Mondo

A proposito del Sinodo Africano e della crisi guineana…

di Giulio Albanese

Cari amici lettori, iniziano questa mattina i lavori della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi sul tema: “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. ‘Voi siete il sale della terra … voi siete la luce del mondo’ (Mt 5, 13.14)’. Si tratta di un evento da non perdere, un tempo e uno spazio di confronto e discernimento per affrontare i nodi più controversi per la Chiesa e la società del continente. E come succede solitamente alla vigilia di un appuntamento così importante, l’augurio che rivolgiamo col cuore e con la mente ai padri sinodali è che sappiano offrire delle indicazioni profetiche rispetto ai grandi temi in agenda: quelli della riconciliazione, della giustizia e della pace. Intanto, proprio dall’Africa arrivano brutte notizie. A parte le solite tragiche vicende che affliggono il Corno d’Africa, è esplosa in questi giorni una crisi gravissima nella Guinea Conakry a seguito di una feroce repressioneperpetrata dalla giunta militare del capitano Moussa Dadis Camara ai danni dell’opposizione. Ieri, per bocca del suo ministro degli esteri, Bernard Kouchner, il governo di Parigi ha fatto sapere di non essere assolutamente disposto a collaborare con il leader golpista. Il capo della diplomazia francese ritiene che il pericolo maggiore sia quello diuna vera e propria guerra civile e ha fatto sapere che la Francia sta lavorando a una forma d’intervento internazionale in accordo con l’Ecowas, la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale. A distanza di pochi anni dalla fine dei conflitti in Libera e Sierra Leone, le proteste dei guineani contro i militari dimostrano che i problemi di fondo nell’intera regione sono ben lontani dall’essere risolti. Ricchissimadi risorse energetiche e minerarie, la Guinea possiede i 2/3 delle riserve mondiali di bauxite, oltre a giacimenti d’oro e di diamanti, terre fertili e sorgenti d’acqua; avrebbe dunque tutte le carte in regola per essere un paese florido. Eppure l’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà mentre gli interessi stranieri, legati soprattutto al business delle materie prime, sembrano acuirsi a dismisura rappresentando un fattore altamente destabilizzante. Proprio per queste ragioni, ieri Benedetto XVI, al termine dell’Angelus, ha invitato tutte le componenti politiche e militari al dialogo, alla riconciliazione dicendosi certo che non si risparmieranno gli sforzi per raggiungere un’equa e giusta soluzione. Sta di fatto che questa ennesima crisi che si è aperta nel settore occidentale dell’Africa fa tremare. Sì, al solo pensiero che possa rievocare quella ruandese esplosa proprio in coincidenza col primo sinodo africano svoltosi a Roma nell’aprile del 1994.Personalmente credo che la preghiera sia il miglior antidoto contro questi oscuri presagi, nella consapevolezza però che la comunità internazionale non può stare alla finestra a guardare.Ciò esige un atteggiamento diverso, davvero rinnovato, soprattutto da parte nostra. E sì perchénell’inconscio collettivo occidentale, v’è sempre in agguato la tentazione di pensare che le storie africane non abbiano una trama riconoscibile, suscettibile di ragionamenti storici, di approfondimenti geopolitici o di teorizzazioni economico sociali. Eppure, a pensarci bene, l’Africa che questo sinodo porta alla ribalta, nonostante tutto, è la metafora delle contraddizioni del nostro povero mondo: povertà e ricchezza, fede e secolarismo, inferno e paradiso. E ogni volta che parliamo di questo grande continente, se siamo sinceri,finiamo per parlare di noi stessi.

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