Economia

A Milano gli Open Days dell’Innovazione

A Torino nascerà un hub per lo studio dei dati a servizio del non profit, Fondazione Politecnico lancia una piattaforma di open innovation, l'Agenzia per la cooperazione chiede aiuto per innovare la logica della PA. Mentre la realtà virtuale già porta gli elefanti nelle nostre strade. Agli Open Days storie e idee su tecnologia, innovazione e sviluppo

di Sara De Carli

«L’innovazione non è la tecnologia. L’innovazione sta nel cambiamento dei comportamenti, nelle nuove possibilità che ciascuna innovazione – se è tale – introduce. Non è la tecnologia a fare la differenza, ma il cambiamento di comportamento»: è questa la sintesi del keynote speech che Roshan Paul, CEO e cofounder di Amani Institute ha tenuto questa mattina agli Open Days dell’Innovazione, in corso a Milano oggi e domani, proiettando un uomo vitruviano con uno smartphone in mano. Un appuntamento voluto da Fondazione Cariplo, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT e Tech Soup per dare uno spazio per il confronto e per fare networking sul tema dell’innovazione e della tecnologia applicata al sociale e alla cooperazione internazionale.

Roshan Paul quella lezione fondamentale l’ha imparata da Marty Cooper, l’uomo che ha inventato il cellulare: con il telefono fisso si chiamava un luogo, con la telefonia mobile si chiama una persona, che può essere ovunque, è questo che ha cambiato tutto, Facebook ci consente non di essere connessi con amici ma di connetterci con gli amici degli amici, è questa la sua intuizione. « La tecnologia è l’immaginazione umana risvoltata. Io non sono un tech evangelist, la tecnologia è un pezzo del puzzle ma non risolve i problemi, non si oppone alle ingiustizie, è utile ma da sola non basta». Eppure la tecnologia sta cambiando il modo di fare interventi sociali e di cooperazione allo sviluppo. In modi che ancora non siamo in grado di prevedere del tutto. Prendiamo l’Internet of Thing: SunCulture, in Kenya, ha creato dei kit per l’irrigazione alimentati a energia solare. Lo IoT monitora irrigazione e macchine, consentendo di riparare i guasti prima ancora che si veririchino, bypassando così la perdita di fiducia nella tecnologia tanto dannosa nei programmi di cooperazione. Oppure la realtà aumentata: Internet of Elephants porta un elefante o un rinoceronte dentro il tuo mondo quotidiano, perché è noto che avere un’esperienza personale – in questo caso un rapporto diretto con gli animali da proteggere – sensibilizza. «Innovare significa essere pronti a fallire, ma allo stesso tempo bisogna minimizzare i rischi».

Tante e stimolanti le riflessioni del panel introduttivo. Massimo Lapucci, segretario generale della Fondazione CRT e presidente dello European Foundation Center ha annunciato che alle nuove OGR di Torino nascerà un hub per lo studio dei dati a servizio del non profit, unico in Europa. Una casa per la data science applicata alla filantropia, un centro di eccellenza che parta dall’Italia per poi coinvolgere a Bruxelles attori internazionali, nell’ottica dell’interdisciplinarietà. Marco Zappalorto, direttore di Nesta Italia, al suo primo evento ufficiale (Nesta Italia è nata un paio di settimane fa), ha sottolineato come in questo settore spesso si pensa che quantità del finanziamento sia più importante della sua qualità, mentre la qualità ha la stessa importanza della quantità e per questo è necessario investire molto in capacity building.

Rebecca Masisak, CEO di Techsoup Global, ha ricordato come nella tecnologia a volte si ha la tentazione di partire dalla soluzione, mentre è più efficace partire dalla comprensione esatta del problema che si vuole risolvere, coinvolgere i beneficiari e trovare un nuovo modo di affrontare i problemi. Mario Calderini, vice presidente della Fondazione Politecnico di Milano ha tratteggiato la nascitura piattaforma di open innovation, Coopen. La premessa è il lavoro fatto in questi ultimi quattro anni, per preparare dei manager per il Terzo Settore: «dire che il Terzo Settore adotta la tecnologia non è neutro, perché adottare tecnologia nei processi o nei servizi/prodotti significa transitare da un modello intensivo del lavoro a un modello intensivo del capitale. La tecnologia inoltre trascina con sé competenze tecniche e manageriali che spesso non sono del Terzo settore, nonché temi quali la proprietà intellettuale, l’esclusiva e l’esclusione, per cui occorre fare atti intenzionali di rilascio delle capacità tecnologiche La piattaforma è uno di questi atti intenzionali, sarà un luogo in cui chi ha un problema e ritiene di non avere dentro casa le competenze per risolverlo, tecnologiche o manageriali, posta il problema a chiede a liberi innovatori, società, ricercatori, imprenditori… di cercare una soluzione. La piattaforma media i problemi di riservatezza e di proprietà intellettuale, c’è un meccanismo di selezione delle soluzioni, l’organizzazione sceglie la migliore», ha affermato Calderini.

Mario Molteni, docente dell’Università Cattolica e AD della Fondazione E4Impac ha presentato il master per impact entrepreneurship realizzato in 7 Paesi dell’Africa (saranno 15 paesi nei prossimi tre anni), in cooperazione con le Università locali, con un forte approccio laboratoriale e un forte legame fin da subito fra la qualità/creatività/innovazione e la «triste ma benefica severità dei numeri». «La nostra fondazione potrebbe essere un partner interessante, perché abbiamo la possibilità di selezionare imprenditori sensibili e capaci. Oggi la fonte di idee per noi è prevalentemente la fonte locale, sono gli imprenditori che si propongono, ma un’altra strada potrebbe essere quella di portare in Africa altre idee che ci sono in giro per il mondo che possono essere replicabili o scalabili, noi troviamo le persone con le caratteristiche necessarie per aiutare la replica».

Infine Emilio Ciarlo, della Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo ha messo un fortissimo avvento sul fatto che la cooperazione allo sviluppo passi prima ancora che dalla tecnologia dall’innovazione: «Molte delle cose che avete detto e che segnano la trasformazione della cooperazione necessitano di strumenti che oggi in Italia non abbiamo. Noi ad esempio abbiamo difficoltà a fare un impact social bond. L’Agenzia sta facendo cose nuove, ad esempio pochi giorni fa abbiamo chiuso il primo bando aperto al profit, per sostenere idee innovative, sono 5 milioni, speriamo che l’anno prossimo siano il doppio, gli altri Paesi lo fanno ma quando noi abbiamo iniziato a parlarne ci dissero che non si poteva fare. Sono cose nuove per la cooperazione italiana, legata a un’idea di cooperazione destinata all’ultimo miliardo di persone, quelle più povere, quelle in situazioni di emergenze… ma c’è un aspetto della crescita che si concentra sullo sviluppo, che ha bisogno di visione e strategia. Se i tedeschi spendono 13 miliardi nella cooperazione e l’Italia 4,5 non perché sono più buoni ma perché hanno capito che la cooperazione è uno strumento di politica estera. Sappiamo che bisogna passare dai billion to trillion e per farlo occorre coinvolgere il privato».

All’interno della manifestazione sono stati consegnati anche i premi ai due vincitori di ICT4SocialGood, il concorso per innovatori sociali che nei Paesi più poveri stanno utilizzando le tecnologie, in particolare quelle digitali, per cambiare radicalmente la vita delle persone e rivoluzionare le comunità. Sono arrivati 233 progetti, da 57 Paesi (il 67% dall’Africa), il 36% da donne. Un premio «nato per valorizzare le idee innovative che vengono dal basso, nei PVS, per rispondere ai bisogni sociali dei propri territori», ha detto Silvia Pochettino. Goffredo Modena, presidente di Mission Bambini ha consegnato il premio dedicato alla sezione infanzia a Elizabeth Kperrun, nigeriana, cofondatrice di Lizzie's Creations (Elizabeth non era presente perché non le hanno rilasciato il visto), che ha creato un’app per insegnare ai bambini l’inglese valorizzando al contempo anche la propria lingua madre (Teseem-First Words) e una raccolta digitale di favole africane dedicata ai bambini dai 2 ai 10 anni (AfroTalez).

Il Premio assoluto di ICT4Good è andato a Henri Nyakarundi, 40 anni, nato in Kenya, cresciuto in Burundi, studi negli States, fondatore nel 2009 dell'impresa sociale Ared – African Renewable Energy Distributor, che in Ruanda ha realizzato Shiriki Hub. Si tratta di un chiosco mobile, polifunzionale, alimentato ad energia solare ma con una batteria per utilizzarlo anche la notte, nato per ricaricare fino a 30 cellulari contemporaneamente. Oggi garantisce anche la connessione ad Internet e l'accesso a contenuti multimediali precaricati gratuiti, oltre a tanti altri servizi, come il pagamento di tasse e imposte governative e l'acquisto di credito telefonico (Mobile Shiriki). Gli Shiriki Hub operativi sono già trenta in Rwanda, da poco hanno debuttato anche in Uganda e nella realtà dei campi profughi, hanno già risparmiato 3,8 tonnellate di CO2 e contano di avere 5mila chioschi nel 2020 e 100mila in prospettiva, in 20 Paesi, tramite microfranchising. «La nostra non è filantropia, vogliamo reponsabilizzare le persone, puntare sulla microimpnreditorialità», ha detto Henri Nyakarundi. «Entrare nel programma costa 40 dollari per l’uomo, 25 per le donne, 10 per i disabili: nel pacchetto ci sono tre giorni di formazione, le divise, il trasporto del chiosco, il monitoraggio. Donne e disabili sono la maggior parte dei nostri microimprenditori». Nel futuro di Shiriki Hub c'è anche l'integrazione con la tecnologia IOT (Internet of Thing): tramite un sistema di sensori e un software di gestione il chiosco si trasformerà in una stazione di raccolta e analisi dati, ad esempio sull’inquinamento ambientale.

Nelle foto sopra, alcuni degli stand presenti agli Open Days dell’Innovazione. GHT Onlus, di Roma, invece si occupa di telemedicina, con una rete di medici volontari che offrono un teleconsulto gratuito a centri sanitari remoti dell'Africa Subsahariana, grazie a una piattaforma web based che può funzionare anche offline (un dettaglio fondamentale per i centri sanitari che hanno difficoltà nell'accesso a internet). L'idea è nata durante il progetto DREAM della Comunità di Sant'Egidio in Mozambico e oggi sono operativi teleconsulti in 18 specialità, dalla cardiologia all'oncologia, in 9 Paesi africani. AVSI invece è presente con iFishFarm, un'impresa sociale che crea sviluppo in Uganda, con particolare attenzione ai malati di AIDS: attraverso l'allevamento del pesce tilapia fornisce prodotti alimentari di qualità e ricchi di proteine ai mercati regionali ad un prezzo competitivo per i consumatori finali. L'ambizione della start up è di contribuire alla domanda di alimenti sani nella regione del Lago Vittoria, offrendo un prodotto di qualità, coinvolgendo nel lavoro la comunità e contribuendo a conservare l'ecosistema. Entro il 2020 si prevedono 100 gabbie per la piscicoltura e 200 collaboratori.

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