Politica

A Susa i binari divergono

Sulle montagne piemontesi un’opera faraonica. Per la giunta di sinistra sarà un antidoto all’invasione di Tir. Per alcuni docenti invece i conti non tornano. E la popolazione è con loro

di Ida Cappiello

Che il treno ad alta velocità in valle Susa (il tratto alpino della Torino-Lione) abbia contro tutta la popolazione locale, è cosa nota: 52 chilometri di tunnel scavati nella montagna amiantifera farebbero paura a chiunque. Però adesso la neogiunta di sinistra regionale deve fare i conti anche con un?opposizione insolita: quella degli intellettuali della stessa sinistra. E la materia del contendere non è l?impatto ambientale, ma la convenienza economica del progetto. Un gruppo di scienziati e accademici piemontesi (Claudio Cancelli del Dipartimento di Ingegneria aeronautica del Politecnico di Torino, Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, Marco Revelli dell?università del Piemonte orientale, Giuseppe Sergi dell?università di Torino, Angelo Tartaglia del Politecnico di Torino) ha duramente contestato la posizione del nuovo governo regionale a favore della Tav (linea treno ad alta velocità). E gli incentivi? «Abbiamo espresso in cinque punti le nostre preoccupazioni di carattere economico», spiega Marco Revelli, uno dei firmatari dell?appello. «Non credo che la galleria attirerà grandi volumi di traffico su ruote, per un motivo molto semplice: le merci partiranno e arriveranno comunque su gomma, solo che gli autotreni dovrebbero trasferirsi due volte dalla strada al treno, prima e dopo il tunnel. Un?operazione onerosa e antieconomica, che i trasportatori accetteranno solo se obbligati: ma i governi non hanno parlato di obblighi e nemmeno di incentivi». La questione ambientale è lasciata in ombra dagli studiosi, non perché i costi ambientali non ci siano, ma perché spesso vengono usati per sviare l?attenzione dai costi finanziari, sui quali è più difficile affrontare un dibattito non ideologico. «Queste opere faraoniche spesso vengono caricate di un valore simbolico: chi obietta viene accusato di opporsi al progresso dell?umanità», continua Revelli. «Invece la grandiosità può diventare un tallone d?Achille: comporta un orizzonte temporale troppo lungo per reggere i cambiamenti rapidissimi delle società di oggi. Forse tra quindici o venti anni, quando sarà pronto, il modello frenetico di mobilità su cui si basava sarà tramontato». Forse per non essere accusati di particolarismo, anche gli abitanti della valle, negli ultimi tempi, hanno portato in primo piano la questione della sostenibilità economica. «Non voglio certo sottovalutare i rischi per la salute», chiarisce Antonio Ferrentino, presidente della Comunità montana Bassa valle di Susa e rappresentante del Comitato istituzionale sulla Tav. «Qui parliamo di 15 milioni di metri cubi di roccia a rischio amianto e uranio, generati dallo scavo, metà dei quali sarà sparso nella valle. Il territorio sarà devastato, e non per qualche anno, ma per due decenni. Ma il problema vero è che si tratta di un sacrificio inutile. Abbiamo commissionato uno studio alla Polinomia, una società milanese che ha lavorato sugli stessi dati usati dalle Ferrovie italiane, dal quale risulta, tra l?altro, che il supertreno sposterebbe solo l?1% del traffico merci su gomma. La cosa non mi ha sorpreso: nel 2004 era stata inaugurata un?altra linea ferroviaria lunga 20 chilometri, da Orbassano alla Francia, che ha sempre viaggiato vuota. Lavora solo in questo periodo perché è chiuso il tunnel autostradale del Frejus». In altri termini, l?uso della ferrovia non sarebbe sufficiente a ripagare i costi dell?investimento e tanto meno della gestione. «I costi potrebbero essere a pareggio solo se sulla linea transitassero almeno 40 milioni di tonnellate di merci all?anno: 350 treni al giorno, uno ogni 4 -5 minuti, alla velocità di 150 km orari», continua Ferrentino. «Bisognerebbe costringere i flussi di merci che ora attraversano i confini in diversi punti a concentrarsi su di un unico tunnel, cosa molto difficile. Quindi la gestione sarà per molti anni in perdita, da coprire con denaro pubblico». Come fece Cavour Le grandi opere comportano sempre una scommessa sul futuro, risponde l?assessore ai Trasporti della Regione Piemonte, il diessino Daniele Borioli. «Quando Cavour ha progettato le ferrovie, non avrebbe mai immaginato lo sviluppo e l?utilizzo che hanno ora», esordisce Borioli. «40 milioni di tonnellate è la previsione di merci al 2020 fatta da Ltf, la società italo-francese che progetta l?opera, e Conferenza intergovernativa italo-francese. Si inserisce in una volontà complessiva che è quella di trasferire tutto il traffico dalla gomma al ferro. Si tratta di un?opera costosa, è vero, ma anche i Tir sulle strade, i rischi, l?inquinamento e gli incidenti sono costosi. E hanno sicuramente un impatto maggiore sul territorio». Quanto alla difficoltà di spostare il traffico dalle ruote ai binari, bisogna prima costruire la struttura e poi agire, dice Borioli. «La previsione di passaggio dalla gomma al ferro dell?1% è limitata. Non tiene conto del fatto che la nuova infrastruttura, quando ci sarà, sarà usata. In Svizzera, ad esempio, il transito delle merci sulle Alpi avviene solo su ferro e anche le direttive europee in questo senso sono molto chiare. Quando la Torino – Lione sarà ultimata, si potranno mettere in atto una serie di provvedimenti normativi che costringono le merci a transitare su ferro e non su gomma. è uno sviluppo che non riguarda solo la val di Susa, ma l?intero arco alpino».


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