Riesco a immaginare molti luoghi e situazioni in cui i bambini non sono graditi. In un bar trendy durante l’happy hour, in certi ristoranti, in banca, nei negozi che vendono cristalli e articoli da casa (ma anche quelli di abbigliamento per adulti non scherzano). Non avrei però mai pensato alla chiesa.
Mi pareva che fosse stato proprio Lui a dire: “Lasciate che i bambini vengano a me”, eppure, nonostante questo, in moltissime chiese vige la totale interdizione dalla messa dei piccoli.
Ne parlo perché ci sono molte coppie di amici che, come noi, hanno lo stesso problema: alla domenica non si può uscire insieme e condividere quello che, per chi crede, è un momento di gioia. Il nostro parroco ha dato indicazioni precise: niente bambini piccoli, marito e moglie facciano i turni. E nelle occasioni in cui qualcuno ha infranto il divieto, ho assistito a dei gran cazziatoni supportati da occhiatacce di molti fedeli.
Nascono così strani fenomeni di resistenza spirituale: passaparola sui sacerdoti più “aperti”, mappe con le fasce orarie dove la tolleranza può essere maggiore o delle chiese dotate di microfoni in sagrestia per seguire la messa in cattività.
E’ chiaro che c’è un confine, dettato dal buon senso e dall’educazione: se non riesci a contenere tuo figlio, lo devi portare fuori perché non deve infastidire (a messa come in qualsiasi altra situazione). Ma se il bambino è tranquillo e si limita a fare il bambino, che tipo di problema rappresenta?
Mi pare di assistere a uno strano cortocircuito per cui, da un lato, la chiesa italiana difende la famiglia e i minori su tutti i tavoli politici e istituzionali. Dall’altro, però, c’è anche una “chiesa vivente” che sembra essersi allineata al generale fastidio che la società prova nei confronti dei bambini. Non ritengo che i piccoli debbano essere padroni di tutto, anzi. Però penso che se non possiamo integrarli in ogni situazione, insegnando loro come devono comportarsi per essere bene accetti, allora viviamo, sul serio, in uno strano mondo e in uno strano tempo.
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