Welfare

A Milano intrappolati nel lockdown. Allarme povertà post Covid

I dati raccolti dai principali servizi della Caritas Ambrosiana restituiscono un quadro molto problematico a quattro mesi dall’inizio della crisi sanitaria dovuta al Coronavirus e dal dispiegarsi dei sui effetti collaterali. «Non sappiamo cosa succederà. Siam o molto preoccupati per la fine della moratoria dei licenziamenti», spiega il direttore Luciano Gualzetti

di Lorenzo Maria Alvaro

La quarantena è finita, ma c’è chi non è ancora uscito dal lockdown. Anzi, al contrario, in queste settimane ha visto peggiorare la propria situazione.

I dati raccolti dai principali servizi della Caritas Ambrosiana restituiscono un quadro molto problematico a quattro mesi dall’inizio della crisi sanitaria dovuta al Coronavirus e dal dispiegarsi dei sui effetti collaterali.

I casi più gravi sono stati intercettati dal Servizio Accoglienza Immigrati (SAI), di via Galvani 16, nei pressi della stazione Centrale. Nel solo mese di giugno, allo sportello che offre accoglienza, assistenza legale e orientamento lavorativo, sono stati 83 gli stranieri che hanno chiesto aiuto perché non hanno più potuto permettersi di pagare l’affitto della stanza negli appartamenti che in genere condividono coi propri connazionali. Una situazione inedita, perché per la prima volta l’emergenza abitativa è direttamente collegata alla crisi sanitaria. A chiedere aiuto sono stati per l’80% uomini, per il 20% donne, prevalentemente (60%) provenienti dall’africa Subsahariana (Senegal, Nigeria, Guinea, Mali) e per il resto da paesi orientali (Afghanistan, Sri Lanka) e da paesi latinoamericani (Perù e Bolivia).

Continua, inoltre, a rimanere alta la richiesta di generi alimentari. Secondo l’ultimo report relativo al mese di giugno nella sola città di Milano sono 2500 le persone costrette a fare la spesa ai tre Empori della Solidarietà che Caritas Ambrosiana ha aperto rispettivamente nei quartieri di Barona, Lambrate, Niguarda. Tra queste persone, quasi il 66% ha iniziato ad usufruire del servizio dal mese di marzo, cioè da quanto il Paese si è fermato per evitare il contagio. L’incremento è stato più basso fuori città (+35%) dove però accanto al sistema di Empori e Botteghe solidali è rimasta attiva anche la distribuzione di pacchi viveri attraverso 126 centri di ascolto parrocchiali, consentendo complessivamente di raggiungere 18.092 persone.

Altro dato allarmante emerge anche dai profili dei beneficiari del Fondo San Giuseppe, voluto dall’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, insieme al Sindaco, Giuseppe Sala, con un sostegno significativo del Comune, per aiutare chi si trova in difficoltà economica in conseguenza della crisi sanitaria. Dei 903 beneficiari al mese di giugno, circa il 30% ha già perso il posto di lavoro, tra questi, l’8,3% è costituito da colf e badanti, figure professionali per le quali non vale il blocco dei licenziamenti e il 21,2% da lavoratori assunti con contratti a termine non rinnovati, per lo più nell’ambito della ristorazione e del settore alberghiero.

«Non sappiamo cosa accadrà quando la moratoria dei licenziamenti finirà, quello che possiamo documentare è che, purtroppo, per una parte di lavoratori più deboli e meno qualificati in genere questo tappo è già saltato», sottolinea il direttore Luciano Gualzetti, «Chi perde il lavoro ora rischia di rimanere intrappolato in una condizione di impoverimento per lungo tempo. Dalla fase di assistenza cui la Caritas con la Diocesi tramite il Fondo San Giuseppe sta provvedendo, bisogna sin da ora immaginare anche la fase della ricostruzione con la collaborazione delle imprese e delle istituzioni affinché si immaginino percorsi di riqualificazione e affiancamento sociale in grado di traghettare le vittime del lockdown nel nuovo mondo post Covid».

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