Cultura
A scuola i figli dei key workers: ma nessuno sa chi sono
Nessuno sa con esattezza chi siano i lavoratori "essenziali" che hanno diritto a chiedere di frequentare in presenza. E il diritto cessa se uno dei due genitori è in smart working? I presidi scrivono al Ministero: «Se la didattica in presenza per i figli dei key worker è un diritto, inaccettabile rimettere ai dirigenti scolastici la decisione di quali categorie accettare»
Ieri abbiamo dato la notizia in anteprima nazionale che anche in zona arancione scuro alcune categorie di alunni hanno il diritto alla didattica in presenza. Si tratta degli alunni con disabilità o con bisogni educativi speciali e degli alunni figli di personale sanitario, di RSA, delle forze dell’ordine e del personale scolastico. E di altri lavoratori ritenuti essenziali (key worker). Il problema è che ancora oggi nessuno sa definire con chiarezza chi siano questi lavoratori essenziali.
Nella nota 1990 del 5 novembre 2020 del Ministero dell’Istruzione non lo precisava. E non lo fa nemmeno la nota del 4 marzo 2021 di cui abbiamo scritto ieri. È come se il Ministero avesse riconosciuto il diritto alla didattica in presenza, ma non avesse fornito le istruzioni affinché questo diritto possa essere esercitato. Così ogni dirigente scolastico si è ritrovato a dare delle risposte disomogenee e arbitrarie. Oltre a non essere evidente quali siano le figure che possano essere definite “essenziali”, non è nemmeno chiaro se il diritto alla didattica in presenza per i figli dei key worker cessi qualora uno dei genitori lavori in smart working. Anche le scuole materne e le elementari e medie paritarie e private brancolano nel buio.
I presidi scrivono al Ministero: «fate chiarezza»
A tale proposito, poco fa, è intervenuta anche l’Associazione Nazionale Presidi con una nota rivolta al Ministero dell’Istruzione. «Non riteniamo accettabile – si legge nel documento – soprattutto nello scenario in rapido peggioramento che caratterizza la situazione pandemica attuale, rimettere ai dirigenti scolastici l’individuazione delle categorie di cittadini legittimate a fruire della didattica in presenza per i propri figli». In pratica, come sottolinea l’ANP, dato che la nota «non opera alcuna precisazione sui parametri da assumere a riferimento per valutare le singole istanze», non possono essere i singoli presidi a decidere. «Se la didattica in presenza per i figli dei key worker costituisce un diritto, dice l’Associazione Nazionale Presidi, occorrono delle improcrastinabili precisazioni. «Abbiamo chiesto al Ministero dell’istruzione di intervenire urgentemente sulla questione, già molto sentita in vaste aree del Paese, emanando il previsto “atto dispositivo”».
A chi spetterebbe
Come aveva spiegato a Vita.it la professoressa Sandra Scicolone, dirigente dell’Associazione Nazionale Presidi, per individuare la categoria di “lavoratore essenziale” occorre rifarsi alle categorie ATECO individuate in occasione nel primo DPCM, cioè quelle considerate attività produttive essenziali anche durante il lockdown di marzo 2020: a titolo esemplificativo (ma non esaustivo) si ricorda che oltre ai sanitari, tra questi c’era anche il personale impiegato nella grande distribuzione (supermercati) nei trasporti, nella banche, nelle poste. Inoltre, l’anno scorso non rientravano nella categoria le maestre di asilo nido o di scuola dell’infanzia e primaria, ma oggi anche queste potrebbero essere considerate figure essenziali se la struttura presso la quale lavorano resta aperta. E quindi la didattica in presenza dovrebbe essere garantita anche per i loro figli, qualora la scuola fosse in DAD. Ad oggi non esiste un elenco pubblico e aggiornato di questi codici ATECO.
L'Anci a Regione Lombardia
Anche per quanto riguarda Regione Lombardia, la cui chiusura della scuole è scattata oggi, insieme all’ingresso in zona arancione forte, ci sono pochissime indicazioni. Per questo, alle 17 di venerdì 5 marzo, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) ha sollecitato il Presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana e l’Assessore all’Istruzione di Regione Lombardia, Fabrizio Sala, a fornire urgenti delucidazioni. «Chiediamo dunque una chiara definizione delle categorie di lavoratori i cui figli possano essere accolti a scuola, con particolare riguardo anche alle categorie dei key worker, indispensabili per il funzionamento dello stesso sistema scolastico». Nella missiva si legge: «dalle scuole arriva anche la richiesta di precisare se basti uno dei genitori impiegato nei servizi essenziali così come saranno definiti, o sia necessario che entrambi lavorino in quegli ambiti per poter chiedere la frequenza alla scuola in presenz». Un dubbio interpretativo del quale avevamo scritto su Vita proprio ieri. L’Anci aggiunge inoltre: «le educatrici e gli educatori dei nidi hanno a loro volta figli piccoli e abbiamo verificato che il servizio faticherà ad essere garantito».
Per approfondire questo tema vedi anche:
Alunni disabili e figli di key workers: in presenza anche in arancione scuro
4 marzo 2021
http://bit.ly/3sTNVhR
Zona rossa: alunni disabili e figli di key worker possono restare in presenza
15 gennaio 2021
Photo by Markus Spiske on Unsplash
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