Cultura

A Napoli esplode la guerra degli operatori sociali

Sospesi nel vuoto dalla torre del Maschio Angioino per denunciare la chiusura degli ultimi servizi il 31 gennaio

di Redazione

 

Welfare sempre in primo piano a Napoli dove proseguono le iniziative  a sostegno della vertenza portata avanti dal comitato “Il welfare non è un lusso”. Mancano infatti pochissimi giorni al 31 gennaio, data fatidica in cui anche gli ultimi servizi rimasti in attività potrebbero chiudere. Dalle 10.30 di questa mattina si sta svolgendo la messa “sociale” officiata da don Peppino Gambardella presso la Galleria Umberto Primo di via Toledo. Un incontro spirituale, ma non solo, nel corso del quale si stanno alternando riflessioni tratte dalla Bibbia e storie di vita, omelie canoniche ed omelie laiche rivolte ai “signori del palazzo” a cura di don Peppino Gambardella, dei familiari degli utenti e degli stessi operatori sociali dei servizi a rischio di chiusura.

L’attesa e la tensione intanto restano alte: ieri a mezzogiorno in punto due operatori sociali sono saliti in cima a una delle due torri del Maschio Angioino, armati di corde, imbragatura e morsetti di sicurezza, e poi uno alla volta si sono calati dalle merlature del torrione. Per oltre un’ora sono rimasti sospesi nel vuoto, a ricordare la situazione di difficoltà che stanno vivendo, mantenendosi però aggrappati alla fune con i piedi puntati e ben saldi sulle pareti del castello, a testimoniare l’attaccamento al loro lavoro. E hanno esposto lo striscione “II welfare non è un lusso” sul punto più alto del monumento. Entrambi operatori sociali dell’associazione Damo-t-ling onlus hanno ricordato che è possibile utilizzare l’arrampicata come terapia per minori a rischio e anche per le persone disabili. Si tratta di una delle tante onlus del consorzio Gesco che ha inteso mettere in atto l’ennesimo gesto simbolico: «Abbiamo scalato la parete del castello. Siamo abituati a scalare montagne, ad affrontare difficoltà. Le istituzioni invece dimostrano ogni giorno di più di sapersi arrampicare solo sugli specchi», ha affermato Sergio D’Angelo, presidente di Gesco sociale e portavoce del comitato.
Quello di Napoli è certo un caso emblematico (il debito complessivo ammonta circa a 500 milioni di euro), il rischio è che sia soltanto la punta di un iceberg, soltanto la prima fiamma di una protesta che presto potrebbe accendersi anche in altre parti della penisola.

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