Oltre a tutte le conseguenze sanitarie, in questa pandemia si stanno manifestando anche conseguenze sociali e culturali a causa delle quali – se nessuno se ne prende cura – rischiamo seriamente di uscirne più incattiviti di come vi siamo entrati.
Rispetto al tema dei vaccini, per esempio, si sono delineati due schieramenti granitici, incapaci di dialogare e di riconoscere reciprocamente le preoccupazioni degli altri, che vengono invece omologati in etichette onnicomprensive, che annullano la complessità e le articolazioni: si vax o no vax, senza mediazioni. Con insulti reciproci che raggiungono, da entrambe le parti, iperboli comunicative inascoltabili: dalla Meloni e altri nostalgici del fascismo, che parlano di “dittatura sanitaria”, a Zingaretti che, con un’insopportabile metafora bellica, paragona chi ha timore di vaccinarsi ai disertori di guerra (come se non fosse proprio la diserzione l’unica scelta giusta nella guerra, quella vera, non metaforica). [Già qui avevo provato a de-costruire le metafore belliche come narrazione della pandemia].
Non dico di ripassare la Filosofia del dialogo di Guido Calogero o il Principio dialogico di Martin Buber, ma almeno qualche manuale sulla gestione nonviolenta dei conflitti di Pat Patfoort, per non affrontare ogni tema delicato, attinente a questioni fondamentali – come, per esempio, la tutela della salute e dei diritti civili di tutte e di tutti – come una guerra (appunto). Da cui ne usciremo, magari vivi, ma sicuramente peggiori.
Come misura preventiva, per esempio, sarebbe saggio per tutti ascoltare i ripetuti appelli del Direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’ultimo a Tokyo, pochi giorni fa:
“I vaccini sono strumenti potenti ed essenziali, ma il mondo non li ha usati bene Finora sono state somministrate più di 3,5 miliardi di dosi a livello globale di vaccini contro il Covid e più di 1 persona su 4 ha ricevuto almeno una dose di vaccino. Questa può sembrare una buona notizia, ma in realtà maschera un’orribile ingiustizia: il 75% dei vaccini è stato somministrato in soli 10 Paesi, mentre nei Paesi a basso reddito solo l’1% delle persone ha ricevuto almeno una dose, rispetto a più della metà delle persone nei Paesi ad alto reddito” – ha spiegato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore dell’OMS – “Inoltre, alcuni dei Paesi più ricchi stanno ora parlando di un terzo richiamo per le loro popolazioni, mentre gli operatori sanitari, gli anziani e altri gruppi vulnerabili nel resto del mondo continuano a farne a meno. (…) L’incapacità globale di condividere vaccini, test e trattamenti contro il Covid, incluso l’ossigeno, sta alimentando una pandemia a doppio binario: i ricchi si stanno aprendo, mentre i non abbienti si stanno chiudendo. Più a lungo persiste questa discrepanza, più a lungo si trascinerà la pandemia e così anche le turbolenze sociali ed economiche che porterà. La tragedia di questa pandemia è che avrebbe potuto essere sotto controllo ormai, se il vaccino fosse stato distribuito equamente, ma la distorsione nella produzione prima e nella distribuzione poi ha amplificato le disuguaglianze”.
Finché si continuerà a dare la “caccia ai non vaccinati” (la Repubblica ha titolato proprio così, come si trattasse di animali) nel nostro paese – compresi i più giovani ed i guariti da covid-19 – mentre nel resto del mondo nessuna delle categorie a rischio ha accesso a vaccini, ospedali e strumenti di cura, da questa pandemia non se ne esce davvero da nessuna parte. Bisognerebbe provare ad alzare la testa ed allargare lo sguardo, invece di cominciare la guerra civile. [Qualche settimana fa, nel mio piccolo, provavo a spiegarlo così: leggi qui ]
Infine – a proposito di guerra – se le manifestazioni in tutta Italia contro il green pass fossero avvenute tutte le volte che negli ultimi dieci anni il finanziamento pubblico al Servizio sanitario nazionale è stato tagliato, per un totale di oltre 37 miliardi, mentre nello stesso periodo la spesa pubblica militare è schizzata a 26 e passa miliardi annui con un aumento di oltre il 20%, oggi probabilmente non ci sarebbe bisogno di green pass. Per esempio, per un caccia F-35 si spende la stessa cifra che serve per allestire circa 3000 posti letto in terapia intensiva, eppure sono stati acquistati 90 esemplari dei primi e sono stati chiusi circa 200 ospedali, tagliati 45 mila posti letto, ridotto di 10 mila unità il personale medico e di 11 mila quello infermieristico.
E, mentre questo accadeva, le piazze erano vuote
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