Fin dai primi giorni della rivolta libica, sono circolate informazioni riguardanti la presenza di combattenti stranieri con caratteristiche somatiche ‘afro’, alcuni dei quali anglofoni, altri francofoni, altri ancora arabofoni. Ma chi sono questi militari, schierati a fianco delle truppe lealiste, prima impiegati nel soffocare le dimostrazioni di piazza e poi utilizzati dallo stato maggiore libico nella riconquista della Cirenaica con obiettivo finale Bengasi? Si tratta di mercenari al soldo del colonnello Muammar Gheddafi, veri professionisti della guerra, molti dei quali già in passato hanno combattuto in una sorta di legione straniera voluta dal rais per difendere i propri interessi in giro per il mondo, soprattutto nel continente africano. A scanso di equivoci, non stiamo parlando di un’organizzazione libica di reclutamento, come ad esempio nel caso della sudafricana Executive Outcomes, quanto piuttosto di un sistema militare messo a punto nel tempo dal regime. Tutto ebbe inizio durante la guerra fredda, nei pressi di Bengasi, quando venne istituito il ‘Centro Rivoluzionario Mondiale’ ( Wrc).
Basta leggere il saggio dello storico Stephen Ellis The Mask of Anarchy: The Destruction of Liberia and the Religious Dimension of an African Civil War per comprendere di cosa stiamo parlando. La Cia considerava il Wrc come un sito estremamente pericoloso, trattandosi di una base di addestramento per gruppi ribelli capaci di destabilizzare numerosi Paesi in cui Gheddafi intendeva affermare la propria egemonia geopolitica. SI pensi a Foday Sankoh, fondatore del Fronte Unito Rivoluzionario (Ruf), il movimento antigovernativo che negli anni 90 mise a ferro e fuoco la Sierra Leone. Fonti ben informate riferiscono che la tecnica di reclutamento dei ‘bambinisoldato’ venne suggerita a Sankoh durante i corsi al Wrc. Lo stesso vale per l’ex dittatore liberiano Charles Taylor il quale, a detta delle stesse fonti, dimostrò grande perspicacia non solo nell’apprendimento delle tecniche di combattimento, ma anche nello studio delle scienze politiche, che al Wrc si richiamavano agli ideali della rivoluzione libica. Attualmente, sono ancora in carica due capi di Stato africani passati per questa controversa accademia militare: il burkinabé Blaise Compaoré e il ciadiano Idriss Déby. Da rilevare che i corsi potevano durare da un periodo di poche settimane ad oltre un anno di studi e che erano aperti anche a reclute provenienti dalla lontana America Latina. Ad esempio, alcuni dei quadri del movimento sandinista di Manuel Ortega come anche delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) sono passati sui banchi del Wrc. Sta di fatto che con il trascorrere degli anni, Gheddafi ha gradualmente realizzato in Africa un vero network di uomini scaltri e sanguinari, disposti a difendere a pagamento i suoi interessi. In oltre quarant’anni di potere, lo scenario internazionale è mutato considerevolmente, ma l’entourage di Gheddafi è riuscito a mantenere buoni rapporti con gruppi e formazioni di varia estrazione, dalla Mauritania al Niger, dal Ciad al Ghana, dal Sudan alla Somalia, dall’Etiopia, alla Repubblica Centrafricana, dalla Liberia alla Sierra Leone, dalla Costa d’Avorio al Burkina Faso, fino allo Zimbabwe.
Insomma, un’area di reclutamento vastissima, dove il rais libico, in passato ma anche recentemente, ha stretto alleanze e combattuto al fianco o contro formazioni rivali. Per non parlare dei Zaghawa – presenti sia in Ciad (il presidente Déby è uno di loro) sia nel Darfur –, un’etnia che per anni è stata foraggiata dal Colonnello e al cui interno hanno operato in base stabile i servizi segreti libici. Ed è proprio questa la peculiarità del cosiddetto ‘sistema Gheddafi’: anziché dispiegare stabilmente i militari libici nei vari Paesi, grazie ai suoi agenti sul campo, ha sempre tenuto i collegamenti con gruppi di mercenari e formazioni armate.
Un’operazione d’ingaggio resa possibile da una quantità smisurata di denaro in possesso del clan presidenziale, un tesoro stimato attorno ai 70 miliardi di dollari, ricavato dal business degli idrocarburi di cui è ricchissima la Libia. Non è però sempre stato così: in alcuni casi infatti nell’Africa Subsahariana si è verificata una presenza relativamente stabile di militari libici, soprattutto istruttori, in aree sensibili come lungo il confine tra il Burkina Faso e la Costa d’Avorio. Fonti ben informate della società civile locale riferiscono che il movimento antigovernativo denominato Forze Nuove, attualmente impegnato nel sostenere il presidente internazionalmente riconosciuto Alassane Ouattara, sia tuttora finanziato e addestrato, almeno in parte, da Tripoli. Stabilito dunque che Gheddafi può disporre, pagando, di un’armata panafricana, come ha fatto a far confluire così tanti uomini in Libia in un lasso di tempo relativamente breve tra febbraio e marzo? Il quotidiano inglese The Guardian ha riportato la notizia, riferita da un comandante dell’aviazione di Gheddafi, di circa 4mila mercenari africani giunti in Libia già il 14 febbraio.
Secondo altri fonti, vi sarebbero stati addirittura collegamenti giornalieri tra la capitale ciadiana N’Djamena e Tripoli. L’inquadramento di queste truppe sarebbe avvenuto in centri militari quali al-mathaba al-alamiyya, il ‘Centro mondiale di lotta contro il razzismo e il fascismo’, una struttura di supporto a gruppi ribelli, nelle vicinanze di Tripoli. Successivamente, una buona parte di queste migliaia di soldati di ventura, che ricevono dai 350 ai 500 dollari il giorno, sarebbero stati inquadrati nella brigata comandata da Khamis Gheddafi, il figlio del rais a capo di un’unità speciale dei reparti di sicurezza. Va comunque precisato che sono ancora disparate le valutazioni sulla reale consistenza della legione straniera del rais. Jean-Philippe Daniel, dell’Institut des relations internationales et stratégiques (Iris) di Parigi, ritiene che i mercenari sarebbero gruppi di militari stranieri che collaborano con il regime da una trentina d’anni. All’inizio dell’insurrezione sarebbero venuti di propria iniziativa a vendere i propri servigi al Colonnello e non a seguito di un suo appello. In effetti, Gheddafi ha sempre avuto attorno a sé una rete di soldati altamente addestrati, provenienti un po’ da tutta l’Africa. Rimane il fatto che in Libia, a partire da giorni della sommossa popolare, sono giunte truppe aviotrasportate proprio per l’assenza di una ‘No-fly zone’ che, se fosse stata autorizzata in tempo dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, avrebbe facilitato l’avanzata della ribellione libica e forse scongiurato i raid aerei della coalizione internazionale di questi giorni.
(Giulio Albanese, Copyright Avvenire 2011)
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