Luoghi di incontro
A Palermo 10mila giovani sognano il primo Youth Center europeo
Il progetto del primo Youth Center europeo d'Italia è un circolo Arci in Sicilia frequentato da quasi 10mila ragazze e ragazzi. È la risposta all’esigenza di socialità di una città che spesso vede i giovani partire, un luogo dove trovare occasioni per conoscersi ed entrare in rete

«Il primo seme di Epyc Palermo è stato piantato nel 2010 in un piccolissimo circolo ricavato in quella che un tempo era una parruccheria». Angelo Nuzzo oggi è il tesoriere dell’associazione The Factory. «Siamo partiti da un bar, un cineforum, qualche presentazione di libri e un centinaio di soci». Due sedi dopo, quel che appare oggi è uno spazio popolato da migliaia di giovani.

«Lo definiamo il passo più lungo della gamba», scherza Nuzzo. «Era un ex orfanotrofio in disuso dal 2019, in pieno centro. Alla fine del 2022, abbiamo partecipato al bando per creare a Palermo il primo Youth center riconosciuto dal Consiglio d’Europa. In Italia non ne esistono ancora, il nostro obiettivo è raggiungere il traguardo». Intanto, il circolo è la risposta all’esigenza di socialità di una città che è terra di emigrazione, a volte si parte raramente si ritorna: «Siamo il primo spazio Arci per numero di soci (quasi 10mila) da Roma in giù, la maggior parte under40, ma la nostra è una comunità intergenerazionale. Si va dall’educazione motoria rivolta agli anziani alle jam session di uncinetto al pranzo per i bambini dello spazio infanzia informale che ospitiamo qui accanto. Sala studio e spazio co-working gratuiti, pranzo a 5 o 6 euro (per gli studenti il prezzo conta), acqua sempre gratuita, laboratori e tanta formazione». Il tutto con 14 dipendenti, di cui otto assunti a tempo indeterminato.
Spazio sicuro
Il contesto: «Io ho 32 anni e rappresento la fascia d’età preponderante nel nostro circolo», spiega Nuzzo. «La vita sociale a Palermo è molto legata alla strada, si sta in giro. Epyc ha messo a disposizione uno spazio dove trovare occasioni per conoscersi realmente, interagire ed entrare in rete, uscendo dalla dinamica di incontro superficiale tra monadi di gruppi in piazza».
Il contenuto: «In una parola, inclusione. È il nostro marchio riconoscibile in città. Le comunità che si sentono discriminate o anche soltanto incomprese in un contesto cittadino ampio fanno difficoltà a individuare uno spazio sicuro in cui sostare. Su richiesta di un gruppo di soci, abbiamo allestito un camerino dove le persone transgender possono esprimere la propria estetica e sensibilità».

La fascia d’età si abbassa. «Arrivano sempre più ragazzi giovanissimi, under18 o neomaggiorenni. Ci interroghiamo tanto su come riuscire a interagire ancora di più con loro, ci sembra un mondo distante. Per questo abbiamo attivato un gruppo di ascolto e confronto tra teenager, è partecipatissimo. Vogliamo essere la casa per tutti quelli che desiderano fare qualcosa in città, il motivo per impegnarsi e rivalutare la scelta di partire, magari decidere di restare».
La partecipazione è in crisi? Non proprio. È boom di adesioni all’Arci e alle Acli, crescono i circoli, i numeri superano i dati pre-pandemia (li abbiamo messi in fila in un approfondimento sul magazine di febbraio). Che forma ha la promozione sociale oggi? Perché abbiamo bisogno di un posto fisico in cui incontrarci? Per rispondere a queste domande, ci siamo messi in viaggio e abbiamo intercettato alcuni dei circoli che in Italia uniscono gruppi di persone in nome di un’idea. Questo articolo è l’ultimo di una serie intitolata “Luoghi di incontro”. Leggi anche:
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