Mondo

A Nairobi hanno fatto nera l’Europa

Speciale Nairobi 2007/ Conclusa la prima edizione africana: critiche alle politiche dell’U.E. e una bassa affluenza dei kenioti, il biglietto è troppo caro per i poveri degli slum... da Nairobi, J

di Joshua Massarenti

«Un altro mondo è possibile». Più che una speranza, un interrogativo su cui le 1.440 organizzazioni presenti al settimo Forum sociale mondiale si sono confrontate tra il 20 e il 25 gennaio scorso a Nairobi, in Kenya. «Dei 100mila manifestanti previsti», spiega Raffaele K. Salinari, presidente di Terre des Hommes, «ci aspettavamo 50mila cittadini kenioti. Ma in seguito alla decisione del Comitato locale di far pagare l?entrata 500 shilling, l?equivalente di un mese d?affitto per chi vive negli slum, si è arrivati a un totale di 46mila presenze». «Vien da chiedersi se non si sia trattato di un Forum per le solite élite intellettuali», conclude un Salinari «scioccato per la mancata partecipazione di fasce sociali estremamente deboli che noi pretendiamo di rappresentare». Ma Edward Oyugi non ci sta. Il presidente del Comitato organizzativo del Kenya punta il dito contro «chi, come il governo keniota, ci ha promesso fondi senza mai assegnarli». Sui sei milioni di euro previsti per mettere in piedi un evento sociale senza precedenti nel continente africano, ne sono stati erogati solo due, costringendo il Consiglio internazionale dell?Fsm a fare i conti con un buco di oltre un milione di euro.

Il debito che uccide l?Africa

«Un debito africano in più», sogghigna un membro della comitiva senegalese. Ma non è nulla, verrebbe da dire, in confronto alle tragiche realtà sollevate dai dibattiti. Quelli attinenti al debito estero sono stati seguitissimi. Il tendone allestito dall?Ecumenical Church ha fatto il pienone quando sul palcoscenico è salita una delle figure più attese del Forum, il Nobel per la pace Wangari Maathai. «è vero che ai Paesi fortemente indebitati sono stati cancellati oltre 64 miliardi di dollari», spiega a Vita la Maathai, «ma sull?Africa rimane ancora un fardello di 200 miliardi di dollari che continua a uccidere».

E il numero delle vittime rischia di aumentare vertiginosamente se nessuno fermerà l?Epa – European Economic Agreement. Questa la convinzione di Vittorio Agnoletto, spaventato all?idea che l?Ue riesca nel suo tentativo di imporre «accordi commerciali profondamente iniqui. Se così sarà», prosegue l?europarlamentare, «dal 1° gennaio 2008 l?Africa dovrà eliminare i propri dazi doganali. Questo significa per molti Paesi un crollo del prodotto interno lordo di oltre trenta punti percentuali». Una condanna a morte che a Nairobi ha mandato su tutte le furie la società civile africana. «Ho assistito a un dibattito dedicato all?Epa», rivela Odile Mbilla, consulente camerunense della viceministro degli Esteri italiana, Patrizia Sentinelli, per gli Obiettivi del Millennio, «mai avevo visto così tanta rabbia tra gli africani. Del resto l?Epa non farà altro che intensificare i flussi migratori verso l?Europa».

Già, le migrazioni, altro tema fondamentale enfatizzato dal Forum, in particolar modo dall?ex ministro della cultura maliano Aminata Traoré e su cui, di nuovo, l?Europa è messa sul banco degli imputati. «Non potrebbe essere altrimenti», spiega una Traoré inferocita, «per le politiche repressive attuate dall?Ue contro i migranti senza affrontare il nodo del problema, cioè la povertà». Al suo fianco, una donna camerunese racconta a un pubblico esterefatto «le umiliazioni subite in Marocco e in Francia» al termine di un?odissea in cui «molte donne africane devono ormai fare i conti con il racket e la prostituzione dei Paesi maghrebini». A fronte di tali violenze, c?è da chiedersi come ?un altro mondo? sia davvero possibile. A questa eterna e ormai retorica domanda, in molti a Nairobi si aspettavano linee strategiche concrete da parte del Consiglio internazionale del Forum. Speranze tradite che François Houtard, membro del Consiglio, temeva alla vigilia: «Elencare i mali del neoliberismo non basta più», aveva ammonito il sociologo francese, «è ora di passare a una fase propositiva». A Nairobi, non tutti ne erano così convinti. Come Michael Ochieng, influente leader della società civile panafricana, rimasto fermo all?idea che «l?Fsm offra l?occasione di mettere iniziative e battaglie a confronto. Il vero obiettivo è ampliare il network perché sono le reti che cambiano le cose». E un giorno, chissà, anche il mondo.

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