Cultura

A Milano il Poetry Bridge che umilia la poesia

Dal 20 al 27 aprile il ponte pedonale del Naviglio Grande di Milano tra via Paoli e via Casale sarà ricoperto delle poesie dei passanti che in cambio di un componimento potranno bere un caffè gratuito

di Lorenzo Maria Alvaro

«A Milano, con l'arrivo della primavera, a sbocciare sono anche le rime». Con incipit come questo molte testate locali e non hanno raccontato un’iniziativa di quelle che ormai a Milano, sull’onda di Expo e settimane di Moda e Design sembrano veramente aver preso piede.

L’evento è semplice, al limite del banale: in occasione della giornata mondiale della poesia e per una settimana, dal 20 al 27 aprile 2016, il ponte pedonale del Naviglio Grande di Milano, quello tra via Paoli e via Casale, diventa Poetry Bridge e si riempie di componimenti poetici. Il funzionamento è altrettanto semplice: chi volesse partecipare non fa altro che prendere l’apposito post it, scrivere i propri versi e appenderli. In cambio un caffè gratis al bar Julius Meinl che non a caso è l’ideatore dell’iniziativa che si chiama Pay with a Poem.

In questi giorni dunque sarà possibile recarsi in loco e allietarsi la giornata leggendo componimenti poetici. Come “Meglio veri peccatori che finti santi” di Anonimo che forse confonde i detti con le poesie, oppure “Sole, luce, è primavera! Splende il mondo a nuova vita. La natura sembra pure come gli occhi di un bambino…» di Maria Bruna, che ha dimenticato le rime o l’auto traning di Alex che parla a sé stesso: «La forza sono io e niente mi imbarazza. Ci devo credere».

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Un’iniziativa di marketing pubblicitario certamente intelligente che dimostra come i gestori del Julius Meinl bar non siano degli sprovveduti. Ma perché usare la poesia? Perché usare la cultura?

A questo riguardo mi è tornata alla mente un’intervista a Paolo Benvegnù fatta per Vita nel novembre 2014, per l'labum in uscita Earth Hotel.

Benvegnù spiegava: «Ho notato che oggi la pubblicità, soprattutto nel campo del lusso o del finanziario, usa la forma poetica. Usano un immaginario sensuale e poetico per vendere delle cose, per instillarti un desiderio superfluo. E mi fa indignare. Come Neil Armstrong passeggiando sulla luna ha cancellato tutta la poetica che l’uomo aveva espresso verso un luogo che era quasi mistico e che in quel momento diventava reale, così oggi la pubblcità cancella la forza della poesia».

«Fernando Pessoa parlava del “poeta fingitore”», continua Benvegnù, «solo che oggi anche il pubblicitario è fingitore. Quindi poesia e pubblicità sono la stessa cosa. A questo punto per essere custodi (delle parole ndr) bisogna dire la verità, non si può più fingere. È un cambiamento epocale. E questo vale per la letteratura, il giornalismo e la politica».

Guardando quel ponte, con tutti i biglietti appesi, così simili ai lucchetti di Roma, viene da dire che Milano ha perso. “Ha perso la città”, come canta Niccolò Fabi nel suo ultimo singolo.

Ha perso la città, ha perso un sogno, abbiamo perso il fiato per parlarci. Ha perso la città, ha perso la comunità. Abbiamo perso la voglia di aiutarci

“Certe cose ci puntano contro il dito e ridono” scriveva Emanuel Carnevali, poeta e scrittore italiano ingiustamente dimenticato. E forse per riappacificarci con la poesia sarebbe il caso di rileggeròlo questo bolognese trapinatato in america che fu, al fianco di Max Eastman, Ezra Pound, Robert McAlmon e William Carlos Williams, parte del cuore pulsante del rinnovamento dell'avanguardia letteraria americana di quegli anni.

Certe cose ci puntano contro il dito e ridono

Certe cose
si nascondono agli occhi della gente
e si odono
piangere sommessamente.
Certe cose cadono dal cielo:
cose nere informi, mostri
della notte e terrore
dei giorni.
Certe cose sembrano essere state predisposte
da Dio e dal Diavolo.
Certe cose sembrano nate in un abisso
e cresciute nelle tenebre.
Certe cose portano l’immagine della bontà
come se il fuoco
ve l’avesse scolpita in bassorilievo.
Certe cose ridono fino a divenire teschi
e poi continuano a ridere.
Certe cose sono come alberi di pesco,
portano a lungo frutti verdi.

Certe cose sono come il vino che uno beve
soltanto per ubriacarsi.
Certe cose colpiscono
il cuore come un colpo di gong,
così che poi risuona a lungo.
Certe cose schiacciano il cuore come se fosse
uno scarafaggio.
Ed è orribile, come spiaccicare
uno scarafaggio.
Certe cose sono come il fulmine:
possono essere guidate
anche se pericolose.

Certe cose sono come pensieri dal piede pesante,
hanno il piede pesante anche se abitano il cielo.
Certe cose sono come le aquile.
Vivono in alto –
possono benissimo dimenticare la valle.
Certe cose sono come il terremoto:
utilizzano tutte le nostre paure.
Certe cose sono come la Bellezza che è morta da tempo:
solo l’acqua profonda del pozzo può lavarle e destarle.

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