Formazione

A rischio business l’Europa dello sport

Le attività sociali stentano in molti Paesi, tra cui l’Italia. Di fronte all’inesorabile avanzata delle televisioni, Francia e Germania varano programmi di aiuto alle associazioni. Mosella (Csi): «Il

di Pasquale Coccia

Lo sport sociale si sta sgretolando sotto il peso schiacciante dello sport spettacolo. L? aumento vorticoso degli introiti derivanti dalla spettacolarizzazione degli sport e la conseguente ?televisizzazione? degli eventi sportivi, rendono sempre più precarie le condizioni in cui operano le organizzazioni europee impegnate nella promozione dello sport per tutti. A lanciare l?allarme è la Commissione Prodi, che ha analizzato lo stato di salute dello sport sociale nell?Unione. «L?evoluzione dello sport in Europa rischia di condurre all?indebolimento della sua funzione educativa. La logica commerciale, lo sport inteso come lucro, mettono a rischio la sua funzione sociale. Inoltre la pressione dei campionati e delle manifestazioni sportive, aumenta la necessità di fare risultati e il ricorso al doping » denuncia la Commissione. Eppure i dati confortanti non mancano: sul territorio europeo operano complessivamente 700 mila associazioni sportive e ben 2 milioni di persone tra allenatori, dirigenti e volontari, che dedicano il loro tempo libero alla promozione dello sport per tutti. Sono invece i dati sullo sport spettacolo a non lasciare vie di uscita: nel ?99 sono stati organizzati su territorio europeo ben 77 campionati mondiali e 102 campionati europei nelle diverse discipline, mentre l?ultima edizione dei campionati mondiali di calcio in Francia ha fatto registrare 37 miliardi di telespettatori con una media di 600 milioni di teleutenti per ogni partita. Un calendario di appuntamenti che negli ultimi 10 anni ha fatto crescere del 60% i posti di lavoro di coloro i quali hanno a che fare con il mondo dello sport agonistico, creando circa 2 milioni di occupati in più, ma ha anche triplicato, nell?ultimo decennio, gli introiti delle organizzazioni sportive derivanti dai diritti televisivi del Comitato olimpico internazionale (Cio): da 441 milioni di dollari, si è passati a 1318 milioni. A fronte di questo quadro, dove lo sport spettacolo svolge un ruolo dominante, perché campo di interessi commerciali di vari potentati a scapito dello sport sociale, l?Unione ha esplicitamente sollecitato la costituzione di un «partnerariato formato da iniziative convergenti tra Istituzioni europee, Stati membri e le organizzazioni sportive». Una convergenza che altrove, come in Francia e Germania, ha spinto lo Stato a tutelare sul piano legislativo le associazioni impegnate nella promozione, che in altri casi, come nei Paesi del Nord Europa, sono emanazione diretta degli organismi statali. E in Italia ? «La risoluzione rappresenta un segnale positivo», afferma Donato Mosella del Centro sportivo italiano (Csi). «In Italia lo sport per tutti è lasciato alle capacità di autorganizzazione delle associazioni, che di volta in volta inventano iniziative, ma il ruolo educativo dello sport non può essere ridotto a momento ricreativo». Il Csi chiede «una programmazione sul territorio e soprattutto nelle aree dove vi sono giovani a rischio». I modelli sportivi prevalenti presso i giovani, «sono quelli dei campioni: soldi e notorietà». In Italia, prosegue Mosella «lo sport sociale assolve alla sua funzione se supportato nei fatti, come avviene in altri Paesi europei. Ma il Coni che cosa fa?». L?approvazione, ormai prossima, del nuovo Statuto del Coni prevede anche l?operatività del ?Comitato nazionale sport per tutti?, che opportunamente finanziato dal comitato olimpico, dovrebbe consentire agli enti di promozioni, così come alle Regioni e agli Enti locali in genere, di approntare una politica comune . Se il Coni non bleffa. Italia in grande ritardo La risoluzione dell?Unione Europea costituisce un decisivo passo avanti nel riconoscimento del ruolo svolto dallo sport sociale. Ma il sistema sportivo italiano continua a rappresentare un vero paradosso e un?anomalia nel panorama europeo. In Scandinavia esiste un?organizzazione dello Stato che si occupa dello sport per tutti. In Francia dipende dal ministero dello Sport e della Gioventù. In Germania e in Spagna si registra una delega totale alle autonomie locali in materia di sport sociale, ai lander sono desinati il 98% dei finanziamenti per lo sport. Mentre in Italia e in Portogallo il 40% delle risorse finaziarie si concentra nelle istituzioni sportive che si occupano esclusivamente dello sport agonistico di alto livello e solo il restante 60% è indirizzata, attraverso gli enti locali, le Regioni, alla costruzione di impianti e allo sport per tutti, insomma, all?intero movimento sportivo. Questo determina uno squilibrio delle risorse tra l?Italia e gli altri Paesi europei e, nel nostro Paese, tra le le risorse destinate allo sport sociale e quelle gestite dal Coni. Necessita un riequilibrio urgente se si vogliono mettere in pratica le raccomandazioni del Consiglio dell?Unione europea, altrimenti l?Europa resterà una volta di più solo una bella idea. Una parte dei proventi dello sport spettacolo, potrebbero essere destinati allo sport per tutti. Il ministro Melandri ha manifestato pubblicamente la sua volontà. Ma in Francia, tutto questo è già operativo grazie a una legge dello Stato. rappresentante italiano del Comitato Europeo sport per tutti


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