, portavoce di Concord Italia, il network delle Ong in Europa, secondo cui il vertice informale tra i ministri dell’Interno europei, è stata l’ennesima occasione mancata per condividere le responsabilità.

di Ottavia Spaggiari

Niente di nuovo da Tallinn, a parte un codice di comportamento per le Ong che, chi lavora nel Mediterraneo, assicura esistesse già de facto e un’occasione persa per combattere l’ondata sovranista. È questa l’analisi di Francesco Petrelli, portavoce di Concord Italia, il network delle Ong in Europa, che sottolinea l’ennesima violazione dell’articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, che sancisce il dovere di solidarietà tra i paesi europei ed equa ripartizione della responsabilità, per quanto riguarda asilo e immigrazione.

Che risultati sono stati portati a casa da Tallinn?

In realtà abbiamo soprattutto assistito all’ennesima occasione mancata, per l’Europa di assumersi le proprie responsabilità. Ci hanno sbattuto i porti in faccia. È un gioco di parole triste, ma rende l’idea. Non ci sono stati passi in avanti significativi. L’unico elemento concreto è il codice di condotta per le Ong che operano in mare e il divieto di entrare in acque libiche.

Anche se Ong come Medici Senza Frontiere, che nel Mediterraneo sono presenti da tempo, sostengono di aver sempre seguito quel codice non scritto…

Ogni operazione fatta viene infatti già coordinata dalla Centrale operativa della Guardia costiera di Roma. Medici Senza Frontiere è un Premio Nobel per la pace, ogni volta che ha sconfinato in acque territoriali libiche ha segnalato il fatto a Roma.

Altro fatto rilevante emerso a Tallinn è l’intenzione di rafforzare la collaborazione con la Libia. Cosa ne pensa?

Dall’ultimo rapporto di Oxfam emerge che circa l’84% dei migranti che partono dalla Libia per attraversare il Mediterraneo sono state vittime di trattamenti inumani, tra cui violenze e tortura, e l’80% di aver subito privazioni di acqua e cibo, mentre circa il 70% è stato imprigionato in luoghi di detenzione, ufficiali e non ufficiali.
Si continua a parlare di Libia come se fosse un interlocutore come un altro, uno stato sovrano. Il che mi sembra surreale, è un Paese nel caos, dove ci sono almeno due governi. Di questi giorni è la notizia della “liberazione” di Bengasi. Si tratta di una situazione complicatissima.

Che ritratto esce dell’Europa dall’incontro di Tallinn?

C’era l’occasione di sfruttare questo momento in cui le forze sovraniste e razziste hanno subito delle sconfitte importanti, il rischio invece è quello di lasciare spazio ad una nuova ondata di intolleranza. In questo modo non viene seguita la direttiva 55/2001 dell’Unione Europea sul sistema di asilo unico e viene violato anche l’articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, che sancisce il dovere di solidarietà tra i paesi europei.

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