Non profit
A Sharm Pechino seduce l’Africa
In corso in Egitto il Forum sino-africano: annunciati 10 miliardi di prestiti e abbattimento dei dazi
Dieci miliardi di dollari in prestiti agevolati. Così la Cina raddoppia il suo impegno in Africa. Ad annunciarlo al vertice sino-africano che si conclude oggi a Sharm el-Sheikh è stato il premier cinese Wen Jiabao.
Il gigante giallo si è presentato alla quarta edizione del Focac (Forum on China-Africa cooperation) con un piano in otto punti, che comprende un’assistenza finanziaria all’Africa che è il doppio rispetto all’ultima edizione del Forum del 2006: 10 miliardi di dollari in prestiti agevolati, di cui 5 per incoraggiare le aziende cinesi a investire in Africa.
Nel pacchetto offerto ai governi africani, accanto a interventi di cooperazione classici come la cancellazione del debito estero, c’è l’abbattimento dei dazi commerciali sulle merci provenienti dai Paesi più poveri, programmi per le energie pulite, formazione e scambi culturali.
«Il sostegno della Cina allo sviluppo dell’Africa è reale e solido e, nel futuro, non importa quali turbolenze interesseranno il mondo, la nostra amicizia per il popolo dell’Africa non cambierà» ha detto Jiabao durante il vertice in Egitto.
Intanto, a far suonare il campanello d’allarme in Europa e Stati Uniti è il volume colossale di interscambio commerciale raggiunto fra Cina e Africa: 106 miliardi di dollari nel 2008.
«Il vero assalto all’Africa da parte della Cina è avvenuto intorno alla metà degli anni 90, anche se l’inizio dell’attuale penetrazione economica nel continente risale almeno agli anni Sessanta» afferma lo storico africanista Angelo Del Boca. In poco più di un decennio si sono istallate in Africa 800 aziende cinesi che gestiscono oltre 900 progetti soprattutto nel settore delle risorse e delle infrastrutture.
La prima edizione del Focac si è svolta a Pechino nel 2000 in un clima internazionale di relativa indifferenza. Del resto all’epoca il volume degli scambi tra il gigante asiatico e il continente africano superava appena i 10 miliardi di dollari.
Nel 2003 tocca all’Etiopia ospitare il vertice e anche in questo caso l’Occidente segue distratto l’evento.
Nel frattempo dal 2002 al 2005, il totale degli scambi commerciali fra l’Africa triplica passando da 12,39 a 39,8 miliardi di dollari. Nel 2006 raggiunge i 55 miliardi.
Il resto del mondo sembra accorgersi di quanto l’Africa sia diventata “gialla” all’improvviso, nel novembre del 2006, quando il Focac riunisce a Pechino capi di stato e di governo di 48 Paesi su 53 del continente africano. Dalla capitale cinese il premier Zen Jiabao annuncia un impressionante pacchetto di aiuti e investimenti e dichiara un obiettivo: portare il volume commerciale degli scambi con l’Africa a 100 miliardi di dollari entro il 2010. All’inizio del 2008 Pechino annuncia che l’obiettivo è già stato raggiunto, con due anni di anticipo.
Secondo un recente rapporto della ricercatrice francese Valérie Niquet la Cina dispone di delegazioni commerciali in 49 Paesi africani mentre la Francia ne conta solo 11. Gli Stati Uniti, dal canto loro, sono impegnati in un testa a testa sempre più duro per l’approvvigionamento del petrolio africano.
La fame di materie prime e la volontà di trovare sbocchi commerciali per i propri prodotti sono le molle più evidenti dell’interesse della Cina nei confronti dell’Africa. A dimostrarlo sono le importazioni dello scorso anno: quelle relative a petrolio e materie prime sono state pari a 56 miliardi, il 54% in più rispetto al 2007.
Ma negli ultimi tempi la Cina sta diversificando le sue relazioni con l’Africa. Nel 2009 il presidente cinese Hu Jintao ha inaugurato il nuovo anno con una visita in Senegal, Mali, Tanzania e Mauritius, Paesi non particolarmente ricchi di materie prime. Simultaneamente il ministro degli Esteri Yang Jiechi visitava Uganda, Ruanda, Sudafrica e Malawi. In Tanzania uno degli ultimi accordi messi a segno dai cinesi è l’acquisizione del 50% della compagnia aerea di Stato. «Uno degli aspetti che la Cina sta curando adesso è quello dei grandi nodi commerciali» afferma il direttore dell’Osservatorio Africa dell’Ispii Gianpaolo Calchi Novati. «A est la Tanzania e a ovest il Senegal possono essere visti in questa chiave. Non bisogna dimenticare che il porto di Shanghai è il più importante del mondo per il traffico delle merci. È interesse della Cina stabilire una rete commerciali con approdi nel continente africano, e questo è un punto sul quale la Francia sta molto intervenendo nei suoi rapporti con l’Africa, cercando di salvare il salvabile dei suoi rapporti con le ex colonie visto che molte posizioni strategiche della Francia erano già state catturate dagli Stati Uniti».
La Cina resta sotto accusa a livello internazionale per il sostegno dato ai governi del Sudan e dello Zimbabwe responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. A Sharm sono presenti i presidenti di entrambi i Paesi: Omar Al Bashir e Robert Mugabe. Anche se agli osservatori più attenti non sfugge, accanto alla diversificazione degli interessi commerciali, un cambiamento di strategia politica. «La Cina ha dimostrato negli ultimi tempi di avere un rapporto meno a senso unico con il governo sudanese e tra l’altro di recente ha stabilito a Nairobi anche dei rapporti con governo del Sud Sudan» fa notare Calchi Novati. «Dopo aver minacciato più volte il veto, alla fine Pechino ha approvato la risoluzione dell’Onu che prevedeva una forza di interposizione in Darfur. Tra l’altro la Cina è uno dei pochi Paesi che ha mantenuto l’impegno finanziario di rafforzare questo corpo di peacekeeping, mentre molti Paesi occidentali che hanno parlato molto quando si trattava di votare la risoluzione in antitesi al presidente sudanese Omar al Bashir, non l’hanno ancora fatto».
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