Mondo

A Riace si guadagna con l’accoglienza

La rinascita è coincisa con lo sbarco dei profughi

di Elisa Cozzarini

Dieci anni fa a qui non c’era più nemmeno una macelleria. Oggi, dopo l’adesione al programma per i richiedenti asilo,
ci sono due bar. E il turismo solidale è decollato La Calabria di Rosarno è la stessa che sei mesi fa ha varato la prima legge regionale in Italia per l’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati. «Sono le contraddizioni profonde di questa terra, dove convivono il meglio e il peggio del nostro Paese», afferma Gianfranco Schiavone, dell’Asgi – Associazione studi giuridici sull’immigrazione, triestino, uno dei padri della legge calabrese. «Ma oggi, purtroppo, prevale il peggio. Le esperienze positive, troppo circoscritte, sono lasciate alla buona volontà dei singoli, come il sindaco di Riace», prosegue Schiavone. La legge regionale sull’accoglienza dei rifugiati prevede l’approvazione di un piano attuativo triennale, che non ha ancora visto la luce. Intanto la scadenza elettorale si avvicina ed è sempre più improbabile che il piano venga emanato in tempo.
La norma è nata sulla scia dell’esperienza di accoglienza di Riace, Badolato, Caulonia e altri piccoli comuni della costa jonica, che da più di un decennio hanno visto nell’arrivo di nuovi cittadini un’opportunità di rinascita locale. «Nel 1998 è arrivato il primo barcone con trecento profughi dal Kurdistan», ricorda Domenico Lucano, il primo cittadino di Riace, «e quell’evento ha scosso le coscienze di tutti noi. La nostra terra, luogo di continue emigrazioni, è diventata la salvezza di chi fuggiva dalle guerre. Il loro arrivo è stato occasione di riscatto sociale per noi calabresi, perché dava valore a un posto senza speranza, che sembrava destinato allo spopolamento e all’abbandono». Dal 2001 il Comune di Riace aderisce allo Sprar, il Sistema nazionale di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Oltre ai kurdi, oggi accoglie circa 200 profughi da Eritrea, Etiopia, Somalia, Afghanistan, Ghana, Serbia e Palestina.
Il riconoscimento del diritto d’asilo spetta allo Stato, ma le Regioni possono avere un ruolo importante negli interventi di protezione, accoglienza e integrazione sociale. L’obiettivo della legge calabrese è avviare percorsi di riqualificazione e rilancio socio-economico, valorizzando le produzioni artigianali e promuovendo il turismo responsabile. «La norma è innovativa proprio perché non parla solo di accoglienza, ma prevede che i rifugiati diventino motore dello sviluppo del territorio», spiega Schiavone, «la Regione però dovrebbe fare azioni concrete per sostenere le piccole realtà, in crisi economica e sociale, che intendono rendere l’accoglienza un fattore di cambiamento. Oggi, ad esempio, Riace ospita una grande comunità palestinese (a cui mercoledì 13 si sono aggiunti 60 profughi, accompagnati a Riace dalla portavoce italiana dell’Unhcr Laura Boldrini, ndr). È chiaro che un Comune di appena 2mila abitanti, con poche risorse, non potrà offrire prospettive a tutti. Va bene per la prima accoglienza, ma poi manca una visione a lungo termine, con un respiro regionale e nazionale».
Sessanta chilometri e un abisso separano Riace da Rosarno. «Lì l’arrivo degli stranieri è stato visto come opportunità di sfruttamento, a vantaggio della mafia», osserva amaramente Lucano, «noi cerchiamo invece di riempire sacche di rassegnazione e dare una nuova forza vitale alla nostra terra, nella legalità. Altrimenti che senso ha rimanere qui? Dieci anni fa a Riace non c’era più nemmeno una macelleria, oggi ci sono due bar, si sta sviluppando il turismo solidale, abbiamo una bottega di tessitura e una di ceramica». Questa storia è così bella che non sembra vera, tanto che Wim Wenders ne ha fatto un film, Il volo, di prossima uscita. A Berlino, il regista tedesco ha dichiarato: «La vera utopia non è la caduta del muro, ma quello che è stato realizzato in Calabria». Un’altra Calabria.

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