Sarà mai possibile che ogni giorno, da mattina a sera, si debba parlare della nave Concordia? Per carità, è stata una sciagura indicibile quella dell’isola del Giglio, non foss’altro perché è morta gente innocente. Ciò che però trovo riprovevole è l’accanimento mediatico. Sì, come al solito la “spettacolarizzazione” del dramma si è concretizzata nelle prime pagine dei giornali, ma soprattutto nei soliti “talk show” con ricostruzioni fantasiose e ospiti di tutti i generi. La storia, d’altronde, dove essere sempre ben “cucinata” per il volgo, perché tra i giornalisti e gli editori del Bel Paese (e non solo…) è ben radicata la convinzione che alla gente piacciono le storie misteriose e imprevedibili negli sviluppi. Soprattutto quando c’è un “monstrum” da massacrare come il comandante Schettino. Intendiamoci, non lo voglio affatto assolvere per le sue negligenze, ma sembra che questo signore sia diventato una sorta di parafulmine dove scaricare le frustrazioni di un Paese alla deriva. Come mai invece, quando si tratta delle sgangherate carrette che attraversano il Mare Nostrum – tra parentesi, molte volte scomparse nel nulla col loro carico umano – tutto si riduce a raccontare l’algida cronaca? La verità è che ci sono naufraghi di sere “A” e naufraghi di serie “B”. In effetti, quelli che vengono dall’Africa, non hanno le cassette di sicurezza piene di gioielli e soprattutto avvocati in grado di difendere i loro diritti. Dimenticavo una cosa in tutto questo ragionamento: gli equipaggi delle carrette di cui sopra, a differenza della Concordia, vorrebbero finire almeno sugli scogli, ma solitamente vanno a fondo prima…
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