Salute

A Mestre il congresso di chi vede il mondo senza colori

Quinto convegno nazionale degli acromati italiani. A Mestre scienziati di tutta Europa per illustrare i progressi delle terapie geniche in questa patologia rara. Le persone colpite non vedono i colori. Tra gli obiettivi creare un network europeo

di Redazione

Vivono in un mondo in bianco e nero, senza colore. Sono le persone affette da Acromotopsia congenita, la cui capacità visiva è bassa e si riduce ulteriormente all’aumentare dell’illuminazione. Questa patologia della vista, detta anche distrofia dei coni, è rara ed ereditaria. Nelle sue quattro forme si stima colpisca circa uno ogni 30-40mila nati. In Italia se ne conoscono 150 casi, anche se si stima possano essere anche dieci volte di più perché è ancora difficile ottenere una diagnosi corretta in tempi rapidi.

Per fare il punto sulle prospettive della ricerca sabato 15 febbraio, gli acromati italiani si riuniscono a Mestre, alla presenza di scienziati provenienti da tutta Europa per un congresso dal titolo "Ricerca e terapia genica". «Quello di Mestre è il quinto convegno nazionale, il primo fu nel 1999» spiega Elisabetta Luchetta, vicepresidente dell’Associazione acromati italiani onlus. «All’epoca eravamo pochissime famiglie». L’obiettivo dell’incontro è quello di creare un network a livello europeo tra le persone colpite da questa malattia e di raccogliere dati epidemiologici che permettano ai ricercatori di progredire più rapidamente nei loro studi, individuando eventuali soluzioni terapeutiche.

Dal momento che si tratta di patologie molto rare «ancora oggi è difficile avere una diagnosi» afferma Francesca Simonelli, professore di oftalmologia alla seconda università di Napoli. «Insieme con l’associazione stiamo creando una rete di oculisti in grado di sottoporre i pazienti ai test diagnostici che permettono una corretta definizione della patologia», continua.
Le difficoltà nella diagnosi dipendono anche dal fatto che quando si manifestano i primi sintomi i bambini sono molto piccoli e non sono in grado di spiegare cosa vedono o non vedono. Inoltre, a differenza da quanto accade con altre malattie dell’occhio,  gli acromati hanno un fondo oculare normale. «Sono necessari esami specifici come l’elettroretinogramma o il test dei colori» spiega Simonelli. «Una volta ottenuta la diagnosi si deve fare un test genetico, analizzando il Dna per identificare il gene coinvolto e capire da quale delle quattro forme si è affetti».

A oggi non esiste una terapia per questa malattia e si interviene con occhiali e filtri di colori diversi. La ricerca scientifica sembra però aver imboccato una strada promettente. È di tre anni fa la pubblicazione dei risultati di uno studio preclinico eseguito negli Usa, che dimostra l’efficacia della terapia genica nel modello animale. Tali progressi saranno illustrati a Mestre, da alcuni scienziati coinvolti nelle ricerche.
In attesa degli sviluppi della ricerca, gli acromati si battono per migliorare le proprie condizioni di vita, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica e gli amministratori sui problemi legati alla loro disabilità sensoriale e sulle possibili soluzioni. «La normativa è carente  perché si considerano solo le disabilità motorie e ci si concentra sulle barriere architettoniche. Eppure basterebbe poco per facilitare la vita di chi ha problemi come i nostri, considerando in questo gruppo anche le persone anziane con problemi di vista»,  afferma Lorenzo Luchetta, ingegnere architetto, membro della commissione autonomia e mobilità dell’Unione italiana ciechi di Roma e affetto lui stesso da acromatopsia.

Gli esempi degli interventi fattibili sono molteplici. Tra quelli che riguardano l’accessibilità degli spazi pubblici il contrasto dei colori nella cartellonistica di strade ed edifici, l’illuminazione degli ambienti, gli interruttori della luce, che devono distinguersi cromaticamente dalle pareti. Altro esempio importante riguarda la patente di guida, che gli Acromati possono avere in alcuni Paesi europei, ma non in Italia. Al convegno di Mestre il ricercatore che ha permesso l’introduzione della patente in Olanda spiegherà il percorso compiuto in quel Paese per abbattere questa barriera burocratica.
 

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