Mondo

A Nairobi l’Africa fra risorse e conflitti

Si’ e’ conclusa a Nairobi la conferenza internazionale sulle risorse e i conflitti in Africa cui hanno partecipato una cinquantina di giornalisti italiani.

di Emanuela Citterio

DA NAIROBI ? Cinquanta giornalisti italiani a scuola da esperti di diversi Paesi africani con un obiettivo: migliorare la qualita? dell?informazione su un continente enorme, complesso e in rapido cambiamento. Si? e? conclusa questo fine settimana a Nairobi la conferenza internazionale ?Maledetti dalle ricchezze: risorse e conflitti in Africa?. Un?iniziativa di formazione diretta al mondo dei media organizzata da Africa Peace Point e da Koinonia, due organizzazioni non governative kenyane legate all?opera del comboniano padre Kizito Sesana, con il sostegno di testate giornalistiche tra cui la Rai, Vita, Misna, Nigrizia, e di organizzazioni come il Coordinamento degli enti locali per la pace, il Premio Ilaria Alpi, la Tavola della pace, l'Ordine dei giornalisti della Lombardia e quello dell'Emilia Romagna, il sindacato della Rai Usigrai.

?Mentre il continente sta cercando di costruire in molti luoghi la propria democrazia, la lotta per impadronirsi delle risorse resta motivo di distruzione in molti Paesi . Lo e? stato nel mio Paese, la Sierra Leone, ma anche in Angola, in Repubblica Democratica del Congo, in Sudan, in Somalia, in Liberia e Mozambico?. Una ricchezza ? quella del continete africano dove abboondano risorse e materie prime indispensabili all?industria e allo stile di vita dei Paesi ?sviluppati? – che puo? trasformarsi in ?dannazione?. Un conto e? saperlo in termini astratti, un conto e sentirlo dalle parole di Ernest Surrur, segretario permanente nell?ufficio presidenziale del governo della Sierra Leone. Che ti racconta come ha vissuto la ?dannazione? sulla propria pelle: gli anni della guerra spietata per l?accaparramento dei diamanti (i famosi ?diamanti insaguinati? di Leonardo Di Caprio), Freetown, la capitale e anche la sua casa sotto l?assedio dei ribelli, migliaia di persone mutilate o uccise, lui stesso sfuggito per miracolo alla morte.

Accanto alle esperienze vissute in prima persona poi ci sono le analisi, e il tentativo di leggere i conflitti passati e in corso da parte di intellettuali e studiosi afriacani. ?Le risorse naturali non sono di per se? una causa di conflitto? ha affermato durante la conferenza di Nairobi Robert Mudida, docente in diplomazia e relazioni internazionali all?Universita? di Nairobi. ?Ci sono Paesi ricchi di materie prime in Africa in cui non ci sono guerre, come il Botswana e Sudafrica. Per comprendere la natura dei conflitti in Africa e? necessaria una lettura a piu? livelli. La ricchezza di risorse e materie prime diventa una delle possibili cause scatenanti un conflitto soprattutto quando e? accompagnata dalla debolezza delle istituzioni. Certo la lotta per l?accaparramento delle risorse puo? aumentare le possibilita? di conflitto o prolungare la durata di una guerra. Ma sarebbe errato stabilire un nesso di causa-effetto automatico fra risorse e conflitti?. Il dottor Mudida parla, a proposito di Paesi oggi teatro di guerre e conflitti interni come il Sudan e la Repubblica democratica del Congo, di cause prossime, tra cui la lotta per l?accaparramento del petrolio e delle risorse minerarie, e cause remote, dovute ad anni di anomalia istituzionale o ?violenza strutturale?. ?In Africa alcuni Stati hanno cononsciuto anni e anni di violenza strutturale. C?e? violenza strutturale quando le persone, all?interno di una societa?, non riescono a realizzare le proprie aspirazioni e i propri bisogni fondamentali. Anche se c?e? una situazione di pace apparente, una societa? puo? essere non-pacifica, e prima o poi la frustrazione si trasforma in pressione sociale che diventa insostenibile e infine esplode quando c?e? una causa scatenante. E? avvenuto cosi? fra Nord e Sud Sudan: per anni e anni le popolazioni nere del sud sono state marginalizzate e frustrate nelle proprie aspirazioni, considerate di seconda classe rispetto a quelle del nord. La lotta per il petrolio poi ha fatto da detonatore al conflitto. Lo stesso e? accaduto anche in Darfur e sta accadendo nella regione di Nyamey anche se nessuno ne parla?. Una lettura che ha fatto cogliere ai giornalisti italiani presenti a Nairobi quanto un?informazione superficiale e discontinua che raramente si avvale di voci dai Paesi interessati sia inadeguata a raccontare situazioni complesse come quella del Darfur.

Alla conferenza di Nairobi c?e? anche un?Africa che guarda avanti e che cerca le soluzioni ai propri problemi. Laban Lasay? Abar, direttore del dipartimento di ricerca per la prevenzione dei conflitti dell?Unesco all?Universita? di Kinshasa (R.D.Congo), individua tre sfide che i Paesi africani stanno affrontando: il processo di costruzione di uno stato leggittimo, che deve avvenire con la partecipazione delle comunita? locali, e il processo di integrazione territoriale portata avanti insieme a un?organizzazione dello stato di tipo federale come tentativo per armonizzare i confini imposti durante il periodo coloniale con le identita? locali.

Il ruolo della societa? civile, delle organizzazioni non governative e delle comunita? religiosi in Africa ha ricevuto un?attenzione particolare da parte dei relatori, che ne hanno sottolineato le potenzialita? ma anche i limiti e le contraddizion. ?La chiesa cattolica gioca un ruolo importante nella Repubblica democratica del Congo nel cercare di trovare una soluzione alla cristi a partire dall?interesse della popolazione? ha detto il professor Laban Lasay? Abar a proposito del proprio Paese. ?Lo Stato in Africa come altrove dovrebbe avere la capacita? di costruire un quadro capace di valorizzare armonizzare le forze vive della societa? civile?.

Emanuela Citterio


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