Cultura

A Taizé l’Europa allarga il cuore

Viaggio nella comunità religiosa che attira ogni anno, nel cuore della Francia, centinaia di migliaia di giovani. Di Louis de Courcy - La Croix

di Redazione

«La realtà è tanto più complessa e portatrice di senso anche se il terribile gesto perpetrato che ha posto fine alla vita di Frère Roger rimane per tutti i testimoni di quel dramma una sorta di breve incursione del male totalmente inesplicabile e inesplicato. Al di là dei ricordi dolorosi un cammino è aperto, o meglio continua ad aprirsi: a volte lo stesso a volte rinnovato e tracciato con ancora più forza». Queste parole escono dal profondo del cuore di Fratello Aloïs che riceve in una piccola piazza bagnata dal sole, proprio vicino alla camera di Frère Roger rimasta intatta: il legno nel camino e le foto di famiglia sull?architrave. «Creare del legame tra le chiese fu tutta la sua vita» La voce molto modulata a seconda di quello che vuole esprimere, tra una profonda dolcezza e una forte determinazione, lo sguardo blu che parla più di quanto facciano le parole, l?umiltà soprattuto che si sprigiona da questo sudeto dell?ex Cecoslovacchia di 53 anni, la dice già lunga sulla scelta del suo eminente predecessore. Gli assomiglia? Molti dei fratelli lo pensano. Lui non saprebbe rispondere a questa domanda. Le sue prime parole, tuttavia, quando evoca il viaggio che si apprestava ad intraprendere verso Mosca, testimoniano ciò che fece Frère Roger: «Creare del legame tra le chiese, fu tutta la sua vita. Egli ha veramente fatto tutto per creare questi legami di fiducia che sono profondi, che non livellano la fede, ma che mettono in luce il tesoro della chiesa russa. Come ricevere da loro? Essi hanno tanto sofferto, Frère Roger aveva una coscienza molto forte della necessità di un rispetto infinito di tutto ciò che essi avevano attraversato, di ricevere da loro. Essi hanno qualcosa da dirci e bisogna spingere in questa direzione. Noi andiamo in Russia, ma non abbiamo progetti, noi siamo con loro. Frère Roger ha costruito questa fiducia con molta pazienza. Vi ricordate ai tempi del regime sovietico quando ho proposto di inviare un milione di nuovi testamenti? Bene ha funzionato. I camion sono andati a Leningrado, a Mosca, a Minsk, a Kiev. Essi consegnavano alle chiese ortodosse. Essi hanno potuto vivere? un?incredibile avventura». Tutti insieme siamo i successori di Frère Roger Umiltà sempre, quando Frère Aloïs ricorda lo spirito di Taizé: «La fiducia è nata tra le chiese diverse. I giovani vengono qui e ripartono con un senso più forte delle loro radici, delle loro origini, anche confessionali. Noi li rimandiamo nelle loro chiese locali, ci rifiutiamo di creare un movimento di Taizé. È essenziale ed è necessario sempre osservare questo poiché per avanzare nella fede c?è bisogno di una comunità locale, quella in cui siamo stati battezzati. Taizé non può essere il punto di riferimento. L?incontro a Taizé con la comunità, per i giovani, dev?essere solo un invitato a un?apertura più grande alle altre chiese e confessioni». Umiltà ancora, quando Frère Aloïs evoca il dolore nel momento del passaggio del testimone nell?agosto scorso: «Frère Roger aveva preparato tutto, senza preparare niente! Ciò è avvenuto naturalmente. Egli non mi ha mai spiegato ciò che io avrei dovuto fare. Nemmeno ai fratelli. Ci ha incoraggiati. Io sono il primo successore, certo, posso dire che sono felice di questo compito, ma questa felicità mi viene dalla comunione tra noi fratelli. Ero a Colonia alle Giornate della Gioventù quando sono stato avvertito della morte di Frère Roger; sono partito subito e sono arrivato prima della preghiera del mattino. Un fratello mi ha accolto e mi ha detto: ?Tu devi cominciare immediatamente?. Sono andato in chiesa e ho preso il posto di Frère Roger. Dopo ho abbracciato tutti i fratelli. Ci siamo chiesti se fosse necessario fare una cerimonia speciale e abbiamo risposto di no. Era stata già fatta. E al di là delle mie responsabilità personali, mi preme dire che tutti insieme abbiamo raccolto l?eredità di Frère Roger». La sua vita, come la sua morte: inattesa La sua eredità va al di là della sola comunità dei Fratelli. Orsi Hardi, 31 anni, educatrice è arrivata a Taizé dall?Ungheria sette anni fa con suo marito Ferenc. Entrambi genitori di tre ragazze, di cui l?ultima è nata in Francia, potrebbero parlare per ore della loro esperienza. Orsi e il Ferenc hanno accettato di rimanere a Taizé per gestire l?intendenza e accogliere le famiglie, su richiesta del fondatore, il quale rinnovava regolarmente la sua richiesta, lasciando loro, tuttavia, la totale libertà di ritornare a Budapest. Orsi considera: «Perché Frère Roger è deceduto con una tale brutalità, con quell’atto violento perpetrato nella chiesa che egli amava tanto?La sua vita è stata come la sua morte: inattesa. Cos?è che ci dà la forza, la voglia di continuare? Secondo me l?idea che la vita è più forte della morte l?abbiamo vissuta molto concretamente, quasi fisicamente. Il male ha avuto per soli due secondi un piccolo spazio, ma la gente ha continuato a pregare e possiamo testimoniare che le tenebre non hanno vinto. In chiesa c?era del sangue, la polizia, fotografi. Ci siamo sentiti superati insieme agli altri, alle circa 3mila persone che erano sulla collina. Che cosa sarebbe successo l?indomani? Sin dall?alba un piccolo gruppo si era riunito spontaneamente . Alcuni fornitori ci hanno detto che in quel giorno non avrebbero fatto pagare il cibo, perché volevano in questo modo dimostrare la loro solidarietà. Con uno di essi ho scaricato 10mila bottiglie d?acqua». Orsi e Ferenc si sono chiesti se dovevano restare. Frère Aloïs disse loro che sarebbe stato felice di saperli lì per tutto il tempo che volevano rimanere come volontari. Essi scelsero di rimanere. Anche loro sono grati per l?opera di Frère Roger e ricordano: «L?Ungheria e gli altri paesi dell?Europa dell?Est ex comunisti conoscono i fratelli da molto tempo e si ricordano il periodo di clandestinità. Nel 1985 Frère Roger era arrivato a Budapest, ma gli proibirono di parlare. In una chiesa stracolma, egli si presentò comunque e rimase a pregare senza aprire bocca. Allora abbiamo capito quanto il silenzio parla. Dopo la sua sepoltura abbiamo provato lo stesso brivido, sentendolo qui di nuovo in silenzio. Un silenzio che oggi ancora emoziona forte. In questa morte è il silenzio che parla, che ci scuote e ci sveglia». Allargare, allargare sempre Allargare quindi. Allargare sempre, ma cercando l?unità. Frère Émile appena cinquantenne, sveglio lo è sempre stato e fiducioso nel futuro: «Come non rallegrarsi nel vedere tutti questi giovani pregare, ma siamo coscienti dell?urgenza di cercare nuove vie per far sopraggiungere la primavera della Chiesa. Allora bisogna spendere molta energia per garantire l?accoglienza, organizzare gli incontri europei – quest?anno si terranno a Zagabria- e gli incontri in altri continenti come quello previsto a Calcutta. È una risposta all?appello di Frère Roger che nel suo ultimo messaggio parlava di allargare. Purtroppo non ebbe la forza per finire la frase. Che cosa bisogna allargare? Forse lo spazio in sé, per una maggiore speranza». Un altro fratello, JeanMarie di origini americane, 47 anni, esprime così i suoi sentimenti: « Il modo in cui egli è morto permette forse di misurare meglio ciò che era una vita ricevuta. Mai nella facilità, anche in una giornata primaverile come oggi, dove tutto sembra andare da se». Anche JeanMarie, compositore e liturgista, si sente incoraggiato e spinto in avanti dagli avvenimenti: «Siamo tre fratelli e tutti e tre componiamo. Il nostro obiettivo è quello di rinnovarci sempre. Senza dimenticare i fratelli che ci hanno preceduto nella preghiera, però ?bisogna andare avanti se no si va indietro? diceva san Bernardo». Per questo fratello JeanMarie e i suoi compagni continuano a comporre delle canzoni di una semplicità biblica, «cercando di non fare preghiere per esperti, bensì per tutti al fine di esprime a Dio un qualcosa di condiviso dal maggior numero possibile di fedeli». Frère Émile ricorda cosa diceva al proposito Frère Roger: «Il Cristo si rivolge a ognuno di noi, qualsiasi persona noi siamo e indipendentemente da dove veniamo». I giovani, un fiume ininterrotto Allargare quindi, allargare ma cercando l?unità. Questo è stato il carisma del fondatore e questo è l?obiettivo del nuovo priore Frère Aloïs che parla con il cuore: «Noi tutti stiamo elaborando il lutto e contestualmente sta crescendo la riconoscenza. È un?esperienza straordinaria che facciamo tutti insieme, Frère Roger attraverso la morte ci ha uniti. Al di là di questo però sono personalmente molto toccato di come i giovani continuano ad affluire qui. Succede qualcosa di stupefacente che non si può capire senza il Vangelo. Tutto a Taizé dipendeva da Frère Roger. Egli non ha solo fondato questa comunità nel 1940, ma ha continuato a fondarla per tutta la vita sino al suo ultimo respiro. Nello stesso tempo è chiaro che questo dipendeva da un Altro. Questo ci ha rivelato il tempo». Chi era Frère roger Schutz-Marsauche (questo il suo nome completo) era nato in Svizzera nel 1915. Arrivò a Taizé durante la Seconda Guerra Mondiale, sulla linea di demarcazione che divideva in due la Francia dove cominciò l’accoglienza dei rifugiati che fuggivano la guerra. Il giorno di Pasqua del 1949 Frère Roger e i fratelli si impegnarono per tutta l?esistenza al celibato e a una vita comune in grande semplicità. Frère Roger è morto il 16 agosto 2005 ucciso durante la preghiera serale. La regola Taizé è una comunità ecumenica internazionale. Oggi conta un centinaio di fratelli cattolici e di varie chiese protestanti che provengono da 25 nazioni. Il cuore della vita a Taizé è la preghiera comune svolta tre volte al giorno. I fratelli vivono del loro lavoro. Non accettano doni o eredità. Alcuni vivono in piccoli gruppi – ?fraternità? – tra i più poveri.

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