Cultura

A Napoli mandate maestri, non soldati

Il degrado ambientale, sociale, urbanistico ed economico di napoli ci riguarda tutti da vicino ...

di Franco Bomprezzi

Napoli così. Un?ora dopo l?altra, mentre stavo per scrivere queste righe, si inaspriva la mattanza nelle strade, nei vicoli, fra la gente, in questa sterminata area metropolitana senza soluzione di continuità. C?è quasi una sensazione di resa inevitabile alle guerre fra clan rivali. Le parole in questi giorni suonano vuote, gonfie di retorica, inutili.

L?esercito è un?arma spuntata se non grottesca, date le caratteristiche del territorio e della gente. «Ci vorrebbe un esercito di maestri», ha commentato efficacemente l?assessore alla Legalità (sic!) del Comune di Napoli, citando don Milani.

E francamente penso che il nodo sia proprio lì, in questa mancanza totale di una cultura della convivenza civile, dell?appartenenza a una terra di persone capaci di produrre arte, letteratura, scienza, commerci, e perfino allegria, per secoli e secoli.

Napoli non è la camorra, ma il degrado ambientale, sociale, urbanistico, economico è a tale livello da rappresentare per l?Italia una ferita grave, che ci riguarda tutti, da vicino. Dietro ogni morto ammazzato c?è comunque una famiglia, degli affetti, una storia.

Mentre sugli schermi italiani arriva Scorsese con i suoi Departed, in una Boston cinica e disperata, noi viviamo da vicino un?analoga storia di violenza quotidiana, di spari, di coltelli, di sangue.

E probabilmente, mentre noi ci chiamiamo fuori da questa tragedia, c?è chi la vive come un?epopea da raccontare con orgoglio, perché la guerra per bande è pur sempre una storia di potere, di supremazia, di conquista del territorio per garantirsi soldi, devozione, proseliti.

Essere bambino oggi in alcuni quartieri di Napoli è un destino sul quale tutti, davvero, dovremmo meditare.

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